venerdì 13 ottobre 2017
Il diesel demonizzato, la benzina sotto accusa, l'elettrico ancora acerbo, i problemi del gas. La motorizzazione ibrida pare al momento l'opzione migliore. Ecco pregi e difetti di tutte
Auto nuova, quale alimentazione scegliere?
COMMENTA E CONDIVIDI

Benzina o diesel? Ibrido o elettrico. Oppure a gas? Se una volta il dilemma relativo all’automobile da acquistare riguardava soprattutto marca e modello, o al massimo se preferirla nuova o usata, oggi la domanda è completamente diversa. Mentre tutto rema contro e impera una sempre più asfissiante campagna dissuasoria nei confronti delle quattro ruote, il dubbio che assale l’incerto e temerario potenziale acquirente è essenzialmente uno: quale alimentazione scelgo?

Il futuro con la spina

L’incertezza è un segno dei tempi e delle necessità economiche, ma anche un riflesso dell’aria (inquinata) che condiziona le coscienze dei singoli e le scelte – spesso demagogiche – della politica, sempre più propensa a combattere l’uso dei carburanti tradizionali al punto da demonizzarli (per molti versi a ragione e per altri anche a torto) senza però favorire scenari alternativi praticabili, soprattutto a breve termine, oltre a indicare un generico, e ancora fumosissimo, futuro elettrico. Chi ha tra le sue perplessità anche quella del portafoglio comunque si metta il cuore in pace. E se sta pensando a cambiare la propria vecchia auto per una nuova, sappia che il nostro governo non ha intenzione di concedere incentivi all’acquisto di auto in generale, nemmeno se elettriche. Lo ha detto a chiare lettere pochi giorni fa il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio: «Per ora non abbiamo scelto la strada degli incentivi. Il mercato dell’auto sta andando molto bene. E’ un mercato che è cresciuto, l’industria automobilistica è cresciuta...».

Boom di immatricolazioni, ma è tutto vero?

Il fatto che i dati sulle immatricolazioni ormai da mesi sono drogati dalle vetture a km zero e spinti dal noleggio e non dalla vendita alle famiglie, cioé ai privati, per Palazzo Chigi dev’essere un dettaglio. Per ora il governo dice di non aver scelto la strada degli incentivi, ma quella “di favorire altri tipi di mobilità, quella pubblica con autobus e treni per i pendolari”. L’investimento sul piano nazionale per le autovetture riguarderà invece le reti di ricarica elettrica. Volontà benemerita e doverosa, visto che esistono da tempo fondi europei inutilizzati per questo. Ma come non hanno senso le auto elettriche senza colonnine per ricaricarle, anche le colonnine che arriveranno avranno bisogno di gente disposta ad acquistare vetture a batteria: un’equazione che purtroppo per ora non sta dando risultati confortanti.

Quello che preme ai nostri amministratori invece è demonizzare diesel e benzina: dopo Francia e Regno Unito, anche le nostre Commissione Ambiente e Commissione Lavori pubblici del Senato hanno approvato senza voti contrari prima dell’estate una risoluzione che impegna il governo “a valutare il divieto di commercializzare moto e autoveicoli a combustibili fossili già dal 2040”. È vero che 23 anni per dire addio ai motori tradizionali sembrano nient’altro che uno spot elettorale, ma il nostro incerto e temerario potenziale acquirente di certo ora è ancora più incerto e sempre meno propenso ad essere temerario. Quindi che auto deve acquistare? Proviamo a ragiornarci sopra.

Diesel: resto tradizionalista, e rischio

Il “nostro” percorre più di 25-30 mila chilometri l’anno, non si fida molto delle novità, e con il gasolio ormai si da del tu da anni. In più sa che l’Euro 6 – già obbligatorio per tutte le nuove immatricolazioni – è un motore agile, mediamente molto più silenzioso dei diesel del passato, e dai consumi contenuti. Scegliendolo ancora sarà guardato di sbieco da ecologisti e modernisti che non gli perdoneranno gli ossidi di azoto e le polveri sottili prodotte dalla sua vettura, ma potrà consolarsi rispondendo che con le basse emissioni di CO2 del gasolio lui almeno contribuisce quasi nulla al buco nell’ozono. Il problema di quale modello scegliere per ora non si pone, almeno sulle vetture di media e grande cilindrata che i costruttori continuano a produrre nonostante i costi sempre meno accettabili che questa alimentazione comporta per rimanere nei limiti di emissioni di legge. In fondo il mercato del diesel è in calo progressivo ma il 49% dagli italiani continuano a preferirlo. Sulle “piccole” il discorso cambia. Per molte city car l’opzione a gasolio non è già più prevista. Ma il rischio maggiore è un altro: tra pochissimi anni, il “nostro” potrebbe non poter circolare più in parecchie città. E se volesse rivendere l’auto il suo valore di mercato sarebbe molto basso perché nel frattempo nessuno vorrà più un’auto diesel.

Benzina. Viaggio poco, resto sulla “verde”


Chi possiede già una vettura a benzina, sa bene che la “verde” è il carburante più adatto alle brevi percorrenze e alla guida in città. Il “nostro” potrebbe continuare a preferirla, magari scegliendola abbinata a un motore con pochi cavalli se usa l’automobile soprattutto in zone trafficate. Anche la cilindrata ha la sua importanza: ormai il 3 cilindri 1.0 litri che molti modelli adottano nelle versioni meno potenti in gamma è diventato un propulsore affidabile, risparmioso e alla fine anche discretamente brillante. È vero che a parità di cilindrata, un motore a benzina tende a consumare più di uno a gasolio (anche a parità di gestione della guida da parte del guidatore), ma in cambio è in grado di generare più potenza, anche se ultimamente il divario si è assottigliato molto. Anche qui il rischio è lo stesso del diesel: la demonizzazione in atto aumenterà con il tempo i divieti di circolazione riservati anche a chi guida a benzina, ma è presumibile che i tempi non saranno gli stessi.


