martedì 13 ottobre 2020
Dall’analisi delle interviste emerge che sono più le donne a sentirsi spesso emarginate (39% contro il 33% degli uomini)
Le lavoratrici italiane si sentono più discriminate rispetto ai colleghi

Le lavoratrici italiane si sentono più discriminate rispetto ai colleghi - Archivio

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A fronte di un 67% di italiani che non si sente discriminato sul posto di lavoro, il 33% dei lavoratori intervistati ha risposto invece di sentirsi discriminato per motivi diversi. I numeri emergono dall’indagine The workforce view 2020 - Volume Uno realizzata da Adp, multinazionale attiva nell’ambito della gestione delle risorse umane, che ha intervistato circa 32.500 lavoratori in tutto il mondo, 2mila in Italia, esplorando le opinioni dei dipendenti riguardo alle problematiche attuali sul posto di lavoro e il futuro che si aspettano.

Dall’analisi delle interviste emerge che sono più le donne a sentirsi spesso emarginate (39% contro il 33% degli uomini), ovviamente per motivi di gender (17% contro 3,7% degli uomini), per la gestione figli (7% vs 1% degli uomini) ma anche per l’aspetto fisico (6% vs 3%). Se invece analizziamo il campione dal punto di vista dell’età, con il 45% che dichiara di essersi sentito discriminato, è la fascia 18-24 quella che sembra subire di più, ovviamente la prima causa è in questo caso la giovane età (un problema per il 20% degli intervistati tra i 18 e 24).

«Nonostante vengano varate misure, leggi e regolamenti atti a contrastare la discriminazione e sostenere l'importanza della diversità sul lavoro – spiega Marisa Campagnoli, Hr Director di Adp Italia - il problema persiste per il 33% dei lavoratori, soprattutto per motivi di età e genere. Confortante invece non vi siano alte percentuali per quel che concerne le discriminazioni per motivi di razza, religione o sessualità. È possibile eliminare la discriminazione sul lavoro creando un ambiente in grado di risolvere i problemi dei dipendenti in modo efficace e proattivo, consentendo di esprimere liberamente le proprie idee. Tuttavia, ciò avviene molto di rado. L'assenza di un protocollo o processo in gran parte delle organizzazioni impedisce la creazione di una cultura di apertura: oltre metà (67%) degli intervistati non saprebbe a chi rivolgersi in caso di problemi e il 15% dichiara come la propria azienda sia priva di buone pratiche Hr in materia di prevenzione della discriminazione. Il 42% degli italiani dichiara però che sarebbe propenso a denunciare un caso di discriminazione in azienda (subito personalmente o da altri)».

Il divario salariale ha portato alcuni Paesi, come Francia e Regno Unito, a introdurre la segnalazione del divario di retribuzione tra uomini e donne, nel tentativo di colmare questo inaccettabile divario salariale. Per esempio, la legislazione francese richiede alle aziende con più di 50 dipendenti di effettuare un’analisi dei divari di retribuzione tra uomini e donne, mentre il Regno Unito ha recentemente seguito l’esempio introducendo obblighi di segnalazione per i datori di lavoro con più di 250 dipendenti. È stato quindi chiesto ai dipendenti italiani se ritengono necessario segnalare le differenze di retribuzione tra i sessi nelle loro organizzazioni. Ha risposto si il 44% (41% degli uomini e 46% delle donne) mentre per il 56% non è necessario (58% uomini contro il 53% delle donne).

«Per quanto concerne la situazione globale, la discriminazione percepita è un problema molto grave nella regione Apac, in cui gran parte del personale ritiene di aver subito questi trattamenti da parte del datore di lavoro (39%), un problema sentito anche in America Latina (34%). In Europa si registra un'incidenza leggermente inferiore della discriminazione percepita (32%), mentre in Nord America è presente un miglioramento dei dati (25%), anche se sembra ancora impossibile eliminare questo problema», conclude Campagnoli.

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