venerdì 5 aprile 2019
Rimane l’età il primo motivo di discriminazione in Italia, lo pensa l’8% del campione intervistato (donne 8,4%, uomini 7,6%)
Il 7% delle donne si sente discriminato per l'aspetto fisico
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La nuova ricerca di Adp - multinazionale leader nell’Human Capital Management - Workforce view in Europe 2019 ha preso in considerazione oltre 10mila dipendenti in Francia, Germania, Italia (1.400), Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Regno Unito, approfondendo le modalità con cui essi si occupano delle problematiche attuali del lavoro e del futuro del lavoro. Una prima analisi è stata fatta sul divario di genere e le discriminazioni in generale.

La disparità salariale è stata al centro dell'attenzione negli ultimi anni e rimane un problema serio in tutto il continente, con le donne che vengono pagate in media il 16% in meno degli uomini. Questo ha portato alcuni Paesi (Francia e Regno Unito al momento) a introdurre la segnalazione del divario di retribuzione tra uomini e donne, nel tentativo di colmare questo inaccettabile divario nelle retribuzioni. Per esempio, la legislazione francese introdotta nel 2010 richiede alle aziende con più di 50 dipendenti di effettuare un’analisi dei divari di retribuzione tra uomini e donne, mentre il Regno Unito ha recentemente seguito l’esempio introducendo obblighi di segnalazione per i datori di lavoro con più di 250 dipendenti. Ma i dipendenti italiani sentono davvero il bisogno di segnalare le differenze di retribuzione tra i sessi nelle loro organizzazioni?

I lavoratori italiani hanno dichiarato che sarebbero propensi a cercare un altro lavoro se scoprissero che c'è un divario salariale ingiusto nella propria azienda (73%). L’85% delle donne intervistate ha affermato che se scoprisse di subire questo tipo di discriminazione, cercherebbe immediatamente un altro posto di lavoro.

Solo il 30% degli italiani ha però dichiarato che vorrebbe anche nel nostro Paese una norma precisa come quella già presente in Francia e Regno Unito, il 52% degli intervistati non ha una posizione in merito, mentre il 17% pensa che forse potrebbe essere d’aiuto, ma non ne è sicuro. Solo 1 donna su 3 (33%) dichiara di volere una legge che consenta all’interno della propria azienda la denuncia di disparità salariale, il 48% non sa prendere posizione, un numero che fa riflettere. Il 19% delle donne è convinta che forse potrebbe essere d’aiuto, ma ne dubita.

Delle quattro generazioni che lavorano, i risultati mostrano che i Millennial si oppongono maggiormente al divario retributivo di genere: poco meno della metà (40%) dei lavoratori tra i 16 e i 34 anni ritiene che la segnalazione del divario retributivo di genere sia necessaria nella propria organizzazione, contro il 24% degli over 55.

Virginia Magliulo, general manager di Adp Italia, ha commentato: «Nonostante le diffuse richieste di cambiamento, il divario retributivo di genere appare profondamente radicato nei luoghi di lavoro europei, con troppe donne ancora pagate meno delle loro controparti maschili. Una nuova regolamentazione potrebbe essere l'unico modo per cambiare gli equilibri, i nostri risultati mostrano che sono sempre più i dipendenti che vorrebbero che le organizzazioni siano ritenute responsabili. Se nulla cambierà, i dipendenti sono sempre più disposti a esprimere il loro dissenso, rischiando gravi problemi di rendimento e reputazione per le organizzazioni interessate».

Rimane l’età il primo motivo di discriminazione in Italia, lo pensa l’8% del campione intervistato (donne 8,4%, uomini 7,6%). Lo dichiara il 13% dei lavoratori giovanissimi (16-24) ma anche il 10,7% nella fascia 25-34. L’età migliore sembra essere 35-44 dove solo il 6% si sente discriminato.

«O perché si è troppo giovani, e quindi senza esperienza, o perché si è troppo vecchi e quindi poco performanti: l’età continua a essere il maggior motivo di discriminazione in Italia. – afferma Magliulo – Spesso il problema età è più legato al mondo femminile, in quanto le donne tra i 30 e i 40 anni vengono viste come le più propense “a metter su famiglia”, e i datori di lavoro vedono la maternità quasi come un problema. Purtroppo il Paese non è ancora uscito da questi luoghi comuni, ma le numerose battaglie che si stanno combattendo in tutto il mondo per la parità e i diritti dell’uomo e delle donne, arriveranno presto a migliorare e modificare anche il modo di lavorare in Italia».

Segue il gender gap per il 10,4% delle donne contro il 4% degli uomini e l’aspetto fisico, un argomento spinoso sul quale ancora una volta sono le donne a sentirsi maggiormente vulnerabili. Il 7% delle donne che si sentono discriminate attribuiscono il motivo a un aspetto fisico giudicato “non abbastanza”, un problema che colpisce solo il 4% degli uomini. Si sente discriminato per il proprio orientamento sessuale solo il 4,6% degli intervistati, anche in questo caso sono più le donne (6%), degli uomini (3%). Rassicuranti le percentuali che riguardano religione e nazionalità: si tratta infatti di numeri molto bassi rispettivamente dell’1,4% e del 3%.

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