Papa Leone abbraccia Roma: «Sono romano. La Chiesa? Tenerezza e ascolto»
I fuori programma per salutare la folla. L’incontro con il sindaco. La Messa in San Giovanni in Laterano con la presa di possesso della cattedra. L’omaggio alla Madonna in Santa Maria Maggiore

«Oggi posso dire che per voi e con voi sono romano». Papa Leone prende ancora una volta a prestito le parole di sant’Agostino, di cui lui si è definito “figlio”, per raccontare lo speciale legame che il successore di Pietro ha con Roma. Se nel giorno della sua elezione al soglio pontificio, l’8 maggio, Robert Prevost aveva ripetuto che «sono cristiano con voi e vescovo per voi», adesso declina la stessa intuizione agostiniana in chiave locale. È tutto un pomeriggio da vescovo di Roma quello che Leone XIV vive domenica 25 maggio. Un lungo incontro con la sua diocesi e con la sua gente: prima ai piedi della scalinata del Campidoglio per salutare il sindaco Roberto Gualtieri; poi nella Cattedrale della città, San Giovanni in Laterano, dove prende possesso della cattedra della sua Chiesa particolare e dove si trova il sepolcro di Leone XIII che gli ha ispirato il nome; infine nella Basilica di Santa Maria Maggiore per rendere omaggio alla Salus Populi Romani, l’immagine mariana cara alla devozione del popolo della capitale, e per tornare a pregare davanti alla tomba di papa Francesco. Il tutto segnato anche da alcuni “fuori programma”: il tragitto in papamobile fra il Laterano e Santa Maria Maggiore lungo le vie della capitale accompagnato da due ali di folla; e il doppio affaccio dalle logge delle due Basiliche dove il Papa improvvisa due saluti a braccio, come non era mai accaduto finora. Entrambi accomunati dallo stesso esordio: «La pace sia con voi» (le stesse sue prime parole dopo l’elezione). E poi da un medesimo richiamo: l’invito a «camminare insieme».

«La Chiesa di Roma – afferma Leone XIV durante l’omelia della Messa in San Giovanni in Laterano – è erede di una grande storia, radicata nella testimonianza di Pietro, di Paolo e di innumerevoli martiri, e ha una missione unica, ben indicata da ciò che è scritto sulla facciata di questa Cattedrale: essere “Mater omnium Ecclesiarum”, Madre di tutte le Chiese». Ed è proprio sulla dimensione materna della Chiesa che il Papa si sofferma nella sua riflessione, indicando le caratteristiche che devono essere proprie della comunità ecclesiale: «La tenerezza, la disponibilità al sacrificio e quella capacità di ascolto che permette non solo di soccorrere, ma spesso di prevenire i bisogni e le attese, prima ancora che siano espresse. Sono tratti che ci auguriamo crescano ovunque nel popolo di Dio, anche qui, nella nostra grande famiglia diocesana: nei fedeli, nei pastori, in me per primo».

Ad accoglierlo sul sagrato della Basilica lateranense è il cardinale vicario Baldassare Reina che poi, all’inizio della liturgia, gli dà il benvenuto prima che si sieda sulla Cattedra romana. «Occupare la Cattedra significa provvedere con amore al gregge di Cristo», afferma Reina. Un lungo applauso accompagna il gesto dell’insediamento. È commosso papa Leone, come lo era affacciandosi dalla Loggia delle benedizioni il giorno della fumata bianca oppure dopo aver ricevuto l’anello del pescatore nella Messa di inizio del suo ministero petrino. Saluta ad uno a uno i rappresentanti della diocesi: da Reina alle famiglie, dai giovani alle religiose. «Vi esprimo tutto il mio affetto, con il desiderio di condividere con voi, nel cammino comune, gioie e dolori, fatiche e speranze. Anch’io vi offro “quel poco che ho e che sono”», dirà nell’omelia.

