mercoledì 4 giugno 2025
Dopo essere arrivato in Italia 30 anni fa su un barcone, Altin Prenga è tornato nel suo Paese e ha aperto un agriturismo di alto livello che valorizza i prodotti della zona. E il progetto ora prosegue
Da sinistra, lo chef Altin Prenga mostra i prodotti del territorio

Da sinistra, lo chef Altin Prenga mostra i prodotti del territorio

COMMENTA E CONDIVIDI

Illuminato dal tramonto, sapientemente ristrutturato e celebrato dalle riviste di design, Mrizi i Zanave è molto più di un agriturismo nel cuore dell’Albania a mezz’ora di auto dal mare di Lezhe, Alessio. È il simbolo della rinascita culturale e civile di un territorio. Mrizi i Zanave, il meriggio delle fate, è il titolo dell’opera di uno degli scrittori albanesi più influenti del XX secolo, Gjergj Fishta, francescano nato nel paese vicino di Fishtë. Fishta fu presidente della commissione che sancì l'alfabeto albanese, ma il regime comunista di Enver Hoxha censurò e fece sparire i suoi libri. Tornarono con la fine della dittatura che aveva sigillato il Paese delle aquile spopolando le campagne per portare la gente in fabbrica. È quello il momento in cui inizia la storia di Altin Prenga, lo chef arrivato in Italia in barcone dall’altra sponda dell’Adriatico come tanti giovanissimi 30 anni fa.

Altin vuole riportare in vita le basi della cultura enogastronomica albanese partendo dalla civiltà contadina che ripropone nei piatti di Mrizi i Zanave, il suo sogno realizzato. In Trentino ha lavorato come meccanico di giorno e lavapiatti di sera, finché nel ristorante in cui lavorava si è innamorato della cucina e del buon cibo e ha deciso di diventare cuoco imparando i segreti della tipicità italiana e della biodiversità. «Dobbiamo pensare globale e mangiare locale – dice Altin – promuovendo i valori delle piccole culture. L'Europa è un'unione meravigliosa di culture». E il suo ristorante aperto quasi 20 anni fa è un omaggio alla cultura contadina scomparsa della Zadrima, la piana albanese ai piedi delle montagne nella diocesi di Scutari. Serve solo prodotti della terra, carni, insaccati e formaggi a chilometro zero prodotti dai contadini della zona e dal suo agriturismo.

Ben 50 pastori allevano per lui capre e agnelli e nei cortili razzolano oche e galline. «Oltre al ristorante – spiega – abbiamo il mulino fotovoltaico che macina i cereali locali, la stalla, il caseificio e 400 famiglie di contadini riforniscono il ristorante di verdure, melograni selvatici e frutti di bosco». Oggi i 250 coperti di Mrizi Zanave sono sempre occupati da chi vuole festeggiare compleanni e ricorrenze con i sapori di una volta. Gli albanesi non hanno scordato i tempi in cui con un po' di carne o con un pane speciale si festeggiavano di nascosto le feste religiose abolite per decreto. I conti non arrivano a 20 euro perché il costo della vita qui è inferiore rispetto all’Italia e perché lo chef mantiene i prezzi accessibili grazie alla filiera cortissima. Sta anche riproponendo antiche ricette di cui si era persa a memoria. Come Fishte codificò l’alfabeto, Altin vuole codificare la cucina che il regime comunista aveva fatto sparire ridando dignità e anima a un territorio e alla sua gente.

«A noi era stato negato il diritto di essere contadini. Dovevamo produrre per lo Stato cibi tutti uguali. Formaggio bianco e quadrato, burro bianco e quadrato, pane bianco e quadrato. Sono un immigrato, quando ero bambino e cadde il comunismo con mio papà e mio fratello siamo scappati perché c'era povertà e da voi ho capito la meraviglia della tipicità e della diversità dei dialetti come della tavola, del cibo e di come si valorizza il territorio». Accanto all’agriturismo c’è una costruzione dove si lavorano i salumi, si producono formaggi e viene imbottiglia il vino, il Kallmet, antico vitigno locale curato da viticoltori della zona. Campi coltivati e i pascoli hanno preso il posto dei campi di lavoro dei dissidenti del regime.

«Era una prigione politica, il posto era abbandonato. Per i comunisti questo posto non valeva niente perché qui era nato un grande francescano, il poeta George Fishta. Abbiamo pensato di ritornare a fare turismo, oggi abbiamo 160mila clienti all'anno, si fa rete con più di 400 famiglie contadine e quella prigione è stata convertita in un tempio dove si utilizza la materia prima e si fa un buon turismo». Altin ha ricevuto molti riconoscimenti internazionali. Tra cui quello di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia e quello di eroe Slow Food. Altin, affascinato da Carlin Petrini che considera il suo maestro, ha fondato in Albania il primo locale Slow Food. In questo c’è lo zampino dei salesiani. Suo mentore fu infatti Pier Paolo Ambrosi, storico capo missione del Vis, l’Ong di don Bosco. Ambrosi, che lo incoraggiò, ha vissuto in Albania dal 1994 ed è mancato per Covid nel 2021. Altin gli ha intitolato una sala convegni.

«L'Italia e Slow Food mi hanno fatto crescere e capire quello che sono. Quando vedo le vostre cattedrali, so che chi le progettava e costruiva sapeva di non vederle finire. Questo dobbiamo fare noi contadini. Il mio bisnonno, che è morto a 103 anni, a 97 piantava ancora ulivi per i nipoti dei suoi nipoti. Questa per me è cultura contadina e somiglia molto al cattolicesimo, entrambi fanno qualcosa per il prossimo guardando al futuro». Con Altin lavorano anche persone che hanno alle spalle problemi sociali e familiari. « Bisogna fare qualcosa di più dell’elemosina. Per esempio, noi abbiamo un hotel piccolo, ma famoso per il design. Attualmente abbiamo una richiesta di camere dieci volte maggiore della capacità ricettiva. Con mio fratello ci siamo detti che sarebbe brutto costruire un hotel grande, così abbiamo incoraggiato i vicini ad aprire guest house per fare accoglienza diffusa. La nostra idea è che le persone non solo stiano bene perché ci portano i prodotti, ma comincino a guadagnare. Il nostro sogno è portare più economia nel vicinato».

La sua attività ha creato anche occupazione nell'artigianato proseguendo il lavoro di don Antonio Sciarra, che aveva creato una scuola di ceramica e altre attività per i giovani. « Prima dei crocifissi – conclude l’ex lavapiatti diventato chef stellato – ha portato qui carriole, badili e semi da piantare». Tornare a coltivare la terra, fare artigianato e sviluppo sostenibile è la via di questo angolo di Albania che secondo un poeta era stato scelto dalle fate per riposare.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: