martedì 8 ottobre 2019
Se dovesse aumentare al 25,2% dal 22% attuale, nel 2020 l'impatto sulla spesa delle famiglie sarebbe di 834 euro annui e di 357 a persona. Spesa pubblica locale: sprechi per 66 miliardi
Sangalli: dubito effetti da rimodulazione dell'Iva
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«Dubito che la rimodulazione dell'Iva con finalità redistributive possa conseguire effetti significativi. Meglio, anche ai fini redistributivi, rimettere in moto la crescita. Io sto ai fondamentali. E i fondamentali sono che il governo ha detto che l'Iva non aumenterà e che i pagamenti elettronici saranno incentivati senza penalizzare l'uso del contante». Lo ha detto Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, a margine
della presentazione di un rapporto dell'associazione su tasse e spesa pubblica.

Se l'Iva dovesse aumentare al 25,2% dal 22% attuale, nel 2020 l'impatto sulla spesa delle famiglie sarebbe di 834 euro annui e di 357 a persona. È quanto stima Confcommercio nel corso della presentazione di un rapporto sulla spesa pubblica locale, secondo cui la mancata sterilizzazione delle clausole di salvaguardia
determinerebbe inoltre un Pil del 2020 negativo pari a -0,2%, quindi «con un'Italia in recessione». Se, invece, non ci sarà l'aumento dell'Iva, il Prodotto interno lordo il prossimo anno dovrebbe crescere dello 0,3%. Ma, fa notare Mariano Bella, direttore dell'Ufficio Studi di Confcommercio, «i 23,1 miliardi di euro che costerebbe l'aumento dell'Iva sono calcolati in base ai consumi attuali. Ma probabilmente, un aumento dell'imposta determinerebbe un calo dei consumi delle famiglie, quindi non si arriverebbe alla cifra necessaria, con la necessità di reperire ulteriori risorse nel 2021».

«La riduzione dei consumi in agosto è il coerente riflesso di una situazione di stallo dell'economia anche nel terzo trimestre. Le famiglie risparmiano gli eventuali modesti aumenti di reddito piuttosto che spenderli - commenta l'Ufficio studi di Confcommercio sui dati Istat di oggi -. Sul fronte della distribuzione, i miglioramenti di fatturato che si rilevano in alcuni segmenti - discount, esercizi specializzati e commercio elettronico - rappresentano al contempo elementi di vitalità e di grave squilibrio di un mercato le cui dimensioni si riducono con vantaggi solo per pochi a scapito di una forte crisi per altri».

In merito alla spesa pubblica locale, le Regioni a statuto speciale spendono in media per abitante il 37% in più delle Regioni a statuto ordinario. Fra queste, le Regioni piccole spendono mediamente il 17% in più delle regioni grandi. È quanto emerge dall'analisi redatta dall'ufficio studi di Confcommercio presentata oggi. L'analisi - basata sugli ultimi dati disponibili del 2016 - mette in relazione la qualità dei servizi offerti ai cittadini con i costi. Emerge che l'Italia delle regioni ideale avrebbe i servizi del Trentino Alto Adige ai prezzi della Lombardia che per i suoi servizi spende 2,528 miliardi l'anno. Dall'analisi emerge anche che, per avere l'attuale livello dei servizi al livello dei prezzi della Lombardia, la spesa pubblica sarebbe di soli 107,9 miliardi di euro invece degli effettivi 173,9 miliardi. Insomma l'attuale sistema di spesa locale potrebbe con maggiori efficienze risparmiare 66 miliardi di euro. A fronte dei quali 5,2 miliardi sarebbero di sprechi netti.




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