Il cardinale Bätzing: Europa, comunità di destini

Oltre la pandemia: la riflessione del presidente della Conferenza episcopale tedesca, tratta dal volume "Goethe-Vigoni Discorsi. Riflessioni italo-tedesche al tempo del Coronavirus"
November 20, 2021
Il cardinale Bätzing: Europa, comunità di destini
La crisi che stiamo vivendo, provocata dalla pandemia del coronavirus, è un momento storico che può portare a profondi cambiamenti. Ci ha già mostrato la vulnerabilità della nostra società e del progetto europeo. All’inizio della crisi, ad esempio, le chiusure delle frontiere e i divieti di esportazione di forniture mediche hanno rivelato una mancanza di coordinamento e di solidarietà a livello europeo e, in alcuni casi, hanno portato alla luce il vecchio modello dell’isolamento nazionale, che si credeva ormai superato. Ci sono stati anche preoccupanti tentativi (solitari) di sfruttare la crisi per erodere la democrazia e lo Stato di diritto. Sul fronte opposto, trovo incoraggiante l’inaspettato livello di solidarietà vissuta e di umanità, emerso durante la crisi anche oltre confine, che fa ben sperare. Per la Chiesa cattolica, la crisi causata dal coronavirus è stata una sfida completamente nuova, alla quale abbiamo reagito in modi diversi. Con le impressionanti immagini della sua preghiera sotto la pioggia in una Piazza San Pietro deserta, Papa Francesco ci ha reso consapevoli della nostra vulnerabilità e ha rafforzato il messaggio cristiano di speranza: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Anche in Germania, abbiamo reagito attivamente alla sospensione della vita pubblica e abbiamo cercato e trovato nuovi modi per raggiungere le persone. Come Chiesa, abbiamo contribuito con il nostro capitale spirituale, ma anche sociale, a superare la crisi. Nonostante la rinuncia alle funzioni religiose pubbliche, la comunità di preghiera si è dimostrata forte. La Chiesa non si è tirata indietro, ma è stata presente in altre forme e soprattutto dove ce n’era più bisogno, ad esempio negli ospedali, nelle case di riposo e di cura, accanto ai malati e ai moribondi. Nelle zone d’Italia più colpite dal Covid, i sacerdoti hanno addirittura pagato con la vita il proprio impegno.
Il cardinale Georg Bätzing, vescovo di Limburgo e presidente della Conferenza episcopale tedesca
Il cardinale Georg Bätzing, vescovo di Limburgo e presidente della Conferenza episcopale tedesca
Cosa significa per noi l’Europa? Per me, l’Europa è una comunità di destini, nata dalla guerra per garantire la pace. La Chiesa cattolica, come organizzazione transnazionale, contribuisce anch’essa alla comprensione europea. Prendiamo seriamente la nostra corresponsabilità riguardo alla vita comune nel nostro Stato democratico e nella società. In concreto, la Chiesa cattolica partecipa al discorso democratico a livello europeo attraverso i lavori della Commissione delle conferenze episcopali della Comunità europea (Comece) e del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (Ccee). Uno dei motivi per cui il nostro lavoro può stimolare il dibattito è che il rapporto tra Chiesa e Stato varia molto da un Paese all’altro, il che significa che possiamo contribuire con esperienze ambivalenti e prospettive diverse. Nell’aprile 2019, la Conferenza episcopale tedesca, insieme al Consiglio della Chiesa evangelica in Germania, ha rilasciato una dichiarazione dal titolo Rafforzare la fiducia nella democrazia in cui «ha dichiarato con forza [...] il proprio sostegno a un’Europa basata in egual misura sulla democrazia e sullo Stato di diritto». Alla base della democrazia garantita dallo Stato costituzionale, ci sono la libertà e l’uguaglianza, che sono in linea con la concezione cristiana dell’essere umano, secondo la quale le persone hanno pari dignità e diritti. Ricordiamo anche il nostro comune patrimonio storico e culturale, in particolare valori come la carità e la ricerca della pace, della giustizia e della partecipazione. Questi valori ci uniscono anche in un’Europa sempre più laica e meritano di essere preservati.
