Al summit Onu sullo sviluppo spazio al modello cooperativo
A Doha rinnovato l'impegno contro povertà e discriminazioni. Dadda (Legacoop Lombardia): «La cooperazione può e deve essere un laboratorio di futuro»

A trent’anni esatti dal Vertice mondiale sullo sviluppo sociale di Copenaghen, Doha torna a essere il crocevia di un dibattito cruciale sul futuro dell’economia globale e della giustizia sociale. Fino a domani 6 novembre, la capitale del Qatar ospita il World Summit for Social Development, la seconda edizione del vertice ideato dalle Nazioni Unite per rilanciare l’impegno collettivo verso modelli di sviluppo inclusivi, sostenibili e capaci di ridurre le disuguaglianze e la povertà e rafforzare la protezione sociale. In concomitanza con la chiusura dell’Anno Internazionale delle Cooperative, i lavori degli ultimi due giorni si sono intrecciati con il Cooperative and Mutuals Leadership Circle (CM50), la piattaforma che riunisce i principali leader del movimento cooperativo mondiale. Obiettivo: ridefinire il ruolo della cooperazione e del mutualismo nell’agenda globale post-2030 e riaffermare i principi contenuti nella Dichiarazione e nel Programma d’azione di Copenaghen del 1995.
La cornice è stata quella della presentazione della Strategia Globale 2026–2030 dell’Alleanza Cooperativa Internazionale (Ica), di cui fa parte Attilio Dadda, presidente di Legacoop Lombardia, presente a Doha insieme a una delegazione italiana composta da realtà simbolo del movimento: il Consorzio Nazionale Servizi, Insieme Salute e UniAbita. Tre esempi di impresa cooperativa capace di coniugare innovazione, sostenibilità e coesione sociale in settori chiave come i servizi, la sanità e l’abitare. «Il movimento cooperativo internazionale – spiega Dadda ad Avvenire – è oggi chiamato a riaffermare la propria missione universale: promuovere la democrazia economica, l’imprenditoria solidale e i valori di pace e giustizia sociale. Partecipare all’appuntamento di Doha significa portare la testimonianza di un modello che, radicato nei territori, parla al mondo e propone una via concreta per un futuro sostenibile, giusto e inclusivo». Un messaggio che trova piena sintonia con il mandato del vertice Onu: rimettere al centro l’uomo, il lavoro dignitoso, l’equità.
Dadda sottolinea come il summit Onu arrivi in un contesto profondamente mutato rispetto a trent’anni fa: «Oggi le crisi sono aumentate e si intrecciano. Non ci sono più solo le guerre, ma anche il cambiamento climatico, le migrazioni, la glaciazione demografica. Le crisi locali, se trascurate, diventano una sommatoria di crisi globali». Da qui l’urgenza di alleanze nuove e trasversali, perché – osserva – «non esiste più un solo soggetto che lavora all’economia sociale, ma una pluralità di attori che devono contribuire in modo coordinato». Uno dei nodi centrali emersi a Doha riguarda l’accesso al capitale. Per Dadda, «non può più essere lasciato unicamente alle banche o al microcredito. Deve diventare un patrimonio condiviso, un bene comune. E non va inteso solo in termini di finanza, ma come capacità di generare valore sociale e opportunità diffuse». È una prospettiva che rimette al centro la funzione originaria delle cooperative: imprese che, per statuto, perseguono il benessere collettivo e reinvestono nella comunità.
L’attenzione al capitale sociale e umano emerge anche nell’analisi della crisi di fiducia nelle istituzioni multilaterali. «L’Onu è oggi in difficoltà – osserva ancora il presidente di Legacoop Lombardia – ma resta indispensabile. È l’unico organismo con una visione lunga, super partes, che può tenere insieme il mondo in tempi di conflitti». E avverte: «Parliamo troppo poco dei giovani, dell’educazione, degli adolescenti. Sono loro la chiave per costruire una nuova coesione globale». Da Doha, il movimento cooperativo rilancia dunque una visione di sviluppo che non separa economia e solidarietà, crescita e responsabilità. «Coniugare impresa e solidarietà è nel Dna delle cooperative – evidenzia Dadda – e l’impatto sulla comunità ce l’ha solo chi nasce per questo. Le cooperative dimostrano ogni giorno che è possibile un’economia che redistribuisce valore, non che lo concentra».
Non è un caso che tra i più attivi nel promuovere il modello cooperativo a livello internazionale siano oggi i Paesi dell’Asia e dell’Africa: «I più entusiasti sui temi dell’economia sociale sono coreani, indiani e africani. Gran parte dei report e delle proposte più innovative arriva da loro, non da quella parte di mondo che ha dato i natali al movimento cooperativo. Stare qui a Doha porta valore aggiunto: ci si confronta con scenari nuovi e si cominciano a sperimentare soluzioni concrete». Il Cooperative and Mutuals Leadership Circle si concentra proprio su questo scambio di esperienze, evidenziando il contributo delle cooperative alla giustizia sociale, al lavoro dignitoso e allo sviluppo sostenibile. Parallelamente, rappresentanti delle Nazioni Unite e oltre 40 capi di Stato e di governo presenti a Doha insieme a organizzazioni e associazioni hanno adottato la Dichiarazione di Doha, rinnovando l’impegno condiviso nel combattere la povertà, creare posti di lavoro dignitosi, contrastare la discriminazione, ampliare l'accesso alla protezione sociale e proteggere i diritti umani. Il documento sottolinea che lo sviluppo sociale non è solo un imperativo morale, ma anche un prerequisito per la pace, la stabilità e la crescita sostenibile. “In questo senso la cooperazione può e deve essere un laboratorio di futuro – conclude Dadda -, capace di generare valore condiviso, di tenere insieme impresa e comunità, di restituire alla parola “sviluppo” il suo senso più umano”.
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