Le kei-car giapponesi, «vera rivoluzione per la mobilità del futuro»

Il presidente di Suzuki Italia, Massimo Nalli: «Piccole, economiche, leggere: ecco perché potrebbero salvare il mercato dell'auto in Europa»
October 27, 2025
Le kei-car giapponesi, «vera rivoluzione per la mobilità del futuro»
La Vision e-Sky di Suzuki
Automobili piccole, poco inquinanti, economiche, maneggevoli e a misura di città, non necessariamente elettriche. La Commissione Europea ha iniziato a parlarne da qualche mese, su impulso dell’allora presidente di Renault, Luca De Meo, inventando una categoria di vetture che ancora non esiste (le cosiddette E-Car), e ipotizzando nuove regolamentazioni e incentivi per uscire dal vicolo cieco nel quale si è cacciata quando ha deciso di buttarsi sul 100% elettrico a partire dal 2035. Il modello è quello delle kei car giapponesi, una tipologia di vetture che Massimo Nalli, da presidente e amministratore delegato di Suzuki Italia, conosce molto bene: «Sono quelle la vera svolta per una mobilità più intelligente e sostenibile. Le auto come sono concepite ora consumano carburante ma anche tante risorse: più sono grandi e più consumano, occupando anche anche tanto spazio. A seconda dei metodi di conteggio, in Italia abbiamo tra le 600 e le 700 vetture ogni mille abitanti, un record europeo, e viviamo tutti in coda al volante di macchine da 1200 kg minimo di peso e mediamente più lunghe di 4 metri: se guidassimo auto più piccole molte cose cambierebbero in meglio», spiega Nalli ai margini della presentazione della nuova Capsule Collection nata per celebrare la storia di Suzuki, una linea di abbigliamento in edizione limitata che il marchio nipponico presenterà al pubblico in occasione di Eicma alla Fiera di Milano Rho dal 6 al 9 novembre.
Quali sarebbero i vantaggi? Ed è un progetto praticabile considerando che per circolare da noi le kei-car necessiterebbero di adattamenti tecnici per adeguarsi alle regolamentazioni europee?
«Non sarebbe un problema. Suzuki con Daihatsu in Giappone è leder nella commercializzazione di queste vetture che devono rispettare una serie di norme, stabilite ormai quasi trent’anni fa: lunghezza massima di 3,40 metri, larghezza di 1,48 e altezza di 2 metri. I motori termici non possono superare la cilindrata di 660 centimetri cubi e la potenza non deve superare i 64 CV (valore che si applica anche alle elettriche). Le kei car hanno molte agevolazioni, ad iniziare dal prezzo accessibile. La tassa ambientale è ridotta, come quella di possesso. Senza contare il risparmio sull'assicurazione, quantificabile nel 16-17% l’anno. E, per finire, quello sul pedaggio, che per le kei car è pari all'80% di quello applicato alle altre auto. Vantaggi che hanno portato le «automobili leggere» in Giappone a oscillare attorno al 35-36% del mercato. E che saranno fondamentali per garantire un successo adeguato a un'eventuale E-Car europea».
Per ora invece si continua a insistere solo con l’elettrico, e a colpi di incentivi. I 595 milioni di fondi da distribuire dell’ultima campagna di bonus, partita la settimana scorsa, si sono esauriti in poche ore malgrado fossero destinati solo a potenziali clienti con determinati requisiti di reddito e residenza…
«Gli incentivi sono un errore concettuale. E strutturati come lo sono stati adesso sono anche assurdi perchè spingono le vendita di auto costose a automobilisti che, almeno in teoria, non hanno i soldi per pagarle. Serve un approccio ben diverso per spingere l'elettrico, che resta il futuro, ma non può essere la sola tecnologia ammissibile«.
Anche l’Europa ora sembra aver compreso che il Green Deal ha bisogno di tempi diversi per essere realizzabile, ma per il momento non ha modificato le norme che aveva fissato. Cosa succederà?