Abbiamo bisogno dell’Europa. Non importa se siamo tedeschi o italiani, tutti traiamo grandi benefici dall’unificazione europea. In termini concreti, lo notiamo ad esempio nel mercato interno comune o nella libertà di viaggiare nell’area Schengen. I semplici calcoli di utilità, come ad esempio se un Paese sia un contributore netto o un beneficiario netto in relazione al bilancio dell’Ue, non sono affatto sufficienti. Dobbiamo guardare oltre i confini nazionali: se l’Europa va bene, se i Paesi vicini stanno bene, allora andiamo bene anche noi. E solo un’Europa forte può assumersi responsabilità a livello mondiale e rappresentare i valori che sono importanti per noi e che vogliamo difendere nel mondo – soprattutto sullo sfondo delle crescenti rivalità tra le grandi potenze internazionali. Inoltre, uno sguardo oltre i confini dell’Europa è particolarmente necessario ora che la parte più povera della popolazione mondiale in altri continenti sta soffrendo maggiormente per la pandemia e le sue conseguenze. Quelle persone hanno bisogno della nostra solidarietà. La crisi non deve aumentare le disuguaglianze e le ingiustizie in tutto il mondo. La crisi attuale è un’opportunità per riconsiderare cosa significhi e quale valore abbia l’Europa per noi. La questione dell’identità ci preoccupa da tempo: mi vedo soprattutto come tedesco, come europeo o come membro della famiglia umana globale? Sono convinto che queste identità non si escludano, ma si completino a vicenda: è evidente, però, che non tutti la pensano in questo modo. In contrasto con le forti voci nazionalistiche, populiste, persino antisemite e razziste del nostro tempo, noi cristiani crediamo che esista una famiglia umana a cui tutti apparteniamo e che ci unisce indipendentemente dalle nostre differenze. Tuttavia, c’è la speranza che la crisi causata dal coronavirus possa avere effetti positivi sulla concezione generale a questo riguardo. Inoltre, in una pandemia mondiale, non possiamo muoverci contro gli altri, ma solo con loro. L’isolamento e il nazionalismo sono ostacoli pericolosi per il superamento della crisi. Pensare ed attuare l’idea del bene comune e della solidarietà è una preoccupazione centrale della Dottrina sociale cattolica non solo su scala nazionale, ma anche globale.
Quale futuro attende l’Europa come comunità solidale dopo la pandemia? Il futuro della Comunità europea basata sulla solidarietà non può prescindere dall’idea di base della sussidiarietà – un altro principio sociale ancorato nella Dottrina sociale cattolica. Potremmo dover ridiscutere dove sia necessaria più Europa e dove sia invece necessario rafforzare gli Stati nazionali e le regioni. Dove serve una maggiore responsabilità individuale e dove una maggiore solidarietà? La questione è attualmente oggetto di fortissime discussioni, ad esempio per quanto riguarda il debito pubblico. Nel messaggio pasquale di quest’anno, Papa Francesco ha invitato l’Unione europea a percorrere nuovi cammini di solidarietà. Responsabilità e competenze chiaramente definite e distribuite in modo sensato per quanto riguarda i diversi aspetti della solidarietà e della sussidiarietà possono contribuire a rafforzare la fiducia nell’Unione europea e a fermare le forze centrifughe. Non tutto deve essere deciso e gestito a Bruxelles, ma in molti settori ciò ha senso. La base del processo decisionale deve essere un dibattito democratico fondato sul rispetto e la stima, che riconosca le caratteristiche nazionali – compresa la competenza delle corti costituzionali – e, al tempo stesso, promuova gli aspetti comuni. A mio avviso, i compiti ai quali l’Unione europea dovrebbe dedicare particolare attenzione nel prossimo futuro comprendono, in particolare, la protezione dell’ambiente e del clima, una politica di asilo equa e solidale, i problemi connessi alla digitalizzazione, la creazione di prospettive positive nell’ambito del mercato del lavoro per le giovani generazioni e la promozione della partecipazione democratica e dei principi costituzionali in una società pluralistica. L’obiettivo principale è quello di dare all’Europa un nuovo dinamismo per progredire dal punto di vista ecologico e sociale e per contrastare le divisioni. Insieme al vescovo Heinrich Bedford-Strohm, presidente del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania, ho sottolineato questi elementi in giugno, in una dichiarazione congiunta in occasione del semestre di presidenza tedesca del Consiglio dell’Ue. Sono fermamente convinto che, per il futuro, abbiamo bisogno di qualcosa in più, cioè di una narrazione positiva, di una visione positiva per i popoli d’Europa, che ci accompagni negli anni e nei decenni a venire e che sia ancorata nel cuore e nella mente delle persone. Sviluppare tale narrazione non è solo un compito per la leadership politica, ma tutti i cittadini sono chiamati a lavorare in modo creativo e con impegno a tal fine. Inoltre, sembrano necessarie anche riforme strutturali che guardino al futuro. Come possiamo uscire dalla modalità di crisi che purtroppo da tempo caratterizza l’Unione europea? Nessuno può escludere la possibilità che un’emergenza sanitaria come quella causata dal coronavirus si ripeta. I ricercatori ci dicono che il cambiamento climatico e il modo in cui trattiamo la natura aumentano la probabilità di pandemie. L’Europa deve adottare le misure opportune e prepararsi alla prossima crisi, qualunque ne sia l’origine, in modo che non si manifestino nuovamente i vecchi schemi nazionalistici con le loro vedute ristrette, ma che la risposta sia autenticamente europea. La Germania, in collaborazione con l’Italia, la Francia e gli altri Stati membri dell’Ue e con la partecipazione della Chiesa cattolica, può svolgere un ruolo costruttivo in questo processo. È essenziale affrontare le prossime crisi con una preparazione migliore, così da superarle insieme e con determinazione. In questo modo, la nostra casa comune d’Europa avrà un futuro. Viviamo in tempi difficili, ma abbiamo le chiavi in mano per cambiare le cose in meglio. Dipende da noi.
* vescovo di Limburgo e presidente della Conferenza episcopale tedesca
(Traduzione di Maria Cristina Belloni)

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