I porti liguri cercano giovani

Assagenti lancia un appello a Genova: mancano figure qualificate
October 15, 2025
I porti liguri cercano giovani
La regione più vecchia d'Italia è quella che oggi offre un futuro ai giovani. Si è aperta ieri con l’ambizione di far riconoscere al Paese la sua vocazione marinara la Genoa Shipping Week, che animerà la città ligure fino a sabato con convegni, spettacoli ed eventi sportivi. La maggior attenzione è dedicata ai temi della formazione e non è soltanto un paradosso per questa terra ligure che ha l'età media più avanzata d'Italia. «Il nostro mondo è cambiato e noi diamo ai giovani l’opportunità di coltivare ambizioni» ha annunciato all’inaugurazione, ai Magazzini Cotoni, Gianluca Croce, presidente di Assagenti, mentre sfumavano le note di Creuze de Ma, con cui De Andrè celebrò i viottoli che collegano l’entroterra con il mare.
Al netto delle solite divagazioni sul tema della malaburocrazia - persino un ministro serio come Nello Musumeci ieri ha finito col discettare di semplificazione, lagnandosi che «anch’io devo fare i conti con undici colleghi che si occupano di mare» - quella genovese è una settimana della scuola e del lavoro. Malgrado un mozzo guadagni come un impiegato di banca i ragazzi genovesi sognano il lavoro d’ufficio. «In questo settore - ha ricordato Croce - abbiamo percentuali di assunzione del 100 per cento di diplomati e laureati, eppure si fa fatica a trovare personale qualificato».
Le imprese hanno fretta di assumere perché la pace di Gaza può portare ad un’impennata dei commerci di cemento e materiali di costruzione, arredi e cibo. Si prevedono milioni di container attraverso il Mediterraneo e secondo Croce non sono più gli anni della concorrenza con i grandi porti del Nord Europa; il commercio marittimo si è specializzato e ognuno ha un ruolo nella catena logistica. Ne terrà conto la riforma dei porti, che Musumeci vede operativa nel secondo semestre dell’anno prossimo. «Genova, Savona, La Spezia e gli altri porti italiani hanno di fronte una potenzialità di sviluppo probabilmente unica nella storia dell’interscambio mondiale» dicono alla week che infatti si intitola “Ricostruiamo insieme il Mediterraneo”. 
Ecco la ragione dell’appello di Assagenti agli studenti, che ieri hanno affollato il Magazzino Cotoni, al centro del Molo vecchio, nucleo storico del porto. Ci si aspetta un milione di container in più nella movimentazione di Genova e Savona, dove sono già ben posizionati tutti i grandi gruppi della logistica. Guardando ai quali, Croce ha ricordato che la situazione si è stabilizzata, dopo il blocco dei lavori imposto dall’inchiesta Toti. Disporre di nuove infrastrutture che consentiranno l’ingresso delle navi container più grandi galvanizza gli operatori. Naturalmente ci vuole anche il piano regolatore portuale, ancora da approvare. La sindaca Silvia Salis ha assicurato che «non vi è nessun conflitto» tra le istanze economiche e quelle ambientali.
Si stima che il completamento della nuova diga (3 milioni e mezzo di metri quadrati sottratti al mare, uno dei quali interrato) valga 8.000 posti di lavoro e che con il completamento di tutti i lavori, digitalizzazione compresa - l’autorità portuale investirà 5 milioni solo per proteggere e velocizzare i dati delle merci, perché, come ha commentato il governatore Flavio Bucci «per navigare bisogna avere infrastrutture in grado di gestire la vita sul mare» -, i porti di Genova e Savona entro il 2030 dovrebbero produrre un occupazione diretta e indotta pari a 37.000 posti di lavoro. Del resto, nel 1975 il porto di Genova movimentava 25 milioni di tonnellate di merce e 500 mila passeggeri, con 15.000 addetti; nel 1995, con 35.000 tonnellate e 1,2 milioni di passeggeri l’occupazione era già di 25.000 addetti; quest’anno con 52.000 tonnellate e 2,5 milioni di passeggeri siamo a quota 65.000 di cui 11.500 diretti in banchine e terminal. Senza contare l’indotto: autotrasporto, ferrovie, inland terminal, grandi aziende di logistica… Secondo Assagenti «con il silenzio delle armi è il momento di rimboccarci le maniche». Traduzione di Bucci: «la blue economy vale il 16% del pil e può arrivare al 25. Però non c’è sviluppo senza cantieri».

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