Ibrida. Guido avanti, ma con cautela

Benzina+batteria. La classica via di mezzo. Politicamente corretta, ecologicamente furba – nel senso che è a zero emissioni solo quando funziona in elettrico – e al riparo (per ora) dagli strali di chi pensa di poter eliminare le auto. La scelta ibrida, come tutti i compromessi più o meno virtuosi, è in questo momento quella più intelligente. Qui c’è poi una scelta nella scelta. Perchè l’offerta nel comparto è variegata. Esistono le micro-ibride, che non hanno un vero motore elettrico ma solo dei sistemi di parziale assistenza all’unità termica. Il funzionamento dell’alternatore e del motorino di avviamento evoluto consente di attivare lo Start/Stop e sfruttare la frenata rigenerativa per alimentare i sistemi elettrici di bordo. Poi ci sono le “ibride leggere” (mild-hybrid): qui il motore elettrico può esclusivamente fornire assistenza al motore termico, ma non è in grado di muovere l’auto da solo. Le ibride “complete” sono invece quelle in cui il motore elettrico può autonomamente spingere il veicolo. E anche qui non ci facciamo mancare nulla, perchè ne esistono due tipi. Le “full hybrid” ricorrono alla ricarica delle batterie tramite recupero dell’energia cinetica in frenata e decelerazione, oppure attraverso il motore termico che diventa generatore di corrente per il pacco batterie. Le ibride “plug-in” invece si possono ricaricare anche dalla presa di corrente - con la rete domestica o pubblica -, hanno solitamente batterie di maggior capacità e consentono di viaggiare più a lungo in modalità elettrica pura. Perchè comprarle? Per ragioni “ecologiche” ma solo e se si guida in città senza strappi, con piede felpato e a velocità controllatissima. Diversamente pensare di viaggiare in elettrico è una barzelletta: si va quasi sempre a benzina. Restano comunque i vantaggi fiscali: le ibride in molte zone d’Italia hanno l’esenzione totale del bollo auto per un numero di annualità che varia da regione a regione. E in altre hanno diritto di sosta gratuita e libero accesso nelle zone a traffico limitato o in quelle a pagamento.

Elettrica. Un sogno, ma manca ancora un po’

Ideale per fare il classico casa-lavoro, ecologica e totalmente silenziosa, divertente da guidare, insospettabilmente reattiva. Le case costruttrici stanno provando a illuderci, assicurando che entro due-tre anni viaggeremo tutti in elettrico, in un mondo perfetto tipo Mulino Bianco, con le colonnine di ricarica che spuntano ovunque sull’aia. La realtà è che oggi, tra una ricarica e l’altra, per fare un viaggio al mare con la famiglia e ritorno, il “nostro” impiegherebbe lo stesso tempo necessario andandoci su una carrozza trainata da un cavallo. Alcuni Paesi sono anni luce avanti, la tecnologia avanza e sta eliminando i problemi di autonomia, più di un modello assicura già percorrenze (teoriche) di 400 km con un pieno. Ma se nei primi 6 mesi di quest’anno sono state elettriche solo lo 0,1% delle auto vendute, una ragione ci sarà. Le batterie costano ancora troppo e fanno lievitare il prezzo della vettura. E in più manca la necessaria spinta a convincere chi vorrebbe farsi tentare. La Provincia autonoma di Bolzano ha appena concesso 4mila euro di sconto a chi compra un’auto elettrica e 2mila euro a chi sceglie un’ibrida plug-in. L’incentivo però resta confinato in Alto Adige. Altrove soprattutto è una scelta coraggiosa, l’elettrica è ancora al massimo la seconda auto di famiglia, limitata a chi possiede un box dove poterla ricaricare di notte. Un privilegio, più che un diritto.

Metano e GPL: mi attacco alla canna del gas

In calo nelle preferenze degli italiani, dopo il boom di quando era incentivata, l’alimentazione a gas è scelta attualmente dal 7,8% di chi acquista un’auto nuova con una netta prevalenza del GPL sul metano. Buona scelta per chi percorre molta strada, non ha fretta e ha necessità di limitare al minimo le spese per i consumi. Nei primi mesi del 2017 le immatricolazioni di auto bifuel a gas sono cresciute grazie anche ai venti contrari che soffiano sulle auto diesel e i blocchi del traffico per le Euro 5 a gasolio e nuovi modelli sono arrivati sul mercato. Riassumendo: GPL e Metano sono convenienti se si percorrono almeno 20mila km l’anno. Se l’auto nasce a gas (e non è quindi frutto di una trasformazione successiva) andrà considerato che una vettura a GPL costa mediamente più dell’omologa a benzina e meno della sorellina a gasolio (mentre una metano costa più di entrambe), e che va tenuto conto di ingombri interni ridorri per far spazio alle bombole, e prestazioni molto meno brillanti, soprattutto nel caso del metano. Anche la manutenzione è più complicata (tagliandi più frequenti, revisione delle bombole ogni 4 o 5 anni e sostituzione delle stesse nel caso del GPL dopo 10 anni). Infine il rifornimento: il GPL ormai si trova quasi ovunque, il metano no. Insomma, un percorso con molti vantaggi e molti ostacoli.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: