mercoledì 21 dicembre 2022
L’impegno contro i Cfc e la riduzione del buco dell’ozono dimostra che è ancora possibile agire tutti insieme per il bene comune
Dall’io al noi: così la minoranza è profetica
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Prendersi cura delle radici delle nostre comunità significa, tra le altre cose, operare per evitare di sovra-sfruttare e perfino distruggere i beni comuni. Un rischio sempre presente dato dalla natura stessa dei beni in questione vulnerabili come sono alla «tragedy of the commons» di cui varie volte ci siamo occupati. Abbiamo visto come sia possibile tentare di contrastare gli esiti tragici cui conduce la natura comune di questi beni: attraverso la responsabilizzazione di una comunità coesa e stabile, i cui membri interagiscono ripetutamente tra loro; attraverso l’esercizio cauto della punizione altruistica, che rende più costosi i comportamenti opportunistici e ancora, favorendo una maturazione dei valori morali individuali che plasmano motivazioni intrinseche capaci di guidare l’azione verso scelte difficili ma illuminate. Per comprendere meglio come tali “soluzioni” possano funzionare e se ancora qualcosa manchi nella composizione di un quadro più esaustivo del complesso degli antidoti al collasso dei beni comuni, può essere interessante considerare un caso concreto nel quale il probabile esito “tragico” è stato riconosciuto in tempo e, speriamo, sventato per sempre.

Il 13 ottobre 2022 il Goddard Space Flight Center della Nasa ha rilasciato una incoraggiante dichiarazione sulle condizioni dello strato di ozono antartico che ha raggiunto un’area media di 23,2 milioni di chilometri quadrati, una superficie leggermente più piccola rispetto a quella ricoperta lo scorso anno e che continua il trend di generale contrazione avviato una decina di anni fa. «Nel corso del tempo – ha affermato il capo del Dipartimento Scienze della Terra” del Centro – sono stati compiuti progressi costanti e il buco si sta riducendo. Vediamo alcune oscillazioni poiché i cambiamenti meteorologici e altri fattori fanno oscillare leggermente i numeri da un giorno all'altro e da una settimana all'altra, ma nel complesso, sono due decenni che osserviamo una costante riduzione. L’eliminazione delle sostanze dannose per l’ozono a seguito della sottoscrizione del Protocollo di Montreal sta contribuendo alla tutela dello strato sopra l’Antartico».

Anche la fascia di ozono che protegge la nostra Terra, lo si sarà a questo punto già intuito, è un «bene comune» (globale). Tutti ne abbiamo bisogno (senza di esso i raggi ultravioletti provenienti dal Sole bloccherebbero la fotosintesi, mandando in crisi gran parte della catena alimentare sulla Terra, con conseguenze disastrose per la vita), ma tutti, con le nostre scelte di consumo inquinanti, per decine e decine di anni abbiamo contribuito a comprometterne l’integrità. Se ne accorse per primo un chimico americano, Sherwood Rowland, che già negli anni ’70, assieme al collega Mario Molina, capì che una classe di sostanze chimiche sintetiche già utilizzate in quantità crescente in tutto poteva causare un significativo assottigliamento dello strato di ozono. Si tratta dei cosiddetti Cfc, i clorofluorocarburi. Lo sviluppo di queste sostanze era considerata una storia di successo; venivano utilizzati come fluidi refrigeranti e come propellenti nei prodotti spray. Invisibili e chimicamente inerti, questi prodotti erano ritenuti sicuri. Rowland, però, aveva sentito parlare della presenza di Cfc nell’aria sopra l’Atlantico dallo scienziato e ambientalista James Lovelock e iniziò a cercare di capire quali avrebbero potuto essere le conseguenze di una concentrazione crescente di questi gas. Emerse il problema.

Gli atomi di cloro rilasciati nello strato di ozono avrebbero dato inizio a reazioni a catena che avrebbero portato inevitabilmente alla distruzione di gran parte dello strato di ozono. Questa scoperta fu a lungo circondata da scetticismo. Ma Rowland non si fece scoraggiare. Organizzò conferenze stampa, testimoniò davanti a commissioni nazionali e internazionali, fece conoscere i suoi risultati al grande pubblico anche grazie all’aiuto del nascente movimento ecologista.

Le industrie chimiche iniziarono una campagna diffamatoria. Fu criticato, ridicolizzato, venne perfino accusato di essere un agente del Kgb. Ma ormai le sue idee avevano fatto breccia e iniziavano a modificare le scelte dei consumatori in molte nazioni. Il consumo di Cfc iniziò a ridursi bene prima che la politica ne vietasse l’utilizzo. Una «minoranza profetica», il movimento ambientalista supportato dalle ricerche di Rowland e dalle piccole scelte quotidiane di singoli individui, è riuscita ad innescare una storia di cooperazione globale di grande efficacia. Dopo una serie di incontri e negoziati internazionali, il 16 settembre 1987, a Montreal, venne emanato il Protocollo di Montreal, un trattato internazionale sottoscritto allora dal 70 Paesi che hanno deciso di eliminare gradualmente la produzione di Cfc e altri prodotti chimici che riducono lo strato di ozono e di eliminarne gli inventari. Ad oggi sono quasi 200 i Paesi che hanno scelto di aderire al trattato.

Una “minoranza profetica” che nello scetticismo generale fu capace di passare all’azione attraverso l’adozione di comportamenti e modelli di consumo più rispettosi per l’ambiente. Una minoranza contagiosa che crebbe di numero e diffuse l’idea della necessità di un’azione coordinata tra Stati. Un “bene comune” (globale), infatti, o si gestisce tutti insieme, o si perde per sempre. Gli ultimi dati resi noti dalla Nasa confermano che, dopo decenni, la tendenza all’assottigliamento della fascia si sia finalmente invertita. Quali allora gli ingredienti nuovi di questo successo? L’abbiamo visto: la presa di coscienza della natura “comune” del bene in questione; la decisione di agire anche come “minoranza profetica” da parte prima di poche persone o gruppi. E infine, l’accensione di quell’interruttore che smette di farci ragionare come tanti “io” e ci porta a considerarci come un “noi”. Questo cambiamento di quadro concettuale dall’io al noi è l’ultimo ingrediente fondamentale che può portarci ad una gestione oculata dei beni comuni, materiali e immateriali.

Ma il tutto parte da una scelta individuale, la cui responsabilità non può essere demandata ad altri. Se vivremo, quindi, e lasceremo in eredità ai nostri figli una Terra ricca di beni comuni o un deserto naturale e sociale, questo non può che dipendere da ciascuno di noi, dal posto che decideremo di occupare nella nostra comunità e dal ruolo che in essa sceglieremo di avere: “minoranza profetica”, o massa indistinta.

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