sabato 7 marzo 2020
Il vice presidente dell’Agci: «Abbiamo l’occasione di riscoprire le idealità dei fondatori del movimento cooperativo»
Il vicepresidente dell'Agci Angelo Chiorazzo

Il vicepresidente dell'Agci Angelo Chiorazzo

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Ricorrevano ieri i 50 anni dalla morte di Bartolomeo ('Meuccio') Ruini, padre costituente, presidente del comitato dei 75 che predispose la prima bozza della Carta. Antifascista, laico, esponente del Partito democratico del lavoro, fu presidente del Senato e poi senatore a vita. Ma, soprattutto, è considerato il padre della «funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità» inserita in Costituzione all’articolo 45, e del Cnel, di cui fu anche presidente nel corso degli anni 50. «L’Italia ha un grande debito di riconoscenza verso di lui», dice Angelo Chiorazzo, vice presidente vicario dell’Agci, l’Associazione generale delle cooperative italiane di cui proprio Ruini è stato il primo presidente. «E in questo momento così difficile un movimento per sua natura abituato a mettere gli utili a beneficio della collettività può dare un contributo decisivo».

Su quel terreno si incontrarono gente come Andreotti, De Gasperi, con un laico come Ruini?

De Gasperi diceva che un buon governo si riconosce se i ricchi rimangono ugualmente ricchi, mentre i poveri diventano meno poveri, se la forbice cresce, è stato invece un governo pessimo. È sull’obiettivo di costituire una società più giusta e inclusiva, che uomini con storie così diverse si sono incontrati. L’altro, certamente, il valore della cooperazione.

Perché la cooperazione?

Ruini definì la cooperazione «uno dei fatti più notevoli della vita nazionale», che rese inclusiva e diffusa l’intrapresa economica. Da essa scaturirono le tre grandi realtà: la cattolica Confcooperative, la Lega delle cooperative, di sinistra, e l’Agci, fondata proprio da Ruini.

E questo è un momento storico per la cooperazione italiana, per mettere insieme questi tre filoni.

È l’occasione per riscoprire le idealità dei fondatori del movimento cooperativo. In un Paese sempre più disgregato e sfilacciato è uno dei pochi tentativi di mettere insieme le forze, su un versante significativo della nostra economia di base.

Che cosa ha trovato di interessante nel carteggio fra Giulio Andreotti e Meuccio Ruini che ha potuto visionare?

È interessante vedere come a casa di Giuseppe Spataro, esponente della Fuci, più volte ministro negli anni 50 e 60, fra esponenti di estrazione così diversa sia nata prima una conoscenza e poi una vera e propria amicizia. Dalla stima tra questi uomini è partita la ricostruzione del Paese. Il carteggio dimostra la crescente dimestichezza e affetto che c’era, in particolare, fra Ruini, Andreotti e De Gasperi, tre grandi padri della Repubblica.

Siamo dentro una delle prove più difficili della nostra storia repubblicana. Il movimento cooperativo può favorire la risposta unitaria chiesta da Mattarella?

È forse il momento più difficile dal dopoguerra. Una realtà inimmaginabile, che mette a dura prova la tenuta del sistema economico italiano. Vorrei ringraziare le migliaia di cooperatori che stanno operando, soprattutto quelli impegnati nel sociale: in ospedali, case di riposo, o nell’assistenza domiciliare. Medici, infermieri, volontari che operano con un senso di responsabilità enorme.

Anche la Lombardia, dopo le polemiche che c’erano state da parte della Lega, ha ringraziato le Ong...

In questo momento di grande prova è l’ora di dire basta alle campagne elettorali permanenti. È il momento di unirci tutti, come ci ha chiesto Mattarella. E un modello partecipato come quello della cooperazione può dare un contributo importante. O ne usciremo uniti, o non ne usciremo.

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