Le previsioni fatte 10 anni fa dalla Commisione sono state completamente smentite dalla realtà. Il futuro non lo conosce nessuno, ma il Green Deal è nato senza dialogo né contraddittorio per colpa anche del mondo dell’auto che aveva la coda di paglia per il dieselgate e non ha avuto la forza di opporsi. Così è nato un mostro, tutto orientato da una parte, senza studi di fattibilità, di costi e di impatto sociale. Mancando le premesse, ora la politica sta cercando una scusa per tornare parzialmente indietro. Sono in corso sondaggi per valutare altre forme di riduzione delle emissioni della Co2 senza arrivare allo stop totale per i nuovi motori termici dal 2035, e mi auguro che la revisione ci sia e sia pragmatica perché a quella data solo il 30% dei veicoli circolanti nella migliore delle ipotesi saranno 100% a batteria».
Lei sostiene che il miglioramento della qualità dell'aria si raggiunge con la guida autonoma più che con le auto elettriche. Ci spiega questo concetto?
»Quando tutti i veicoli comunicheranno tra di loro avremo una condizione, almeno virtuale, di «zero incidenti» e pertanto potremmo produrre macchine leggerissime rinunciando a gran parte dell’acciaio che serve a costruirle. La tecnologia non è lontana da questo traguardo, ed è evidente che auto così strutturate consumerebbero molto meno, riducendo anche le emissioni. Quella sarà la vera svolta, portata dalla tecnologia e non dalle norme imposte dall’alto«.
Obiezione: ci vorrà tempo per arrivarci e a costi enormi per l’utente finale…
I costruttori sono già pronti. Sono i governi che ora devono fare la loro parte, varare le leggi, e strutturare le strade con le quali i veicoli si devono interfacciare. Costi alti? Anche l’elettrico costa caro. Purtroppo la sostenibilità ha un prezzo notevole, ma occorre fare delle scelte. La verità è che non esiste una sola tecnologia vincente. I combustibili sintetici sono una opzione e sono davvero a emissioni zero di CO2, ma anche qui deve crescere la produzione e calare il costo».
A questo proposito, all’imminente Salone dell’Auto di Tokyo Suzuki presenta alcune soluzioni di mobilità alternative interessanti…
Ad esempio la Vision e-Sky, una minicar elettrica adatta ai gusti europei: dimensioni ridotte (meno di 3,40 metri) appunto e grande versatilità studiata per spostamenti brevi. Inoltre mostriamo il e-Every, un mini furgone commerciale compatto che in Italia avrebbe grande successo. Ma la nostra proposta è più ampia, e riguarda anche moto elettriche pieghevoli e sistemi di combustione flessibile che significa biometano, un’area molto attiva per noi per la grande presenza in India a causa delle deiezioni organiche di 300 milioni di capi bovini. Suzuki in India è il marchio più venduto, e abbiamo sviluppato pacchetti imprenditoriali per chi alleva bestiame e vuole investire o produrre biometano che può alimentare auto adeguatamente modificate. C’è una visione precisa insomma, che prescinde da una soluzione unica.
Intanto in Italia, Suzuki che è specialista di motori ibridi – tanto da averli introdotti da tempo come unica scelta su tutti i modelli della sua gamma – ha fatto debuttare la e-Vitara, la sua prima elettrica. Cosa ha di diverso rispetto alle altre vetture 100% a batteria presenti sul mercato?
«In perfetta linea con il dna Suzuki, la e-Vitara vanta una trazione integrale performante, che altri concorrenti non hanno sulle elettriche. Un 4x4 vero, che aggiunge mobilità ovunque, sicurezza, stabilità, dinamicita. La e-Vitara è già ordinabile in versione full optional con 2 motori da 180 cavalli complessivi, e sarà in consegna tra febbraio e marzo 2026».

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