Sono cinquanta fra cardinali e vescovi alla celebrazione. E trecento i parroci del vicariato. Alla sua Chiesa il Pontefice indica uno stile sinodale, anche se non ricorre mai alla parola “sinodalità” o all’aggettivo “sinodale”. Spiega che intende «mettersi, per quanto mi sarà possibile, in ascolto di tutti, per apprendere, comprendere e decidere insieme». E aggiunge: «Vi chiedo di aiutarmi a farlo in uno sforzo comune di preghiera e di carità». Poi invita alla «comunione» che «si costruisce prima di tutto “in ginocchio”, nella preghiera e in un continuo impegno di conversione». Nell’omelia cita anche Giovanni Paolo I che «il 23 settembre 1978, con il volto radioso e sereno che già gli era valso l’appellativo di “Papa del sorriso”, così salutava la sua nuova famiglia diocesana: “San Pio X – diceva – entrando patriarca a Venezia, aveva esclamato in San Marco: “Cosa sarebbe di me, Veneziani, se non vi amassi?”. Io dico ai romani qualcosa di simile: posso assicurarvi che vi amo, che desidero solo entrare al vostro servizio e mettere a disposizione di tutti le mie povere forze, quel poco che ho e che sono».

È un abbraccio di popolo quello che l’Urbe tributa al suo vescovo. Molta la gente in piazza San Giovanni che il Papa saluta a braccio al termine della Messa. Dalla loggia Leone esorta a «vivere la nostra fede, specialmente durante questo anno del Giubileo» e incoraggia a «essere noi stessi testimonianza che offre la speranza al mondo. Un mondo che soffre» con «tanto dolore per le guerre, la violenza, la povertà. Ma a noi cristiani il Signore ci chiede di essere sempre questa testimonianza viva».

Altrettanto affollate le strade intorno a Santa Maria Maggiore e la piazza di fronte alla Basilica liberiana. Ad accogliere il Papa i cardinali Stanislaw Rylko e Rolandas Makrickas, arciprete e arciprete coadiutore della Basilica. È la seconda visita dopo quella del 10 maggio, a due giorni alla sua elezione. Leone depone un mazzo di rose davanti all’icona mariana. Alla Madre di Dio affida l’inizio del suo ministero come vescovo di Roma. E chiede di condurre «la barca della Chiesa verso un porto di pace, evitando i pericoli» e di custodire la città, confortando chi vi arriva, «senza tetto né difesa». Salutando la gente che è fuori, spiega che la sosta è «una bellissima opportunità per rinnovare la devozione a Maria, Salus Populi Romani, che ha accompagnato tante volte il popolo di Roma nelle sue necessità».

A legare le tappe papali in città è il Giubileo. Di fronte al sindaco Gualtieri, Leone ringrazia l’amministrazione capitolina per la «sollecitudine» verso i «pellegrini provenienti da ogni parte del mondo». Nella Basilica di San Giovanni sottolinea il «grande lavoro con cui tutta la diocesi, proprio in questi giorni, si sta prodigando per il Giubileo» e spiega che «la città appare a chi vi giunge, a volte da molto lontano, come una grande casa aperta e accogliente, e soprattutto come un focolare di fede».

La Messa che il Papa presiede nella sua Cattedrale è l’occasione per tornare a porre l’accento sulla necessità della «pazienza» e dell’«ascolto reciproco» per incontrare il mondo e annunciare il Vangelo. Un «cantiere», lo chiama il Papa, in cui è impegnata anche la diocesi di Roma, «articolato su vari livelli di ascolto: verso il mondo circostante, per accoglierne le sfide, e all’interno delle comunità, per comprendere i bisogni e promuovere sapienti e profetiche iniziative di evangelizzazione e di carità». Il Pontefice è consapevole che si tratta di «un cammino difficile» per «abbracciare una realtà molto ricca, ma anche molto complessa. È però degno della storia di questa Chiesa, che tante volte ha dimostrato di saper pensare “in grande”, spendendosi senza riserve in progetti coraggiosi, e mettendosi in gioco anche di fronte a scenari nuovi e impegnativi». La celebrazione in San Giovanni in Laterano è il primo incontro con i sacerdoti di Roma che tornerà ad incontrare il 12 giugno.
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