Educare al recupero per andare all'essenziale

Lo scarto dipende strettamente dallo sguardo e dall’intenzionalità del soggetto, il che implica una responsabilità formativa che coinvolge tutti, oltre a un cambiamento di prospettiva
May 29, 2024
Educare al recupero per andare all'essenziale
Rifiuti e scarti rappresentano senz’altro qualcosa di scomodo e di sconveniente nella nostra esistenza e nella nostra economia. Da nascondere e “smaltire” efficientemente. Gli studi sull’economia circolare si intrecciano alle riflessioni preziose di Papa Francesco dell’Enciclica Laudato si’, delineando la prospettiva per cui lo scarto è come uno squarcio che apre alla possibilità di rivedere stili di vita, rapporti con le cose, modi di intendere la persona e il suo essere al mondo. Al crocevia di interpretazioni e prospettive disciplinari differenti, l’analisi qui condotta sullo scarto aiuta a rileggere i processi di produzione, costruzione e consumo degli oggetti, ma anche le dinamiche esistenziali, le disuguaglianze e le forme di emarginazione sociale.
In tal senso l’obiettivo di “riduzione degli scarti” si esplica non tanto nel focus del momento finale del processo, quanto nel ripensamento complessivo di ogni fase e ciò – sia nella dimensione materialistica-oggettuale, sia in quella socio-educativa – implica che lo sforzo non sia tanto teso a gestire lo scarto una volta prodotto, ma nel ristabilire i confini della sua concezione, fin dalle origini del suo concepimento, riprendendo in mano il significato di termini come inutile, inutilizzabile, consumato, irreparabile, ecc… e riqualificando il design iniziale delle cose e dei processi. Lo scarto non è una realtà oggettiva, ma dipende strettamente dallo sguardo e dall’intenzionalità del soggetto e dalla relativa attribuzione di valore alle cose e alle persone: ciò implica una responsabilità educativa e formativa che coinvolge tutti e che porti a ripensare ed agire diversamente il senso della fragilità e della vulnerabilità. Non si può disconoscere come i rifiuti siano legati a fenomeni di produzione eccedente, di obsolescenza programmata e di consumismo irriflesso, ma al contempo è possibile evidenziare come una diversa concezione della fine e del limite – non come termine e scomparsa ma come spazio di ricominciamento, rinascita e riprogettazione – può favorire la promozione di un senso nuovo di sostenibilità tanto a livello economico quanto a livello sociale.
Da qui scaturiscono, infatti, una serie di prospettive e di possibili “guadagni”: la valorizzazione della circolarità e della ciclicità, il riconoscimento della parzialità e della partecipazione a realtà più ampie e complesse, l’assunzione consapevole dell’essere creaturale che permette di esercitare la creatività in modo rispettoso. Il senso del recupero sta, dunque, nel ristabilire la capacità intenzionale del soggetto nei confronti di sé stesso, delle cose e degli altri, partendo anche dalla rivalutazione di ciò che si considera perdita, errore, inefficienza, inutilità e, assieme, nella possibilità di promuovere una serie di posture e scelte socio-formative che fanno leva sul “ri” (riparare, rimpiazzare, ridurre, riusare, rinnovare, ricostruire, riciclare, ridestinare…) caro all’economia circolare. Si delineano, così, all’interno di Dello scarto e del recupero. Per una pedagogia della sostenibilità, orientamenti di educazione al recupero che, sulla scia di figure emblematiche e significative come don Milani, Paulo Freire, Ivan Illich, Piero Bertolini, mettono al centro il senso dell’equità, l’esercizio della parola, la costruzione del bene comune, l’investimento fiduciario anche lì dove sembra non ci siano possibilità.
Evidenziando il nesso teoria-prassi, il volume documenta, infine, alcune interessanti case history di realtà aziendali e formative in cui l’attenzione allo scarto e al recupero è particolarmente alta e si esplica tanto nel versante produttivo quanto in quello delle risorse umane e dell’attenzione ai soggetti: ReMida, Progetto Quid, Economia carceraria, Metodo Caviardage e Made in Carcere rappresentano soltanto alcuni casi dei tanti presenti sul territorio italiano, valorizzando ciò che appare inutile e apparentemente irrecuperabile, dando nuova vita a oggetti e persone, reintegrandoli nel tessuto relazionale e produttivo. Scartare significa eliminare, ma anche aprire. Buttar via, respingere, ma anche scartocciare. Avendo la possibilità di andare al cuore, all’essenziale. L’educazione non può che partire da lì: dallo scarto per recuperare, dalla fine per ricominciare. In questo senso il testo sollecita un cambiamento di sguardo. Indispensabile per dar vita a nuove pratiche.

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