giovedì 16 gennaio 2025
La bellezza di un “asterischio”
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Tecnicamente credo rientri tra i segni d’interpunzione, a un Gianni Rodari redivivo affiderei una delle sue filastrocche in rima per raccontarci il riscatto dell’asterisco. Per anni lo abbiamo snobbato sulle nostre tastiere e quando il nostro scrivere ha avuto bisogno di una qualsiasi nota a pie’ di pagina, i programmi di scrittura ce ne hanno consentito l’inserimento automatico: è così che gli asterischi hanno potuto dormire sonni tranquilli nel nascondiglio dei cosiddetti caratteri speciali.

Il bisogno di un linguaggio maggiormente inclusivo ha dato all’asterisco una seconda giovinezza, nobilitandolo sul fronte dell’uguaglianza di genere e dandogli la possibilità di

riscattarsi dall’utilizzo un po’ antipatico che abbiamo incontrato nei testi della pubblicità. Perché da sempre banche, assicurazioni, automobili, finanziarie, precisano le proprie promesse di felicità attraverso gli asterischi. Il plurale rende meglio l’idea, perché di rischio si parla quando i tre trattini incrociati spostano i desideri decantati dalle pubblicità sulla concretezza del piano di realtà. Si rimanda a un testo decisamente meno suggestivo, lungo e incomprensibile, ai piedi dell’annuncio, scritto in corpo piccolissimo, con percentuali, acronimi, riscatti e prebende che rimandano il desiderio a tempi migliori. L’unica cosa che capisci è che quella cosa non te la puoi permettere, ma c’è qualcuno che può prestarti il dovuto, basta prendersi un rischio, ed è a forma di stella. Ma non è forse alle stelle che si affidano i desideri?

Io però gli asterischi nelle pubblicità dei prodotti di bellezza non li avevo ancora visti, sono arrivati da qualche anno e si contendono con i i servizi di cui sopra un’attestazione di fiducia da parte di chi compra. Prendo a caso due pagine qualsiasi dall’ultimo allegato femminile a uno dei nostri quotidiani in edicola. La réclame è quella di un siero anti-età e anti-macchie che «riduce 10 anni di macchie dell’età*», insieme a quella di una crema notte intensiva rimodellante che «a partire da 1 mese ridefinisce il triangolo della giovinezza*». Sono due prodotti concorrenti tra loro, i cui asterischi rimandano a «studi clinici» portati avanti con «questionari di autovalutazione» su una quarantina di donne, sì, evidentemente basta qualche decina di persone per validare scientificamente il prodotto, purché il campione sia anagraficamente in target con chi legge l’annuncio. Se viene un qualche dubbio c’è il faccione luminoso della modella a tutta a pagina a convincerci della cosa. Ora, io amo la saggezza silenziosa del punto e virgola, per esempio: tifo per tutta la tipografia minore e per l’asterisco. Non lo considero un vezzo quando viene utilizzato al pari dello schwa, se serve a evidenziare una presa di posizione nel proprio scrivere, ma m’intristisce vederlo sostenere la presunta scientificità di una crema di bellezza e vorrei evitare l’“asterischio” di farci l’abitudine, com’è successo con le pubblicità dei prodotti bancari.

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