Nei villaggi sul fronte in Ucraina i primi aiuti umanitari di papa Leone XIV
di Giacomo Gambassi, Roma
A Kharkiv il primo carico a nome di papa Prevost. Cibo, abiti e giocattoli alle famiglie con i bambini appena evacuate per l’avanzata dell’esercito russo. L’impegno della Chiesa greco-cattolica

«Dono di papa Leone XIV per la popolazione di Kharkiv». Su ogni scatola di cibo c’è il nome del nuovo Pontefice. Con lo stemma della Città del Vaticano che si affianca alla bandiera dell’Ucraina. È il primo carico di generi di prima necessità che Leone XIV ha fatto arrivare a suo nome nel Paese invaso. Partito dalla Basilica di Santa Sofia a Roma, il Tir vaticano è giunto a Kharkiv grazie alla rete dell’elemosiniere pontificio, il cardinale Konrad Krajewski. E poi è stata la Caritas greco-cattolica a portare una parte degli aiuti nei villaggi degli sfollati intorno alla linea del fronte.

Settanta i kit “targati” papa Prevost che sono stati distribuiti alle famiglie, per lo più con bambini, che hanno appena lasciato la zona di Kupiansk, città nell’ultimo lembo della regione di Kharkiv al confine con la Russia e il Donbass dove l’esercito di Mosca avanza e si accanisce contro i centri abitati. «Quando ho detto alla gente: “Da Roma il nuovo Papa ci ha inviato questi aiuti”, c’è chi si è messo a piangere», racconta suor Oleksia Pohrsnychna, l’energica religiosa di San Giuseppe che con il suo pulmino ha consegnato da sola il “regalo” di Leone XIV alla gente sotto le bombe. Come punto di distribuzione ha scelto Shevchenkove, la “cittadina degli evacuati” che fuggono dai militari di Putin. «Si tratta di donne e uomini che hanno perso tutto perché le truppe russe stanno conquistando le loro terre e che hanno messo in un sacchetto della spesa quanto avevano, compresi i ricordi di una vita. È un immenso dolore dover abbondonare la propria casa che nessuno sa se resterà in piedi o se potrà essere ancora raggiunta», spiega suor Oleksia. E, sfidando gli attacchi che da settimane si sono intensificati, lei è giunta con il carico a meno di trenta chilometri dai soldati russi, proprio alle porte di Kupiansk che rimane il capoluogo del distretto in cui si trova Shevchenkove.

«Recapitare fin a qui la “carità di Leone XIV” – spiega la religiosa – significa dire alla popolazione che non è sola, che c’è chi è le accanto e la sostiene in mezzo alla brutalità. “Sia con gesti concreti, sia con la preghiera”, ho sottolineato citando il Papa. Il “Papa della pace”, l’ho definito per raccontare il suo impegno a fermare il conflitto. E una donna mi ha risposto: “Siamo devastati dalla guerra. Vogliamo soltanto vivere in pace. Ed è importante non sentirsi abbandonati”».

In ogni scatola del Pontefice quindici chili di alimenti: dall’olio ai cibi in scatola, dalla pasta ai biscotti. Sulla fiancata anche il logo del Dicastero per il servizio della carità e quello della Fondazione Tanghetti&Chiari. «Molte erano mamme con i figli piccoli, alcuni anche nelle carrozzine – afferma suor Oleksia –. Abbiamo donato persino giocattoli e abiti arrivati dall’Italia: un segno di attenzione ai ragazzi. Siamo grati al cardinale Krajewski che permette l’arrivo di questi aiuti». L’elemosiniere ha commentato ai media vaticani: «La carità non si ferma mai». Nei tre anni di guerra, sotto il pontificato di Francesco, Krajewski ha inviato oltre 250 camion di aiuti umanitari e guidato in prima persona dieci missioni in Ucraina, le ultime per consegnare ambulanze e apparecchi medici.
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