sabato 22 maggio 2021
Una nuova ricerca sulla concentrazione delle ricchezze. L'economista Morelli: riequilibrare la tassazione per ridurre il peso della lotteria sociale
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Qualcuno l’ha ribattezzata lotta di classe al contrario, quella dei ricchi contro i poveri. Una guerra mai espressamente dichiarata e magari in parte inconsapevole. Ma di sicuro vittoriosa. Almeno stando alla forza dei numeri. Come quelli che arrivano da una ricerca da poco pubblicata. Uno su tutti: nell’arco di tempo tra il 1995 e il 2016, la quota di ricchezza posseduta dal 50% meno benestante degli italiani adulti (circa 25 milioni di persone) è calata dal 11,7% al 3,5% del totale nazionale. Nel contempo i 50mila cittadini più facoltosi (lo 0,1% della popolazione) aumentavano la loro fetta di torta dal 5,5% al 9,3%. Un crollo nel primo caso, un boom nel secondo. La ricerca (' The concentration of personal wealth in Italy') si basa su una nuova fonte di dati, i registri delle imposte di successione, che permettono di osservare la consistenza e la distribuzione dei patrimoni partendo dall’osservazione dei trasferimenti di ricchezza alla morte. Ne abbiamo parlato con Salvatore Morelli, ricercatore alle università di Roma Tre e Federico II di Napoli, autore del paper insieme a Paolo Acciari e Facundo Alvaredo.

Dottor Morelli, il mainstream economico degli ultimi decenni assicurava che riducendo la spesa pubblica e spingendo la crescita nel settore privato, i benefici si sarebbero distribuiti a tutti. E invece…

Invece abbiamo assistito a una sorta di inversione delle fortune e dei destini, con un crollo della ricchezza media di quasi l’80% per la metà della popolazione che sta più in basso nella scala sociale.

In termini di ricchezza assoluta e non relativa come è andata la partita?

Il patrimonio netto, cioè tutti i beni patrimoniali e gli investimenti posseduti detratti i debiti, della metà meno fortunata è sceso da una media di 27mila a 7mila euro. Il 'Top 0,1%' ha raddoppiato il valore medio del suo portafoglio: da 7,6 a 15,8 milioni di euro.

E il resto della popolazione, quella benestante ma non ultra- ricca?

Se guardiamo al 10% più facoltoso ha aumentato la sua quota dal 45 al 55% del totale della ricchezza. Mentre la classe medioalta, il 'Mid 40%' (chi sta tra il 50 e il 90% nella scala della ricchezza, ndr), ha subito variazioni meno visibili mantenendo oltre il 40% del patrimonio privato nazionale.

Come si pone l’Italia nel confronto internazionale?

Il livello attuale di concentrazione della ricchezza è in linea con altri Paesi europei come Germania, Francia e Spagna. Ma l’evoluzione nel tempo ci vede più simili agli Stati Uniti. Il declino della ricchezza della metà inferiore della popolazione è infatti il più accentuato tra questi Paesi.

Ma a differenza degli Usa che hanno comunque un’economia molto dinamica, da noi l’acuirsi delle disuguaglianze è andato di pari passo con una crescita zero o quasi...

Questo è un punto fondamentale perché se c’è una crescita sostenuta e più omogenea e diffusa anche una maggiore concentrazione delle ricchezze non determina un peggioramento assoluto delle condizioni di chi sta in basso. In Italia non è stato così. Almeno metà della popolazione ha perso terreno. E negli anni dopo la crisi del 2008 l’insieme dei patrimoni medi nazionali ha subito una flessione di circa il 15%. Solo la Spagna ha avuto una caduta analoga.

Come spiega questa dinamica così divaricata delle ricchezze in Italia?

L’accumulazione di ricchezza dipende innanzitutto da tre fattori: i risparmi derivanti dal reddito; i trasferimenti di beni come eredità e donazioni; e un terzo fattore più passivo come l’andamento dei mercati finanziario e immobiliare. Ebbene, la quota di risparmio in Italia è sceso dal picco del 16% nel 1995 al 3,2% del 2016, segno di una diminuzione delle disponibilità derivanti dal reddito da lavoro. Il peso dei trasferimenti ereditari sul reddito disponibile è invece raddoppiato dal 9,6 al 18,5% mentre la tassazione di questi trasferimenti si è fatta sempre più timida e meno progressiva: il gettito è sceso dallo 0,14% allo 0,06% delle entrate fiscali. Va poi tenuto conto che la composizione dei patrimoni non è uniforme: nel portafoglio dei più ricchi prevalgono gli investimenti finanziari e la proprietà di impresa, quelli medi e medio-alti sono incentrati sulla proprietà immobiliare, quelli minori sui conti correnti e i debiti. Questo comporta dinamiche diverse nel tempo, dove i capital gains giocano un ruolo importante.

Da dove può passare un riequilibrio? In questi giorni si parla di aumento delle tasse di successione.

Una migliore tassazione, come anche l’Ocse suggerisce, consentirebbe di ridurre il peso della lotteria sociale e avvicinarsi all’uguaglianza delle opportunità dei cittadini, limitando la cristallizzazione dinastica delle ricchezze. La concentrazione dei patrimoni contribuisce a ridurre la mobilità sociale e può essere alimentata dalle dinamiche dei trasferimenti ereditari in un circolo vizioso. L’altro aspetto è il rafforzamento del risparmio per il quale occorre una crescita dei redditi attraverso una maggiore produttività del lavoro, l’aumento dei lavori di qualità, la stabilità delle carriere. Inoltre va tenuto sotto controllo il costo dei servizi bancari e finanziari che influenza il rendimento dei risparmi.

La crisi del Covid aumenterà ulteriormente le disparità sociali ed economiche?

Dalle prime evidenze sembra proprio di sì. Molte persone che già avevano una posizione economica non benestante hanno perso il lavoro o lo hanno ridotto. Mentre c’è stato un balzo dei grandi patrimoni. La ridistribuzione della ricchezza dovuta alla recessione però si potrà misurare pienamente solo quando, dopo la fase dei sostegni, torneremo alla normalità e si vedranno gli effetti sul tessuto delle imprese. Ma determinante sarà anche il modo nel quale gestiremo il riassorbimento del debito pubblico creato dalla crisi. Per i patrimoni degli italiani non sarà indifferente se ne usciremo attraverso l’inflazione, gli interventi fiscali o la leva della spesa pubblica.

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