Imagoeconomica
Sette milioni su quasi 59 milioni di italiani ricevono un sostegno all’inclusione. Lo certificano i dati del XXIII rapporto annuale dell’Istituto nazionale di previdenza sociale, presentato all’Università Cattolica di Milano in un convegno dal titolo “Obiettivo inclusione”.
Nei 7 milioni è compreso il sostegno rivolto a oltre 3 milioni di lavoratori, garantendo interventi di integrazione al reddito per disoccupati e prestazioni di integrazione salariale per chi ha subito sospensioni aziendali. «L’Italia è segnata da una serie di aziende che minacciano la chiusura per i costi del lavoro, con il rischio di aumentare la guerra tra poveri» ha commentato il cardinale Matteo Zuppi, tra gli ospiti al convegno in Cattolica. «Il capitalismo anonimo delle multinazionali tende a spostare la produzione di una manodopera dove costa meno, rispondendo alle domande di guadagno degli investitori prima ancora che alla giustizia verso i lavoratori». Secondo il presidente della Cei, «tutto ciò ha un impatto culturale sul valore del lavoro che viene esibito a interesse della speculazione e non viene valorizzato come collante della vita sociale di un Paese che ha ancora nel primo suo articolo il lavoro».
Dalle tutele per chi è rischia di perdere il lavoro o è senza lavoro a quelle per le persone più fragili, tra cui anziani e famiglie povere: sono altre 4 milioni di prestazioni assistenziali e di invalidità civile. Secondo i dati Inps, nel primi sei mesi del 2024, 695mila nuclei familiari hanno beneficiato dell’Assegno di Inclusione, sostenendo 1,67 milioni di individui. Inoltre, l’Inps ha erogato l’Assegno Unico e Universale a 10 milioni di figli appartenenti a 6,2 milioni di nuclei familiari, contribuendo così a promuovere la genitorialità e a facilitare una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
A tal proposito, «le dinamiche demografiche del nostro Paese sono chiare, c’è un progressivo invecchiamento dovuto alla denatalità e una riduzione della popolazione. Gli anni che abbiamo davanti rappresentano una sfida senza precedenti perché mai in passato abbiamo dovuto misurarci con equilibri che vedono oggi sei anziani per ogni bimbo fino a cinque anni di età. La sfida si può vincere con l’inclusione, con più partecipazione e una maggiore permanenza nel mercato del lavoro» ha aggiunto Francesco Maria Chelli, presidente dell’Istat.
Per muoversi in questa direzione, secondo il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, sarebbe auspicabile «un’integrazione qualificata e governata» di manodopera straniera, «se manca manodopera qualificata dobbiamo andarla a intercettare e integrare nel tessuto produttivo in modo chiaro e regolare». Un tema, quello dell’immigrazione, seppur regolare, che è molto divisivo: «viviamo un’epoca caratterizzata da forti polarizzazioni, povertà e marcato individualismo, dove a pagare il prezzo più alto sono le componenti più fragili della società – dai giovani alle donne, dalle famiglie agli immigrati – ha sottolineato Elena Beccalli, Rettrice dell’Università Cattolica –. Queste nuove e crescenti forme di povertà chiedono di rivedere il modello di welfare state, non sufficiente da solo ad affrontare le nuove e molteplici disuguaglianze. Per questo appare necessario favorire forme di welfare society (o ‘’civile’’), all’interno del quale lo stesso terzo settore - agente fondamentale del rinnovato modello di welfare - subisce anch’esso una metamorfosi, passando dall’essere redistributivo a produttivo».
«Dobbiamo fare un grande sforzo e il presidente dell’Inps lo ribadisce con insistenza parlando di welfare generativo, un approccio che prevede il passaggio da un sistema focalizzato sulla mera gestione delle risorse pubbliche e sul pagamento delle pensioni a un sistema centrato sulla personalizzazione delle prestazioni dell’Istituto. Se non riaccendiamo e rendiamo efficace il dialogo intergenerazionale questo difficilmente può avvenire», ha concluso il cardinale Zuppi.