«Godere di stima e dignità: è il lavoro che vogliamo»
Intervista all'autrice e attivista Hilary Cottam

«Nel mondo moderno dove, ormai, la tecnologia prevale in ogni aspetto della nostra vita, la Chiesa è una delle poche voci che difende la nostra umanità e la nostra dignità. Papa Francesco ha denunciato più volte una mentalità e un’economia che considerano le persone come scartabili, non appena perdono la loro utilità funzionale, e il suo approccio coincide con il lavoro che faccio dentro comunità dimenticate da tutti, a cominciare dai politici. Il mio primo progetto è stato nella Repubblica Domenicana, dove ho vissuto in un barrio gestito dai gesuiti, dai quali ho imparato moltissimo. E mi colpisce che si trovino ancora lì, impegnati in un lavoro di lungo termine, che soltanto la Chiesa è in grado di fare». A parlare è Hilary Cottam, famosa attivista sociale, che ha lavorato per anni con gli ultimi della società, disoccupati, adolescenti in crisi, persone sovrappeso e ha guidato progetti di riforma del welfare state britannico per i quali la regina Elisabetta l’ha premiata con l’importante onorificenza di ufficiale dell’Ordine dell’impero britannico.
Nel suo ultimo libro “The work we need”, “Il lavoro di cui abbiamo bisogno”, appena pubblicato dalla casa editrice britannica “Virago”, Cottam racconta quello che definisce il suo «pellegrinaggio», in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dentro comunità ai margini e città al centro del potere finanziario dove ha riunito lavoratori, sindacalisti, capi d’industria e politici per tre ore di discussione su come immaginano il futuro dei posti di lavoro. «Ho chiesto loro come definirebbero un buon posto di lavoro e poi ho acceso il mio registratore e li ho lasciati parlare, dando loro la possibilità di sognare, una dimensione umana importantissima», spiega l’esperta. Che prosegue: «Tutte le persone che ho intervistato, anche chi aveva uno stipendio molto basso, hanno spiegato che, per loro, era più importante essere riconosciuti e trattati come esseri umani piuttosto che guadagnare molto bene, e anche che volevano che il loro lavoro desse significato alla vita e contribuisse alla vita della comunità nella quale abitavano». «Certo anche uno stipendio adeguato è importante, oltre a ore di tempo libero retribuite da dedicare alla famiglia, allo sport, al volontariato e agli hobby – continua Cottam –. Un lavoro dignitoso offre tutte queste dimensioni ed è indispensabile per il funzionamento adeguato di una società. Purtroppo nelle zone più povere della Gran Bretagna e degli Stati Uniti questo tipo di lavori non esistono più e la loro mancanza provoca gravi tensioni sociali e politiche».
L’esperta spiega che gli esseri umani sono molto sofisticati, con tante sfaccettature diverse e si sono evoluti rispetto ai lavoratori dei secoli scorsi. «Oggi, per esempio, la possibilità di giocare è considerata importantissima, si tratti di andare al parco, di fare uno sport o di dedicarsi alla musica», evidenzia. E quanto è vicino alla realtà questo posto di lavoro ideale immaginato dai protagonisti del volume “The work we need”? «È un sogno che, in parte, è già stato realizzato. Documento, nel mio libro, che le aziende di maggiore successo sono proprio quelle che garantiscono ai lavoratori che ho intervistato tutte le sei dimensioni che questi ultimi chiedono, uno stipendio adeguato, tempo libero e per la famiglia, la possibilità di dare un contributo alla comunità nella quale si vive e di fare un lavoro che abbia significato. Un buon esempio è il movimento italiano delle cooperative», sottolinea Cottam. E ancora: «La settimana di quattro giorni, per esempio, protegge la salute dei dipendenti e aumenta i profitti delle aziende. Penso che, in questo momento, ci troviamo alla vigilia di una rivoluzione tecnologica che renderà questo tipo di lavori sempre più diffusi. Perché questo diventi possibile, occorre che i lavoratori trovino nuovi modi di organizzarsi e unirsi per far sentire la loro voce. Lo Stato gioca, qui, un ruolo chiave. Oggi, in Gran Bretagna, lo Stato aiuta, attraverso i sussidi, aziende che non pagano in modo adeguato i dipendenti. Ma dovrebbe anche promuovere condizioni di lavoro dignitose».
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