Gli orti di Palermo
affidati ai migranti:
anche così
si fa integrazione

Nel capoluogo siciliano sono 20 le persone a cui sono stati assegnati lotti di terreno sia in funzione di un sostegno alimentare che di reddito integrativo delle famiglie
December 16, 2025
Gli orti di Palermo
affidati ai migranti:
anche così
si fa integrazione
Per carciofi e cipollotti è quasi l’ora del raccolto. Per Jolanda, 53 anni, è una bella soddisfazione riempire le cassette per la prima volta. Ortaggi freschi, frutto del suo lavoro e di una formazione specifica che ha visto anche l’accompagnamento di docenti universitari. È il progetto “Orti urbani”, che dopo una prolungata fase di studio e di implementazione ha trovato la sua realizzazione dopo l’estate. Cinquanta metri quadri ciascuno, affidati a persone nella migrazione, piccoli lotti di terreno che possono costituire un sostegno alimentare e, in prospettiva, un reddito integrativo alle famiglie coinvolte.
Il progetto è del Centro di Ateneo Migrare dell’Università di Palermo, con la Caritas e l’Ufficio per la Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi, che hanno curato la selezione e l’accompagnamento dei beneficiari. In tutto i migranti-agricoltori diventeranno 20; tra i primi assegnatari c’è Jolanda, 53enne della Costa d’Avorio, da 17 anni in Italia, che ha aderito spinta dalla «curiosità e dal desiderio di imparare qualcosa che potesse essere utile a me e alla mia famiglia. Volevo produrre da me le cose che compro al mercato. Mi sono buttata».
I lotti di terreno, spiega il professor Vincenzo Bagarello, referente del progetto per l’Università, sono stati messi a disposizione dall’associazione “I Giardini delle fate” e si trovano vicino allo stadio di Palermo, a nord della città, in una zona scelta perché capolinea di diversi autobus e dunque facile da raggiungere. L’area è stata protetta perché non diventasse meta di vandali e ladri. Il direttore della Caritas diocesana, don Sergio Ciresi, dallo scorso agosto successore del beato don Pino Puglisi nella parrocchia di Brancaccio, ha “arruolato” gli aspiranti agricoltori, persone con un passato di migrazione e un futuro ancora per tanti aspetti da costruire. Ad affiancare la Caritas, l’Ufficio per la Pastorale sociale e del lavoro. «Per noi lo scopo è anche l’inclusione: gli assegnatari e le loro famiglie si troveranno a fianco a palermitani che svolgono la stessa attività nei lotti vicini: un modo per conoscersi», spiega la direttrice dell’Ufficio Luisa Capitummino. «Si tratta di un progetto sperimentale, che coinvolge anche le comunità parrocchiali nell’individuazione di nuovi beneficiari». Per ora ci sono due fratelli nigeriani, un giovane del Congo, Jolanda della Costa d’Avorio… Altri arriveranno, fino a un numero massimo di 20 assegnatari. «L’idea è simile a quella degli orti urbani comunali – spiega il professor Bagarello –; poiché l’Università non è un ente assistenziale ma formativo, stiamo coinvolgendo i nostri studenti e i dottorandi in tirocini e attività di ricerca sul suolo, le acque, le modalità di coltivazione… ». Per gli assegnatari l’autonomia nella gestione del proprio orto è massima: possono coltivare ciò che desiderano e anche scambiarsi tra loro ore-lavoro, far partecipare l’intera famiglia, dopo aver ricevuto una solida formazione e gli strumenti di produzione come sementi, piantine, attrezzi agricoli. Il giovane congolese, ad esempio, ha deciso di provare a utilizzare i semi di coltivazioni africane per ottenere ortaggi che a Palermo non si trovano, mentre altri hanno piantato carciofi, la cui vendita, in una prospettiva futura di sviluppo dell’iniziativa, potrebbe garantire un’integrazione al reddito. Ciascuno è supportato, al bisogno, dalle competenze dei docenti del Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e forestali dell’Università, tutti impegnati su base volontaria. Il progetto rientra negli atti costitutivi del Centro di Ateneo Migrare, che «svolge attività di ricerca, di coordinamento, di impulso, di formazione e di terza missione in tema di migrazioni, mobilità, dignità della persona e promozione dei diritti (…)». Insomma, gli orti urbani sono un laboratorio a cielo aperto, dove si svolge attività di ricerca, insieme alla pratica dell’agricoltura per il sostentamento delle famiglie e il possibile avvio di piccole attività economiche, utili all’integrazione di persone migrate.
«Abbiamo avuto il supporto di Irritec per gli impianti di irrigazione, la disponibilità assoluta del rettorato dell’Università e della diocesi di Palermo – conclude Bagarello –. Questo aiuto, che è anche morale, ci sprona ad andare avanti». E a continuare a piantare carciofi.

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