Scatti di sport 2025: foto dell’altro mondo
Un saggio riflette sulla sacralità dei gesti sportivi. Dai fenomeni della Nba ritratti dal fotografo Butler, una vera teologia per immagini

Niente più della fotografia riesce a cogliere un istante e consegnarlo all’eternità. Un potere magico, perfino religioso perché abbiamo la certezza che chi o ciò che abbiamo amato non andrà mai perduto. Tanto più nello sport dove immortalare un gesto di un campione ha prodotto scatti leggendari che resistono all’usura del tempo. Una bella foto colpisce subito chi la guarda: è immediata, ma profonda, invita a fermarsi e riflettere non scorre via come un video. E un clic insegna, anche quando ritrae una sconfitta perché così è la vita, fatta di istanti felici ma anche difficili e tristi.
Dal golfista che per la gioia lancia in aria il suo bastone allo sciatore concentrato tra i pali di uno slalom, per non parlare del giocatore di football che si eleva da terra per evitare un placcaggio: sono tante le istantanee che ogni anno ci consegna il mondo dello sport, basta guardare alla selezione fatta per il 2025 dall’agenzia Associated Press.
È davvero un’arte saper cogliere il frammento giusto. Henri Cartier-Bresson, uno dei più grandi fotografi del Novecento diceva: «Fotografare è mettere sulla stessa linea di mira la testa, l’occhio e il cuore». Sotto canestro un artista è Nathaniel S.Butler, fotografo ufficiale della Nba dal 1984, di cui la casa editrice Apogeo ha appena pubblicato: Terzo Tempo. Viaggio fotografico nella storia del basket Nba (pagine 288, euro 35,00). Un volume imperdibile per gli appassionati ma capace di rapire lo sguardo anche dei profani. Ci sono dentro oltre 200 fotografie, con tutte le star della palla a spicchi Usa: da Michael Jordan a Kobe Bryant, da Larry Bird ad Allen Iverson, da Magic Johnson e Kareem-Abdul Jabbar a Steph Curry e LeBron James. Un’epopea raccontata da bordo campo anche in anni in cui la tecnologia non era ancora quella odierna. «Sono cresciuto nell’era della pellicola – scrive Butler – Non potevo guardare lo schermo sul retro della fotocamera per vedere se l’immagine fosse venuta bene…». E s’intuisce ancora la sua adrenalina di allora quando ricorda il timore di aver “bucato” il famoso gancio (junior, junior skyhook) di Magic Johnson con la corsa a fine partita alla ricerca di un posto dove sviluppare il rullino.
Ce l’aveva fatta anche quella volta, perché come testimonia l’indimenticabile Patrick Ewing: «Ho sempre avuto la sensazione che, in ogni momento importante della mia carriera, se mi fossi voltato avrei visto Nat».



In bianco e nero o a colori sono foto che parlano da sole ma colpiscono anche le “didascalie” degli stessi campioni ritratti. Come James Harden detto “Il Barba” (oggi ai Los Angeles Clippers) in merito al suo scatto con gli occhi rivolti al cielo: «Questa foto rappresenta tutto quello che ho passato, sia nella mia vita privata che nella mia carriera, tutte le difficoltà che ho dovuto superare per arrivare fin qui. È una benedizione. Quindi, non posso che ringraziare Dio». O Jayson Tatum (Boston Celtics) immortalato con le mani giunte: «Fin da quando ero bambino prima di ogni partita recito sempre una preghiera. Sono i miei venti secondi di calma prima di entrare in campo».
Ma in tutti gli sport ci sono scatti diventati iconici. Come per il ciclismo Coppi e Bartali che si scambiano la borraccia (o la bottiglia) al Tour de France del 1952. Avete provato mai a metterla idealmente accanto al celebre affresco di Michelangelo, la Creazione di Adamo, che adorna la volta della Cappella Sistina? Siamo proprio sicuri che non abbiano qualcosa in comune?
Parte da questa provocazione un libro che fa davvero riflettere: E Dio creò lo sport. Immagini di una teologia minore (Rogas, pagine 144, euro 15,70). Da Maradona a Federer, da Senna a Pantani: uno scatto di sport può aprire nuovi orizzonti, inimmaginabili. Soprattutto in un tempo che paradossalmente insegna a fare a meno del senso religioso. Eppure il bisogno di guardare in alto è insopprimibile, una domanda inevitabile del cuore dell’uomo. Lo sport fornisce un richiamo molto forte ad alzare gli occhi se, come insegnava Giovanni Paolo II, ovunque l’uomo può sperimentare momenti in cui il bello e il vero lo pongono a contatto direttamente con Dio. È allora possibile, ne è convinto Magnani, tracciare una vera teologia a partire dall’atto sportivo come libera creazione delle creature amate da Dio: «Chi gioca esprime la propria identità più profonda e rende così omaggio a colui che ci ha ritenuti meritevoli di esistenza». Del resto già nel mondo classico Socrate sosteneva che Dio ha donato agli uomini due arti, la musica e la ginnastica.
Con queste premesse ammirare le foto più belle del 2025 vi porterà senz’altro ad allargare lo sguardo. E allora, suggerisce il libro, nello scatto di un rugbista su un terreno limaccioso ritroverete facilmente il personaggio di una lirica di Montale, contenuta nel Quaderno genovese, dove si legge: «Chi trascina i piedi nel fango e gli occhi nelle stelle, / quello è il solo eroe / quello è il sol vivente». Un’immagine che accomuna un po’ tutti gli sportivi e in generale tutti gli uomini: con i piedi a faticare sulla dura terra e l’animo proteso a raggiungere il cielo e la felicità senza fine.
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