Una pala (e un po’ di IA): «Così imbrigliamo il vento»

La startup toscana Gevi ha brevettato un sistema per l'eolico che con l’IA in pochi millisecondi muove le pale per produrre di più: «Efficienza senza eguali»
November 14, 2025
Una pala (e un po’ di IA): «Così imbrigliamo il vento»
«Quando si parla di IA la gente ha in testa ChatGpt o simili, ma l’aspetto più rivoluzionario dell’IA è la sua capacità di risolvere velocemente equazioni complesse, e la nostra tecnologia ne è un ottimo esempio». A parlare è Giuseppe Imburgia, nuovo general manager di Gevi, una startup toscana che non solo ha imparato a imbrigliare il vento con delle pale eoliche innovative da lei brevettate, ma ha ideato un sistema che, grazie all’IA e alle reti neurali, in una frazione di tempo impensabile finora – circa 10 millesimi di secondo – elabora le equazioni fluidodinamiche e adatta la posizione di ogni pala, consentendo alla turbina con asse verticale di superare limiti storici di efficienza per strumenti della sua taglia.
Fondata nel 2022 da tre giovani ingegneri toscani, di recente Gevi ha chiuso un round seed da 2,7 milioni di euro: un’operazione che è stata guidata dalla società internazionale 360 Capital, attraverso il fondo Poli360, insieme a Cdp Venture Capital. Entrato in azienda a maggio e annunciato pubblicamente come manager solo ora, Imburgia spiega che il round è servito per strutturare l’azienda e andare sul mercato, con assunzioni e rafforzamento del polo produttivo in Italia: «Per dare un’idea delle aspettative sulla nostra tecnologia, dall’annuncio del round in una sola settimana abbiamo avuto circa mille contatti da realtà interessate, saturando la capacità produttiva fino a marzo». Il manager, infatti, sta già organizzando l’ampliamento produttivo, ma per adesso l’obiettivo del primo semestre è di installare almeno 100 macchine entro giugno 2026».
La giovane azienda si rivolge soprattutto a grandi distributori di energia e installatori di pannelli fotovoltaici: «La nostra è una microturbina ad asse verticale compatta. Si presta dunque all’installazione sui tetti piani di case e capannoni o su un terreno agricolo. Può essere complementare ai pannelli solari, producendo circa 5 kW in condizioni di crociera». Il manager e i founder sono ottimisti sui prossimi sviluppi, supportati anche da dati incoraggianti. «Le nostre piccole turbine hanno un’efficienza tra il 40 e il 45%. Vuol dire che al massimo di ventosità quasi la metà viene trasformata in energia meccanica. Nel microeolico le turbine di solito si fermano intorno al 30%, quindi al momento non abbiamo eguali e prevediamo un vantaggio di almeno 2-3 anni sui competitor».
È chiaro che la tecnologia di Gevi ha comunque un limite, ossia l’intensità del vento. Ma la startup ha pensato anche a questo. «Gli ingegneri co-founder, grazie anche al loro lavoro all’Università di Pisa che è un’eccellenza nell’aerodinamica, hanno brevettato anche uno strumento di misurazione (un anemometro) che ci permette di registrare esattamente la ventosità di un sito per un paio di mesi e quindi fare una proiezione all’utente finale che capirà prima dell’installazione se l’investimento ha senso per lui e in quanto tempo rientrerà di quanto speso», racconta ancora Imburgia. Del resto nella penisola italiana le zone ad altissima ventosità non mancano, a partire da quelle costiere: «Nel nostro primo mercato di riferimento ci saranno sicuramente regioni come la Basilicata, la Puglia, la Sardegna, la Sicilia e qualsiasi area nella penisola in cui si possa sfruttare la sopraelevazione del suolo. Ma puntiamo anche all’Europa, soprattutto ai Paesi nordici, dove in alcuni casi si trova quasi il doppio del vento rispetto all’Italia. Penso per esempio a Regno Unito, Danimarca, Norvegia, Bielorussia, Estonia, Lettonia, Lituania…».
Le turbine ad asse verticale esistono da tempo, ma finora non hanno mai preso piede perché ritenute un investimento poco conveniente. Se in futuro spuntassero sui tetti delle nostre case e aziende in modo più intenso come promette Gevi, non sarebbe dunque solo una vittoria per la startup Made in Italy, ma un cambio di paradigma per l’energia rinnovabile urbana, che oggi punta quasi esclusivamente sul fotovoltaico anche dove l’esposizione solare non rende così tanto. La startup toscana è solo all’inizio del suo percorso industriale. Per vedere dove si “poserà il vento” – se sullo sviluppo di questo tipo di eolico o su altre fonti rinnovabili – bisognerà aspettare, ma la turbina che impara dal vento riporta già al centro una tecnologia che in Italia finora era rimasta ai margini. E questo è di per sé una novità interessante.

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