mercoledì 18 giugno 2025
Aldo Soldi è stato da poco eletto presidente dell’istituto: «Va contrastata la cultura bellicistica, puntando sulla pace. Essere banca vuol dire fare comunità»
C'è bisogno di finanza giusta: «Modello Banca Etica per il bene comune»
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Cosa vuol dire fare banca e finanza etica nell’era della policrisi? Se c’è qualcuno che può provare a rispondere è Banca Etica, l’istituto di credito nato l’8 marzo 1999 che rappresenta l’alfiere della finanza etica in Italia e non solo. Aldo Soldi, eletto nuovo presidente di Banca Etica all’assemblea annuale dei soci a maggio, già vicepresidente e nel Cda della banca dal 2019, la mette in questa prospettiva: «La domanda vera da porsi – dice – è se oggi vi sia più o meno bisogno di finanza etica». È l’inizio di una riflessione a tutto campo sul ruolo che può avere la finanza etica nel pieno di una situazione che a livello geopolitico, ambientale, ecologico, climatico, con disuguaglianze sociali ed economiche crescenti, non si può che definire esplosiva. « Il punto di partenza – riprende Soldi – è che questi ventisei anni ci consegnano un progetto obiettivamente di successo. Di una banca che è in grado di fare finanza etica coi conti a posto. Presente in due Paesi (in Spagna, oltre che in Italia, ndr). E che gode di un riconoscimento a livello nazionale e internazionale».

Che il modus operandi di Banca Etica sia diventato un punto di riferimento si è visto il 5 giugno a Bruxelles, quando la Bei (Banca europea degli Investimenti) ha organizzato un incontro sull’ethical banking con la Federazione europea delle Banche etiche e alternative (Febea) e Gabv, il network mondiale delle banche etiche, entrambi organismi di cui Banca Etica è membro. All’incontro si è sottolineata infatti l’importanza dell’accordo sottoscritto tra Bei e Banca Etica, che permetterà di erogare crediti per oltre 165 milioni di euro a favore in particolare di donne, migranti, organizzazioni e imprese attive nel Mezzogiorno: «È stata la prima volta – sottolinea Soldi – che il termine “finanza etica” è entrato nei documenti ufficiali della Bei». Si è inoltre aperto un tavolo di lavoro per replicare l’accordo con altre banche in Europa e più in generale per studiare come aumentare le risorse da investire secondo principi e criteri di finanza etica. Verosimilmente il modello della finanza etica gode di elevata reputazione perché fin dall’inizio ha fatto delle scelte nette. E le ha rispettate con coerenza, anche quando sono diventate sempre meno politically correct. Prendiamo le armi, il settore della difesa: la narrazione bellicista imperante in Europa chiede, per non dire esige, di moltiplicare gli investimenti. Ma la finanza etica dice no: «La finanza etica – scandisce Soldi – non investe nella produzione e nel commercio di armi. Punto. È una scelta non negoziabile. Destinare enormi risorse finanziarie al riarmo europeo, distogliendole dal welfare, è una follia. La cultura bellicista va contrastata facendo leva sul potere dell’opinione pubblica. Folle è anche l’idea che più armi ci sono, più pace c’è: le armi non sono fatte per difendere la pace, ma per fare la guerra. Vedere quanto è salito il valore delle azioni di chi fabbrica armi, e vedere tutti i giorni cosa succede con queste armi, è sconfortante».

Vengono prepotentemente in mente al riguardo le parole sulla «pace disarmata e disarmante » pronunciate da papa Leone XIV nel suo primissimo discorso: « È stato un segnale chiarissimo e importantissimo – commenta Soldi –. Ricordiamo anche gli appelli per la pace, a volte disperati, di papa Francesco. È una grande e importante compagnia per chi è impegnato su questi temi». Un altro punto caldo è la progressiva deregolamentazione di fatto che è in atto in Europa sui temi legati alla sostenibilità, ad esempio sugli adempimenti richiesti alle imprese riguardo ai fattori sociali e ambientali. «La motivazione di partenza – dice Soldi –, di semplificare una normativa obiettivamente complessa, era condivisibile. Ma non è accettabile l’idea che diminuendo i vincoli su questi aspetti, aumenti la competitività. Perché è un’idea di competitività che non appartiene all’Europa. E perché la competitività, al contrario, si fa tenendo alta l’attenzione su questi aspetti. E avendo come orizzonte non il domani, che è miope, ma il lungo periodo».
Un tema in cui questo abbassamento di attenzione è emblematico è il contrasto alla crisi climatica, a un modello di sviluppo tuttora largamente fondato sulle fonti fossili, di gran lunga le prime responsabili della crisi. «La finanza etica – afferma Soldi – non investe nelle fossili. È un altro punto non negoziabile. Sostiene, invece, chi lavora per la transizione energetica. La crisi climatica è inesorabilmente lì e produce povertà, oltre che disastri: metterla in secondo piano è colpevole». A parlare ancora una volta sono i fatti: Banca Etica è stata la prima banca in Italia a sostenere ufficialmente l’iniziativa per un Trattato internazionale di non-proliferazione dei combustibili fossili (Fossil fuel Treaty).

Grazie anche all’impegno di Banca Etica, a fine 2024 alla COP29 di Baku, 25 banche aderenti a Gabv hanno sostenuto ufficialmente il Treaty. «Ci vuole coerenza – ribadisce Soldi –: se si afferma che continuare a finanziare le fossili è dannoso per il pianeta, questi finanziamenti non vanno fatti. Purtroppo le risorse investite nelle fossili sono ingentissime e all’ultima COP la presenza della lobby fossile era fortissima. Ma continueremo a partecipare alle COP, a cominciare dalla prossima COP30 in Brasile, perché i temi affrontati in questi summit hanno a che fare con la visione del mondo della finanza etica ». Alla luce di tutte queste sfide, quali sono le priorità nell’agenda di Banca Etica rivolta al prossimo quarto di secolo? «Dobbiamo accrescere la nostra dimensione internazionale – risponde Soldi – perché le sfide sono globali e anche la finanza etica deve esserlo. Poi, c’è un forte bisogno d’innovazione, per continuare a essere coerenti e offrire servizi sempre migliori: al nostro interno, ad esempio, abbiamo avviato da tempo il dibattito sull’intelligenza artificiale, affrontandolo dal punto di vista giuridico, tecnico ed etico. E dobbiamo continuare a lavorare sulla dimensione di gruppo, perché è un altro modo per accrescere la strumentazione, per avere più tasti su cui agire per diffondere la finanza etica».

Infine, c’è un punto che Soldi ritiene cruciale, una questione trasversale a tutte le altre: «Essere banca – conclude – vuol dire essere movimento: essere bravi a fare conti correnti e insieme a fare comunità. È fondamentale per continuare a mantenere la coerenza fra i principi e i comportamenti, che è uno dei nostri punti di forza, come i nostri soci ci riconoscono. Per tornare alla domanda di partenza, proprio perché siamo in una fase in cui tutto sembra remare contro, noi riteniamo che oggi ci sia ancor più bisogno di una finanza che sostiene chi difende l’ambiente e chi opera per la pace. Bisogna tenere la barra dritta sui principi e valori della finanza etica. Ricordando che non è solo un modo di fare finanza, ma di intendere le relazioni sociali. È una visione del mondo, basata su responsabilità, cura, ascolto e coinvolgimento della base sociale. La finanza etica è partecipazione».

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