mercoledì 18 novembre 2020
Boris Johnson anticipa la transizione verso l'elettrico di 5 anni: un piano articolato e ambizioso, forse troppo. Ecco perchè.
Inghilterra, stop alla vendita di auto diesel e benzina dal 2030
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Targhe verdi per identificarle immediatamente anche sotto l’aspetto visivo. E un regolamento che impone in maniera inderogabile la presenza di una colonnina di ricarica per ogni complesso abitativo nuovo costruito. Sono i primi due provvedimenti che accompagnano la transizione della Gran Bretagna verso una mobilità completamente elettrificata che ha appena ricevuto una forte accelerazione nei tempi. L’Inghilterra infatti si affianca a Olanda e Danimarca, che l’hanno già fatto, annunciando già per il 2030 - contro l'obiettivo del 2035 fissato finora - il divieto di vendita di automobili nuove a benzina e diesel.

La decisone – erroneamente fraintesa da alcune fonti che parlano di stop alle auto “circolanti” e non solo alla produzione di nuove vetture, come invece è in realtà - è stata formalizzata dal governo del premier Boris Johnson nel quadro di un piano in 10 punti per "una rivoluzione industriale verde" nel Paese che sarà illustrato oggi in Parlamento. Piano che dovrebbe stimolare la creazione nei prossimi anni di 250.000 posti di lavoro e che conferma l'impegno verso il traguardo delle “zero emissioni” nel Regno Unito entro il 2050. Attualmente l’Inghilterra ha un parco auto non tra i primi in Europa (526 vetture ogni 1.000 abitanti) ma il 74% delle vetture vendute nel 2020 sono a carburante tradizionale (diesel e benzina) e il 91% del trasporto merci viaggia su gomma, con mezzi quindi quasi completamente alimentati con motore termico.

Il nuovo piano, anticipato da Downing Street insieme con il testo dello statement di presentazione di Johnson, indica come previsto che i veicoli ibridi potranno continuare invece a essere venduti nel Regno fino al 2035. Un'eccezione che non basta peraltro a placare le contestazioni già fatte trapelare sui media in questi giorni da diversi produttori e dall'associazione britannica di categoria di industriali e commercianti del settore automobilistico. L'obiettivo del governo - conferma comunque il premier - resta quello di rendere decisamente più spedita rispetto agli impegni presi finora e anche ai programmi degli altri maggiori Paesi occidentali la transizione verso un parco nazionale di veicoli totalmente elettrici.

Fra i punti della sua promessa rivoluzione verso una nuova "green economy", Boris Johnson mette sul piatto investimenti per 1,3 miliardi di sterline nel prossimo decennio per finanziare l'installazione di postazioni diffuse per il caricamento delle batterie delle auto elettriche presso i caseggiati e lungo le strade; 582 milioni di prestiti a fondo perduto per l'acquisto nella fase intermedia di veicoli a bassa o nulla emissione; 500 milioni in stanziamenti per la riconversione di linee industriali soprattutto nelle fabbriche dell'auto e dell'indotto delle Midlands e del nord-est dell'Inghilterra domestici alimentati da energia eolica in ogni casa di qui a 10 anni.

Un piano sicuramente molto ambizioso, e secondo alcuni analisti pure troppo. Solo pochi mesi fa infatti un rapporto dello stesso governo conservatore inglese segnalava che la rete elettrica del Regno Unito ha bisogno di investimenti urgenti per prepararsi al futuro della mobilità o rischia un pericoloso blackout. La Electric Vehicles Energy Task Force, istituita dall’esecutivo di Londra, sollecitava un approccio di "ricarica intelligente", coordinando lo sfruttamento di tempi di bassa richiesta, insieme a una rete elettrica in grado di adattarsi ai cambiamenti nell'uso dell'elettricità. E concludeva che “senza interventi sul sistema di stoccaggio dell’energia per supportare la rete, ogni prospettiva di sovraccarico risulterebbe al momento molto problematica”.

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