Dal microcredito una risposta ai problemi delle aree interne
A Cagliari la Conferenza europea della Microfinanza e dell’Inclusione finanziaria riunisce oltre 300 operatori di settore per discutere di nuovi modelli di sviluppo locale e di economia sociale
Per molto tempo il microcredito è stato associato quasi esclusivamente ai Paesi in via di sviluppo. Poi, a partire dal 2008, con l’aggravarsi delle condizioni di ineguaglianza e povertà in Europa, alcune organizzazioni dell’economia civile hanno cominciato a sperimentare iniziative e progetti un po’ dappertutto a livello europeo. In Italia, una pluralità di organizzazioni – istituzioni finanziarie specializzate, cooperative di credito, fondazioni e associazioni – operano in modo permanente per ridurre l’esclusione finanziaria di imprese e persone considerate non bancabili. Per molteplici ragioni, di ordine normativo e finanziario, la dimensione del microcredito rimane modesta e totalmente sproporzionata ai bisogni che i territori richiederebbero.
Aiutare gli esclusi rimane un punto fermo di chi si occupa di questo comparto della finanza sociale ed etica. Ma questo approccio non è più sufficiente. I temi della povertà e dell’esclusione sociale e finanziaria sempre più appaiono strettamente correlati alla ricerca di nuovi modelli di sviluppo economico territoriale. È questo il caso delle aree interne: stiamo parlando di quei territori che, in Italia e in altri Paesi europei, sono in via di desertificazione. Una desertificazione che è ambientale – tra incuria e fragilità ambientale accentuata dalle conseguenze del cambiamento climatico – ma è ancora di più demografica, sociale ed economica. Territori abbandonati, economie e comunità che si contraggono; molte di queste sono ormai vicine al definitivo collasso. Il fenomeno è così rilevante da coinvolgere il 60% del territorio nazionale, che comprende circa 4.000 Comuni e dove vivono ancora 13 milioni di persone. Nell’ultimo decennio le aree interne hanno vissuto un calo demografico sempre più evidente, soprattutto nei Comuni periferici, dove l’invecchiamento della popolazione si intreccia con un saldo naturale negativo e con l’emigrazione costante dei giovani.
Solo nel 2023 questi territori hanno perso oltre 32.000 abitanti: un ritmo di spopolamento più che doppio rispetto alla media nazionale. Una tendenza che rischia di trasformarsi in un fenomeno strutturale, se è vero che le proiezioni stimano come oltre l’80% dei Comuni interni sia destinato a perdere popolazione nei prossimi vent’anni. Il quadro si complica ulteriormente se lo si mette a confronto con la situazione delle grandi città, ormai sature, dove la qualità della vita peggiora, la povertà cresce e l’emergenza abitativa diventa ogni giorno più pressante.
Molti sono i fattori che incidono su questa situazione, e solo un approccio sistemico sarà in grado di introdurre strategie di rinnovamento e di rilancio. La finanza deve e può fare la propria parte, adottando strumenti e misure adeguate che vadano in controtendenza rispetto alle concentrazioni bancarie e ai grandi gruppi finanziari che, all’opposto, drenano da queste realtà risorse finanziarie per allocarle altrove. Occorrono, e presto, strutture di prossimità che sappiano valorizzare le risorse umane e di conoscenza che questi territori esprimono. Bisogna poter offrire ai tanti giovani che se ne sono andati occasioni di ritorno nei loro territori di origine. Le organizzazioni di microfinanza e gli operatori di microcredito hanno la capacità e l’esperienza per intercettare questa domanda, accompagnando microimprese, lavoratori autonomi, piccole realtà cooperative a restare o ritornare, per crescere in modo decentrato proprio laddove oggi l’esodo sembra l’unica opzione. Queste organizzazioni lo possono fare lavorando al fianco di molti altri attori locali, nazionali e internazionali.
I Comuni sono senz’altro gli interlocutori privilegiati, ma vi sono risorse e strumenti europei disponibili che vanno attivati; le stesse banche popolari e di credito cooperativo si rendono ormai conto che occorre riprendere un cammino di investimento territoriale che è stato troppo a lungo interrotto. All’accompagnamento di imprenditori e imprenditrici delle aree interne deve corrispondere lo sviluppo di comunità e servizi, in modo da rendere appetibile l’insediamento stabile nel tempo.
In tale contesto, diventa cruciale creare meccanismi stabili di concertazione e dialogo che facilitino la cooperazione tra attori locali, regionali ed extra-regionali. Sistemi di comunicazione e di informazione operativa rappresentano un’infrastruttura essenziale per coordinare gli sforzi e moltiplicarne l’impatto, a patto che vi sia la volontà politica di sostenerli e renderli effettivamente operativi.
Sviluppo locale e inclusione sociale e finanziaria sono obiettivi che possono e debbono lavorare insieme. L’equità e le pari opportunità sono parti integranti di un percorso di cambiamento nei modelli economici; riportare occasioni di sviluppo in territori dimenticati e abbandonati è la sola risposta per costruire una società giusta che sappia crescere e prosperare nella diversità culturale e nella cura del patrimonio naturale italiano ed europeo.
A Cagliari, domani e venerdì, in occasione della Conferenza Europea della Microfinanza, grazie alla partecipazione di numerosissime istituzioni e organizzazioni europee che si occupano di questi temi, sarà possibile misurare concretamente la valenza di queste ipotesi di lavoro e, soprattutto, costruire dal vivo alleanze e sinergie tra chi si sta impegnando per mettere in opera modelli alternativi e sostenibili di sviluppo locale inclusivo.
Presidente della Rete Italiana di Microfinanza (RITMI)
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