.jpg?width=1024)
Fotogramma
«A noi toccheranno dazi complessivi del 55%, mentre quelli alla Cina saranno del 10%». Dopo un braccio di ferro prolungato con Pechino, Donald Trump ha annunciato ieri l’accordo sul nodo dei dazi reciproci tra le due potenze, un accordo che, tra le altre cose, dovrebbe sbloccare l’invio di terre rare e magneti da parte della Cina da un lato, e i visti per gli studenti cinesi negli Usa dall’altro. La soglia del 55% citata da Trump sarebbe data dalla somma dei dazi statunitensi del 30% al momento in vigore sui prodotti cinesi e dei dazi del 25% su prodotti specifici, anch'essi già in vigore. «L’accordo con la Cina è stato concluso, soggetto all’approvazione definitiva del presidente Xi e mia», le parole di Trump.
I colloqui di Londra si erano svolti in un clima di tregua, con la sospensione temporanea delle misure più dure: gli Stati Uniti avevano ridotto i dazi sulle importazioni cinesi dal 145% al 30%, mentre la Cina aveva abbassato le tariffe sui beni statunitensi dal 125% al 10%. Queste misure, che erano state decise nella tornata negoziale di Ginevra, erano state programmate per 90 giorni. A Londra l’attenzione si era quindi spostata sul tema dei controlli alle esportazioni: Pechino aveva recentemente introdotto restrizioni sulle terre rare e una nuova procedura per le licenze, mentre Washington aveva limitato la vendita di software per la progettazione di chip avanzati e componenti aeronautici sensibili. L’annuncio arrivato nel pomeriggio di ieri di Trump rappresenta un ulteriore passo in avanti nei rapporti tra i due Paesi, segno che ormai mancherebbe appunto solo l’approvazione definitiva di un’intesa da parte dello stesso Trump e del presidente cinese Xi Jinping. Mancano però, al momento, maggiori dettagli sull’accordo. Secondo indiscrezioni raccolte dal Wall Street Journal, la delegazione cinese, guidata dal vicepremier He Lifeng, fidato collaboratore di Xi Jinping, ha condotto una trattativa molto dura, chiedendo alla parte statunitense di allentare in modo significativo le restrizioni sulla vendita di tecnologia e altri prodotti alla Cina. Sempre secondo il quotidiano, Pechino avrebbe inoltre limitato le licenze per l'esportazione di terre rare ai produttori statunitensi a 6 mesi, una sorta di precauzione nel caso in cui le tensioni commerciali dovessero riaccendersi. In cambio, secondo le fonti, i negoziatori statunitensi avrebbero accettato di allentare le restrizioni sulla vendita alla Cina di prodotti quali motori a reazione e parti correlate, nonché l'etano, un componente del gas naturale importante nella produzione di materie plastiche.
L’accordo Usa-Cina è stato accolto con favore dal cancelliere tedesco Merz, che ha auspicato un accordo anche con l’Ue. Nel frattempo, sempre ieri una corte d’appello federale ha accolto la richiesta dell’amministrazione Trump di mantenere in vigore i dazi reciproci imposti dal presidente Usa a un gran numero di Paesi stranieri, ma ha dichiarato che riesaminerà il caso quest’estate. La corte ha prorogato la precedente sospensione temporanea di una sentenza del tribunale commerciale di New York che aveva stabilito che Trump era andato oltre i suoi poteri nell’imporre le tariffe e ha dichiarato che intende ascoltare le argomentazioni il 31 luglio, il che significa che i dazi nei confronti dei Paesi coinvolti rimarranno probabilmente in vigore per almeno i prossimi due mesi.
Sempre in tema dazi, da Pechino, intanto, la presidente della Bce Christine Lagarde ha ribadito, durante il suo intervento alla banca centrale cinese, che "le politiche commerciali coercitive non sono una soluzione sostenibile alle tensioni commerciali di oggi". "Nella misura in cui il protezionismo punta a risolvere gli squilibri commerciali, non lo fa andando alle cause iniziali, ma lo fa erodendo le fondazioni della prosperità globale", ha aggiunto Lagarde.