mercoledì 12 luglio 2017
Crescono anche in Italia le piattaforme di "crowdinvesting"
Le imprese si finanziano online
COMMENTA E CONDIVIDI

In senso assoluto i numeri sono piccoli, ma i tassi di crescita quasi sbalorditivi dell’ultimo anno autorizzano a dire che è nato in Italia un nuovo modo di investire: il crowdinvesting. Sottoinsieme del crowdfunding, il crowdinvesting (dall’inglese "crowd", cioè folla, e "investing", cioè investire) indica una raccolta di risorse finanziarie in cambio della quale viene prospettata all’investitore, individuale o istituzionale, una remunerazione del capitale. Il tutto, ed è l’elemento caratterizzante, attraverso una piattaforma Internet abilitante (portale web), che mette in contatto investitori e imprese e finalizza l’investimento. A fare il punto su quanto sia sviluppato oggi in Italia questo modo d’investire è stato l’Osservatorio Crowdinvesting della School of Management del Politecnico di Milano, che ieri ha presentato i numeri del secondo "Rapporto italiano sul Crowdinvesting".


E si tratta di numeri che attirano l’attenzione, perché il crowdinvesting, fino al 2012 quasi inesistente da noi, in soli dodici mesi ha segnato una crescita del 273%, arrivando a valere quasi 190 milioni di euro. «Il mercato ha cambiato marcia – ha affermato il professor Giancarlo Giudici, direttore dell’Osservatorio – e prevediamo che continuerà a crescere a ritmi sostenuti anche nei prossimi dodici mesi».Tre i comparti in cui si suddivide il crowdinvesting. C’è l’equity crowdfunding, cioè la sottoscrizione via web di quote di capitale di un’impresa, che vede 19 piattaforme attive e per il quale l’ultima legge di Stabilità ha previsto una novità decisiva, allargando la platea delle imprese investibili dalle start up e Pmi innovative a tutte le Pmi: in un anno sono più che raddoppiate le campagne di raccolta (da 48 a 109), con tasso di successo in aumento, e sono stati investiti quasi 7 milioni di euro, cioè oltre la metà dell’ammontare complessivo del mercato (12,4 milioni di euro). A investire sono più gli uomini che le donne, e le imprese che raccolgono sono attive soprattutto nelle piattaforme social/sharing, nell’Ict e nei servizi professionali.Poi c’è il social lending (prestiti a persone fisiche o imprese), con piattaforme salite da quattro a 9 (due arrivate dalla Francia) e un ammontare di risorse raccolte di oltre 88 milioni di euro (15 milioni alle imprese).


Infine l’invoice trading (cessione fatture), dove si è passati da una a cinque piattaforme, da 220 a più di 2mila fatture cedute e il totale cumulato delle risorse raccolte si è moltiplicato per otto (a 88,5 milioni di euro).Le imprese apprezzano specialmente la rapidità di risposta delle piattaforme. Gli investitori «sono ancora quasi un’élite», ha sottolineato Giudici. Ma c’è un elemento molto interessante che li riguarda: al crowdinvesting si avvicina anche chi non è abituato a investire. «Noi gli spieghiamo che dietro una fattura ci sono storie e persone – ha detto Fabio Bolognini, Chief risk officer di Workinvoice, piattaforma leader nell’invoice trading – e gli investitori scoprono il gusto di investire in economia vera».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: