Il futuro del Sulcis si gioca anche sul tetto dei silos
di Maria Chiara Cagusi, Cagliari
Un gruppo di operai di Eurallumina è salito a 40 metri di altezza per protesta contro il blocco dei fondi per gli stipendi. Don Mura (Diocesi di Iglesias): simbolo di un mondo del lavoro che soffre

La mancanza di un progetto industriale a lungo termine per il Sulcis-Iglesiente torna a farsi sentire con forza nella vertenza Eurallumina di Portovesme, simbolo da 16 anni di un territorio segnato da precarietà lavorativa, aziende in crisi e politiche incerte. Da lunedì scorso, la protesta dei lavoratori ha raggiunto i 40 metri d’altezza: alcuni operai sono saliti sul silo n.3 dello stabilimento, trasformando un gesto di rabbia e disperazione in un vero e proprio grido d’allarme. La denuncia è relativa al blocco dei fondi necessari al pagamento degli stipendi e alla manutenzione degli impianti, causato dalle sanzioni patrimoniali disposte dal Comitato di sicurezza finanziaria (Csf) nei confronti della Rusal, multinazionale russa che gestisce Eurallumina, correlate alla situazione geopolitica. Un paradosso per i lavoratori, considerando che l’azienda aveva appena risolto il problema tecnico del Dpcm sulla metanizzazione, indispensabile per portare il gas in Sardegna, e che in altri paesi europei analoghe sanzioni sono state superate dai singoli governi.
«Il Sulcis è un territorio economicamente depresso» spiegano Nino D’Orso, segretario generale aggiunto Femca Cisl Sardegna, e Antonello Saba, segretario generale Cisl Sulcis Iglesiente. «Negli anni - continuano - il polo industriale locale è stato progressivamente smantellato. La precarietà del lavoro è insostenibile, manca un progetto di sviluppo chiaro, le infrastrutture sono insufficienti e i costi energetici elevati rendono impossibile competere a livello europeo».
La crisi industriale locale impatta sull’intero tessuto economico e sociale: circa 200 lavoratori dipendono direttamente dall’azienda, ma l’indotto coinvolge migliaia di famiglie nei piccoli comuni del Sulcis-Iglesiente, con effetti su circa 120mila abitanti. «Servono circa tre milioni di euro al mese – sottolineano i sindacalisti –, solo così sarà possibile avviare investimenti per 400 milioni, creare nuovi posti di lavoro e dare ossigeno al territorio. Gli accordi ci sono, i tavoli tecnici si susseguono, ma spesso non producono risultati concreti. Le risposte delle istituzioni nazionali non sono arrivate; la pazienza dei lavoratori ha limiti e oggi la crisi rischia di degenerare: da qui nasce l’attuale protesta». La filiera dell’alluminio non è solo un settore economico: rappresenta una tradizione storica e un asset strategico per Italia ed Europa. «Senza investimenti concreti rischiamo di perdere posti di lavoro e la vocazione industriale del territorio» avvertono i sindacalisti.
Anche la Chiesa locale si schiera al fianco dei lavoratori. Don Antonio Mura, responsabile della Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Iglesias e parroco a Portoscuso, definisce la protesta un richiamo alla corresponsabilità e alla presenza concreta della Chiesa nel territorio. «Gli operai che oggi si sono messi in questa condizione sono dei “crocifissi” moderni – spiega don Mura – simbolo di un mondo del lavoro che soffre e di famiglie in grande difficoltà».
Come ricorda il sacerdote, la crisi di Eurallumina non è un caso isolato. «Abbiamo da anni un sistema industriale in un territorio fragile, aggravato dall’assenza di infrastrutture adeguate, dai costi energetici elevati e da poche prospettive di sviluppo. Questo rende aziende e persone particolarmente vulnerabili e ricattabili». Oltre all’assistenza materiale, la Chiesa interviene sul piano educativo e culturale, promuovendo il lavoro come espressione di dignità e responsabilità personale e collettiva. «Negli ultimi decenni le industrie hanno garantito lavoro e benessere - osserva don Mura - ma la politica non ha saputo accompagnare i processi industriali con piani sostenibili. Occorre che cittadini, istituzioni e parti sociali collaborino per costruire soluzioni concrete e condivise».
Intanto, la protesta dei lavoratori continua e i sindacati hanno annunciato che le iniziative proseguiranno fino a quando non arriveranno garanzie scritte da istituzioni regionali e nazionali. «Il nostro obiettivo è chiaro - concludono D’Orso e Saba - proteggere il lavoro, le famiglie e la dignità di chi vive di industria».
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