
Il presidente e Ceo di Nippon Steel, Eiji Hashimoto, durante la conferenza stampa a Tokyo - ANSA
Alla fine il matrimonio si è fatto. O meglio: l’acquisizione. Dopo una “saga” durata 18 mesi – scandita prima dallo stop deciso dall’ex presidente Usa Joe Biden, poi dalle “invettive” e dalle promesse del suo successore Donald Trump – l’operazione è (finalmente) andata in porto. Nippon Steel ha finalizzato l'accordo per l'acquisizione del 100% di U.S. Steel, l'iconica azienda siderurgica, un tempo fiore all’occhiello della potenza industriale americana, la prima azienda al mondo a raggiungere un valore di un miliardo di dollari, subito dopo la sua creazione, nel 1901. Come riportato dalla Cnn, Nippon acquisterà U.S. Steel per 55 dollari ad azione, ovvero 14,1 miliardi di dollari. L'azienda manterrà anche il suo nome e la sede centrale di Pittsburgh, in Pennsylvania.
"Ci siamo assicurati la flessibilità gestionale e la redditività necessarie per gli investimenti aziendali e riconosciamo questo accordo come pienamente soddisfacente per la nostra azienda", ha dichiarato il presidente e ceo di Nippon Steel, Eiji Hashimoto, in una conferenza stampa a Tokyo.

Il presidente Usa Donald Trump a West Mifflin, in Pennsylvania - REUTERS
Si tratta della conclusione di una (lunga) trattativa che ha spesso sconfinato nel campo politico. E che si è caricata di importanti risonanze simboliche. Joe Biden, nelle sue ultime settimane di mandato, aveva bloccato l’accordo, adducendo motivi di sicurezza nazionale. In campagna elettorale, il suo rivale Donald Trump – in nome dell’America first - aveva cavalcata la tigre, giurando che avrebbe difeso l’americanità della siderurgia. Poi, invece, è arrivato il cambio di direzione. Trump ha annullato l'ordinanza emessa a gennaio dal suo predecessore. Il via libera del presidente Usa è avvenuto a condizione che venisse firmato un accordo di sicurezza nazionale tra Nippon Steel e il governo degli Stati Uniti. In base all'accordo, il governo statunitense detiene una "golden share" nell'azienda siderurgica, che gli conferisce potere di veto su diverse decisioni aziendali e un certo controllo sul consiglio di amministrazione.
Come riporta il Japan Times, la golden share, non trasferibile e non associata a dividendi, garantisce al governo degli Stati Uniti il diritto di nominare e rimuovere un amministratore indipendente dal consiglio di amministrazione di U.S. Steel. Impedisce inoltre che diverse decisioni aziendali vengano prese senza l'approvazione del presidente. Tra queste: cambiare il nome e la sede dell'azienda; trasferire posti di lavoro o la produzione al di fuori degli Stati Uniti; chiudere o sospendere gli impianti in assenza di problemi di sicurezza o ammodernamenti; e ridurre o ritardare gli investimenti promessi da Nippon Steel.
"L'accordo è migliorato sempre di più per i lavoratori", ha detto Trump. "Lo vigilerò. Sarà fantastico", ha garantito. Il sindacato United Steelworkers non ha invece gradito l’accordo. "Forse lo storico logo "USS" rimarrà ma, a quanto pare, non sarà altro che una cortina fumogena per permettere a una filiale interamente privata di una società giapponese di essere definita americana".
Grazia alla fusione, nasce il secondo produttore di acciaio al mondo, con una capacità produttiva di acciaio grezzo di 86 milioni di tonnellate all'anno. Al primo posto “regna” il China Baown Group, con una produzione di 103,77 milioni di tonnellate. La battaglia per il futuro dell’acciaio è iniziata.