Più integrazione, meno veleni: Mattarella e l'Europa controvento

Una narrazione quotidiana tossica mette all'indice la Ue. Che non è perfetta. Ma chiediamoci che cosa sarebbe stato di noi, senza l’Unione, davanti alla crisi dei mutui subprime, del debito sovrano e della pandemia da Covid-19
December 16, 2025
Più integrazione, meno veleni: Mattarella e l'Europa controvento
La bandiera dell'Unione Europea /Siciliani
L’Unione Europea è immobile. L’Unione Europea è troppo burocratica. L’Unione Europea è corrotta. Per parlare con l’Unione Europea non si sa quale numero telefonico chiamare. L’Unione Europea è destinata a morire per consunzione tra qualche anno. È colpa dell’Unione Europea. Se non di tutto, quasi. Tra poco, anche del fatto che la Russia abbia invaso l’Ucraina. Se non è ancora stato detto così esplicitamente (ma non ne siamo sicuri), ci stiamo arrivando. Questa narrazione tossica quotidiana ‒ che per altro va avanti da decenni e ha spinto fuori dall’Ue il Regno Unito, salvo poi accorgersi che forse le cose andavano meglio prima e correre ai ripari con accordi che agevolano la libera circolazione di persone e merci ‒ è sotto gli occhi di tutti. Oggi più che mai, con la guerra alle nostre porte e con il vecchio Zio Sam, l’alleato storico americano, che non solo ci ha voltato le spalle ma addirittura ci attacca suonando proprio la musica stonata dello spartito nazional-populista.
La realtà, dicevamo, è sotto gli occhi di tutti. Basta volerla vedere. A illuminarla con il consueto nitore è stato ancora una volta Sergio Mattarella, figlio di una cultura politica, il cattolicesimo democratico, che l’Europa unita l’ha sognata, l’ha fondata, ha contribuito a costruirla e a tenerla in piedi in tutti questi anni. Dopo il già chiarissimo discorso al Corpo diplomatico di venerdì scorso, ieri alla Conferenza delle ambasciatrici e degli ambasciatori, il presidente della Repubblica ha denunciato come ‒ in un mondo in fiamme, prigioniero di conflitti, crisi, disuguaglianze e regimi autoritari ‒ sia in atto «una disordinata e ingiustificata aggressione nei confronti della Unione Europea, alterando la verità e presentandola anziché come una delle esperienze storiche di successo per la democrazia e per i diritti, sviluppatasi anche con la condivisione e con l’apprezzamento dell’intero Occidente, come una organizzazione oppressiva, se non addirittura nemica della libertà». Una denuncia che fa il paio con quella di «pericolose attività di disinformazione» che «tendono ad accreditare una presunta vulnerabilità delle opinioni pubbliche dei Paesi democratici». La narrazione tossica, appunto.
Con questo vogliamo dire che l’Ue è perfetta? Ovviamente no. È corrotta? Ci sono inchieste in corso, qualcuna per la verità mostra la corda, ma può essere che in parte lo sia. Ma in misura maggiore o minore di alcuni suoi Stati membri? È burocratica e immobile? Certo, ha peccato di immobilismo ed eccessiva burocrazia (anche qui: più o meno degli Stati membri?), ma chiediamoci che cosa sarebbe stato di noi, cittadini europei, senza l’Unione davanti alla crisi dei mutui subprime, del debito sovrano e della pandemia da Covid-19. Ricordiamoci, noi italiani di una certa età, i livelli dell’inflazione e degli interessi sui mutui che avevamo con la lira, prima dell’avvento dell’euro. Quanto al fatto che ancora non ci sia un ideale numero unico di telefono per parlare con Bruxelles, come ai tempi di Henry Kissinger segretario di Stato Usa, ciò è semmai la dimostrazione che servirebbe più integrazione europea, non meno. Integrazione politica, fiscale, giudiziaria. Più Europa, non meno.
Anche perché la storia dell’Unione Europea (e prima ancora della Ceca e della Cee) è appunto una storia di successo, come sottolineato dal Capo dello Stato. È la storia di un esperimento, riuscito, di pace autentica e non armata, tra Paesi vicini che si erano combattuti e dilaniati in guerre feroci. Ma anche la storia di un contributo convinto agli organismi internazionali per fare della diplomazia, e non delle armi, lo strumento di risoluzione delle controversie tra Stati. È un presidio della democrazia liberale e dello stato di diritto, ormai sotto assedio un po’ ovunque nel mondo, oggi perfino negli Usa, “la terra dei liberi” e “la patria dei coraggiosi”. È la storia, ancora, di un’economia sociale di mercato, che cerca di far rispettare le regole anti-concentrazione indispensabili a una sana competizione imprenditoriale e al rispetto dei diritti dei lavoratori. Non sempre vi riesce, naturalmente. Ma almeno prova ad arginare il tecnocapitalismo vorace di quei quattro o cinque miliardari che, altrove, hanno potuto accumulare tanto potere da sembrare (o da essere?) i padroni del mondo.
Come ogni società aperta, l’Ue presta il fianco ai suoi avversari interni, amici o almeno simpatizzanti degli autocrati oggi tanto in voga. Ciò avviene per il rispetto dei risultati elettorali nei singoli Stati membri. Ma per fortuna si può cambiare verso, sempre utilizzando gli strumenti della democrazia. Per salvare quest’ultima e l’Europa unita. Perché la democrazia richiede fatica, tanta fatica. Ma non troppa. È una fatica che vale sempre la pena di affrontare. Togliete la democrazia e avrete l’ordine, la velocità, la semplificazione. Saranno l’ordine, la velocità, la semplificazione del più forte di turno, a danno della libertà di tutti gli altri.

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