mercoledì 14 luglio 2021
Con un ricordo di Franco Cassano si apriranno i Dialoghi di Trani: «Il confine non è un luogo dove il mondo finisce, ma quello dove i diversi si toccano»
Il mare al tramonto

Il mare al tramonto - Dimitris Siskopoulos CC Flicker

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Importa il tempo, ma più ancora importa il luogo. Per la genesi di un libro come Il pensiero meridiano di Franco Cassano, infatti, la geografia non è meno importante della cronologia. La quale, a sua volta, non può essere trascurata. Nel 1995, un anno prima che il saggio di Cassano arrivi in libreria, Adriano Sofri firma Il nodo e il chiodo, un testo che intende fissare i criteri di un nuovo impegno politico e sociale. All’assertività novecentesca (il chiodo che si pianta nella parete e lì rimane) Sofri propone di far subentrare la duttilità di una convivenza che, di volta in volta, stringa oppure sciolga. Come fa la corda quando si annoda, appunto.

È un tentativo di interpretare le esigenze di un tempo che è cambiato, e cambiato all’improvviso. L’Ottantanove, la caduta del Muro di Berlino, la dissoluzione del blocco comunista, gli ultimi sussulti di un’Unione sovietica. I fatti sono quelli, quella è l’epoca che occorre interpretare. Tutto però dipende dal punto di osservazione. Vista da Harvard, dove insegnano Francis Fukuyama e Samuel Huntington, la Storia è giunta a compimento e non può rimettersi in moto se non attraverso un devastante scontro di civiltà. Vista da Bari, la questione è un po’ più complessa, e non solo perché da queste parti la complessità è di casa. École barisienne, la chiamano, e in effetti la definizione è ben trovata. Non tanto per il furore classificatorio che tradizionalmente anima l’attività degli intellettuali locali, ma per la questione delle due sponde. Se qualcosa insegna Parigi, è che il pensiero è sempre pensiero dell’altra riva: l’insubordinazione concettuale della Rive Gauche contro la sussiegosità istituzionale della Rive Droite, separate dalla Senna ma comunque vicine tra loro, a distanza di ponte. Per vedere l’altra sponda dell’Adriatico, invece, occorre esercitare lo sguardo, portare la mano alla fronte per schermarsi dal sole. Più che altro occorre coltivare quella particolare forma di pazienza che è già un atto di speranza, di apertura al futuro. Per quanto a portata di sguardo, l’Albania sembra abbastanza lontana dalla Puglia, fino a quando non diventa vicinissima. I primi sbarchi nel marzo del 1991, l’8 agosto dello stesso anno l’ingresso nel porto di Bari della Vlora, con il suo carico di oltre ventimila persone imbarcatesi a forza durante lo scalo della nave a Durazzo.

In quel momento Cassano ha meno di cinquant’anni. È nato nel 1943, insegna sociologia all’Università di Bari, finora la sua bibliografia di studioso e la sua biografia personale sono contraddistinte dall’impegno per una rimodulazione della tradizione marxista nel contesto meridionale. A quello, in definitiva, mirava l’école barisienne. Le avanguardie del nuovo proletario globale non prendono alla sprovvista Cassano e, insieme, lo persuadono di quanto siano ormai inservibili le categorie classiche. Davvero, dopo lo sconquasso della carta d’Europa, possiamo intestardirci a ragionare in termini di frontiere, ovvero di nazioni che si fronteggiano lungo una linea di demarcazione, pronte magari ad affrontarsi a mano armata? È quello che proprio allora sta accadendo nella Jugoslavia smembrata, d’accordo. E proprio l’enormità dei conflitti balcanici denuncia quanto pericolose siano le frontiere. Meglio, allora, tornare a guardare il mare, interrogandosi su quell’altra parola, che di di frontiera sembra sinonimo ma non lo è. Più che la nettezza dell’esclusione, il confine ha in sé l’ipotesi dell’inclusione. «Il confine – osserverà Cassano – non è un luogo dove il mondo finisce, ma quello dove i diversi si toccano e la partita del rapporto con l’altro diventa difficile e vera». Gli scritti destinati a confluire nel Pensiero meridiano risalgono agli anni immediatamente precedenti la pubblicazione del libro. Che esce nel 1996, come già ricordato, ed esce da Laterza, l’editore che non ha mai smesso di tenerlo in catalogo. Dibattiti, controversie, molte traduzioni all’estero: sostenere che quello di Cassano è stato un best seller e continua a essere un long seller può sembrare una semplificazione, ma di sicuro negli ultimi decenni sono pochi i libri di impianto simile ad aver goduto di un’influenza così larga.

Ne era consapevole lo stesso autore (morto il 23 febbraio scorso), come dimostra la lunga Prefazione aggiunta successivamente e ormai diventata parte integrante del libro. Sì, ma che cos’è esattamente Il pensiero meridiano? Ribelle ai generi, è forse un manifesto politico composto con gli strumenti della letteratura. Non per niente, le principali figure di riferimento indicate da Cassano sono due scrittori, il premio Nobel Albert Camus (che della 'meridianità', celebrazione della luce ed esorcismo contro l’abbagliamento, resta il primo testimone) e Pier Paolo Pasolini, nei confronti del quale l’adesione dell’autore è forse meno completa e immediata, ma proprio per questo tanto più costruttiva. Da un certo punto di vista, inoltre, Il pensiero meridiano costituisce la rifondazione dei termini su cui poggia la cosiddetta 'questione meridionale'. Irrisolvibile fino a quando si insiste a porla nei termini di un’impossibile imitazione del Nord, ma carica di risorse altrimenti inimmaginabili se solo si cambia prospettiva, scegliendo di inserire il Meridione nello spazio mediano (e meridiano) del Mediterraneo. Cassano alza la posta, invoca una autonomia del Sud che sia anzitutto autonomia dei modelli di sviluppo, al di fuori di ogni costrizione ancillare e assistenziale. Non diversamente da Sofri, Cassano si sofferma sull’interazione tra femminile e maschile, contrapponendo alla dismisura colonizzatrice del profitto la misura ospitale della condivisione. In termini economici, la sua posizione non può essere del tutto assimilata alle teorie della decrescita felice. Lo sforzo di Cassano mira piuttosto a individuare la soglia al di là della quale la crescita diventa infelice. Discende da qui quel ripetuto elogio della lentezza che del Pensiero meridiano rappresenta uno degli elementi più caratteristici e più spesso fraintesi. Per Cassano, in realtà, la lentezza non è un diversivo, ma il metodo per cui le risposte non possono mai precedere le domande e le domande stesse vanno formulate senza lasciarsi distrarre dalla fretta. Che si tratti di un buon metodo lo attesta il fatto che, dopo venticinque anni, Il pensiero meridiano si presenta ancora come un libro profetico e persino poetico: due aggettivi che Cassano, nella sua quieta saggezza, avrebbe invitato a considerare sinonimi.

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