giovedì 4 novembre 2021
Sara Malaguti ha lasciato il lavoro in Borsa per creare un sito che è diventato un ecosistema di servizi Offre corsi di formazione consulenza legale e fiscale
Sara Malaguti ha lasciato il lavoro in Borsa per creare un sito che offre corsi di formazione consulenza legale e fiscale

Sara Malaguti ha lasciato il lavoro in Borsa per creare un sito che offre corsi di formazione consulenza legale e fiscale

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Il mito del posto fisso da una parte e il digitale dall’altra, con il suo potenziale di comunicazione, interazione e opportunità da cogliere. E la voglia di dimostrare che con la creatività si può anche mangiare, e aiutare gli altri a farlo. Da questi presupposti Sara Malaguti è ripartita alcuni anni fa, lasciando dopo nove anni il suo lavoro sicuro in Borsa Italiana, per dedicarsi alla consulenza per piccole aziende e professionisti e specializzarsi sul digitale, declinandolo in una maniera del tutto personale. Forse complici gli studi di Marketing delle Industrie creative fatti a Bologna prima degli anni da dipendente, e fatale la passione per i fiori, l’acquisto di un dominio nel 2017 e l’apertura di un blog. Da quel momento nasce Flowerista, quello che oggi non è solo un sito, ma un ecosistema di servizi e il manifesto di quello che Sara definisce il suo 'digitale gentile'. «Il mio è un approccio che prende spunto dall’intelligenza delle piante, le cui parti lavorano tutte per un bene comune. Allo stesso modo, il mio progetto nasce dall’idea di creare un ecosistema che in qualche modo si ispiri a questo: una community con valori condivisi e obiettivi comuni », spiega Sara. Tutto parte dalla condivisione di informazioni utili, la creazione di una community, uno spazio dedicato sui social e una serie di eventi digitali. «In questo ecosistema i partecipanti condividono gli stessi valori, ma c’è anche una forte e continua contaminazione fra chi ha già avviato un cambiamento e chi sta ancora provando a trasformare un’idea in progetto. C’è chi sa muoversi con disinvoltura sui social e chi, invece, anche se con un’attività avviata, fatica a trovare il proprio spazio sul web».

A questo Sara aggiunge poi un modello di formazione specifica con corsi on demand sulle principali questioni legate al digitale: dalla gestione dei contenuti e l’email marketing, fino agli aspetti fiscali e legali, anche grazie al supporto di figure professionali ad hoc. Per certi versi la pandemia, nel suo caso, è stata persino un bene. «Ho potuto allargare grazie al di- gitale la platea dei miei corsisti e raccogliere la partecipazione anche di persone geograficamente molto lontane». Inoltre in tanti hanno sfruttato questo tempo sospeso per 'investire' sulla propria formazione o su un confronto con altri professionisti e in molti, proprio in era Covid e proprio grazie al digitale e al supporto di Sara, hanno trovato una nuova strada. Come è stato per Giulia Lentini, 26 anni, con la passione per il mondo dell’oreficeria e che, dopo alcune esperienze lavorative in quest’ambito, nell’estate post pandemia ha deciso di investire in un progetto tutto suo che è culminato, a ottobre 2020, nell’inaugurazione del suo spazio fisico, a metà tra laboratorio e negozio, che Giulia cerca quotidianamente di 'trasferire' anche sul digitale. «Il social, vista anche la mia età, è sempre stato parte del mio Dna personale e professionale, ma con il supporto di Flowerista ho imparato a vedere tutto in maniera più strategica e ordinata », dice Giulia. Si tratta dello stesso rinnovato approccio che racconta Filippo Chiesa Ricotti, titolare dello studio di architettura Gruppo Tre, nato in provincia di Pavia nel 2014, e che oggi si trova a Milano e conta su circa 30 collaboratori. Nel 2017 Filippo ha iniziato a esplorare Instagram per il suo studio, poi l’incontro con Sara e l’inizio di un percorso di conoscenza del digitale che ha cambiato anche il modo di lavorare. «Oggi digitale e social fanno parte dell’attività quotidiana dello studio, tanto da avere da inizio 2021 una figura interna che si occupa quasi a tempo pieno di questi aspetti. Non si tratta solo di un ritorno in termini di immagine, perché fornitori e competitor ci seguono per sapere cosa facciamo, ma anche di nuove opportunità: tanti clienti infatti oggi arrivano a noi proprio attraverso questi canali» spiega Filippo, secondo cui il digitale gentile che diffonde Sara è un «marketing non urlato, che ha sempre un fondo etico nelle decisioni e non sempre guarda solo ai numeri». Deborah Braga, invece, ha trasformato in lavoro quello che era sempre stato un hobby: ha aperto un negozio fisico che assomiglia a una vera bottega con laboratorio annesso, dove crea, assembla e lavora bijoux e accessori moda e a cui ha dato anche un nome evocativo: l’Angolo delle meraviglie. Dopo essersi affacciata al mondo dei social, ha deciso di affiancare al negozio fisico anche uno shop virtuale, oltre a sperimentare la vendita anche attraverso i social come Instagram e Facebook. Ha conosciuto Sara di persona, grazie alla vicinanza geografica (entrambe vivono a Varese, ndr).

«Sara era quella professionista 'gentile' in grado di suggerire un percorso ben delineato da intraprendere, senza false promesse, con tanto lavoro chiaro da fare, e una formazione che permettesse a me di 'tenere il timone'. Ha saputo comprendere e calarsi nel mio brand per farlo crescere insieme a me. Da allora ogni mio obiettivo da perseguire ha sempre un piano delineato, fatto di pochi punti, sempre chiari» racconta Deborah. Oggi, ha imparato ad analizzare, programmare, ma anche lasciarsi emozionare dal suo stesso progetto, e quest’anno di pandemia è stato strategico per imparare a gestire le sfide e dominare anche le proprie paure, con successo. «Digitale gentile significa fare un buon lavoro con un approccio 'umano' rispettando tempi, conoscenze, obiettivi e crescita, e passando sempre attraverso la formazione e mai dall’improvvisazione». Come d’altronde è convinta la stessa Sara Malaguti. «Un business gentile è un business allineato ai propri valori. Anche io all’inizio ero in difficoltà perché copiavo - male - quello che facevano gli altri. Quando mi sono resa conto che si trattava di un modello che non mi apparteneva è arrivato il cambiamento. Tutti noi abbiamo un Dna unico, e così anche il nostro modo di lavorare e i nostri progetti devono esserlo». L’obiettivo di Sara resta questo: aiutare gli altri a comprendere questa unicità e accompagnarli verso il cambiamento, ognuno a modo proprio, senza ricette o soluzioni preconfezionate.e

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