Il Papa nella notte di Natale: se non si accoglie l’uomo, non si accoglie Dio
di Giacomo Gambassi, Roma
Primo Natale di Leone XIV. Il monito nella Messa della notte: un’economia distorta tratta le persone come merce e poi l’uomo vuole diventare Dio per dominare sul prossimo. Il richiamo a Benedetto XVI: non si fa più spazio agli altri, ai bambini, ai poveri, agli stranieri. La citazione di papa Francesco per invitare alla speranza e a essere «messaggeri di pace»

È un grido a difesa della dignità umana e della vita quello che si alza da Leone XIV nella Basilica di San Pietro durante la Messa della notte della Natività del Signore. Perché Dio si è fatto uomo. E «non accogliere l’uno significa non accogliere l’altro», dice il Papa. «Il Signore ha voluto rivelarsi da uomo all’uomo, sua vera immagine», sottolinea durante l’omelia. Eppure lo si calpesta, lo si emargina, lo si respinge. Accade con «un’economia distorta che induce a trattare gli uomini come merce», denuncia Leone XIV. Accade quando «l’uomo vuole diventare Dio per dominare sul prossimo», avverte. Accade quando non si comprende il valore “divino” di ogni persona così che «non c’è neppure spazio per gli altri, per i bambini, per i poveri, per gli stranieri», spiega citando Benedetto XVI e definendo «così attuali» le sue parole perché «ci ricordano che sulla terra non c’è spazio per Dio se non c’è spazio per l’uomo». Perciò, sprona il Papa, c’è anche bisogno di farsi «messaggeri di pace».

Primo Natale da Papa per Robert Francis Prevost. Basilica Vaticana colma per la celebrazione della notte che, su indicazione del nuovo Pontefice, torna a essere celebrata alle 22 (e non, come era successo anche negli ultimi anni, alle 19 o alle 20). Scelta favorita anche dall’età del Papa: 70 anni compiuti a settembre. Seimila i fedeli che la affollano, ossia tutti quelli che hanno avuto la possibilità di ricevere il biglietto dalla prefettura della Casa Pontificia. In cinquemila restano fuori, in piazza San Pietro, sfidando la pioggia che per tutta la giornata del 24 dicembre sferza Roma e che continua anche fino all’inizio della liturgia. A sorpresa Leone XIV, prima della Messa, esce sul sacrato per salutarli. È un gesto che lui stesso ha introdotto e che è una “piccola” cifra del suo pontificato: porgere il benvenuto a chi è giunto per stringersi attorno al Papa e non riesce a vederlo perché non entra in Basilica. «Tante grazie per essere qui questa sera, anche con questo clima», dice a braccio prima in inglese e poi in italiano indossando la talare bianca con la fascia in cui per la prima volta compare il suo stemma ricamato a mano. Quindi il saluto affettuoso: «Tanti auguri a tutti voi. Dio vi protegga e benedica tutte le vostre famiglie».

È un Papa con il volto disteso quello che presiede la Messa. «Nasce nella notte Colui che dalla notte ci riscatta», incoraggia nell’omelia. E fa sapere: «Non esiste tenebra che questa stella non rischiari, perché alla sua luce l’intera umanità vede l’aurora di una esistenza nuova ed eterna». Leone XIV chiede di chinarsi sull’umanità fragile, come insegna la mangiatoia di Betlemme. «Per trovare il Salvatore, non bisogna guardare in alto, ma contemplare in basso: l’onnipotenza di Dio rifulge nell’impotenza di un neonato; l’eloquenza del Verbo eterno risuona nel primo vagito di un infante; la santità dello Spirito brilla in quel corpicino appena lavato e avvolto in fasce». E afferma: «È divino il bisogno di cura e di calore, che il Figlio del Padre condivide nella storia con tutti i suoi fratelli. La luce divina che si irradia da questo Bambino ci aiuta a vedere l’uomo in ogni vita nascente».

Il Natale è elogio della piccolezza: lezione che viene da Dio. «Davanti alle attese dei popoli Egli manda un infante, perché sia parola di speranza – dice il Papa –; davanti al dolore dei miseri Egli manda un inerme, perché sia forza per rialzarsi; davanti alla violenza e alla sopraffazione Egli accende una luce gentile che illumina di salvezza tutti i figli di questo mondo». Poi il richiamo a papa Francesco che esattamente un anno fa, nella notte di Natale 2024, già in carrozzina, apriva la Porta Santa della Basilica di San Pietro dando il via al Giubileo della speranza. Porta Santa che Leone XIV chiuderà il 6 gennaio. «Papa Francesco affermava che il Natale di Gesù ravviva in noi il dono e l’impegno di portare speranza là dove è stata perduta. Ora che il Giubileo si avvia al suo compimento, il Natale è per noi tempo di gratitudine e di missione. Gratitudine per il dono ricevuto, missione per testimoniarlo al mondo». Ed è anche «festa della fede, della carità e della speranza. È festa della fede, perché Dio diventa uomo, nascendo dalla Vergine. È festa della carità, perché il dono del Figlio redentore si avvera nella dedizione fraterna. È festa della speranza, perché il bambino Gesù la accende in noi».

È Leone XIV che all’inizio della liturgia scopre la statua del Bambinello nella navata centrale, di fronte all’altare della Confessione, prima di baciarlo. Ed è il Papa stesso che, al termine, lo porta fino al presepio della Basilica dove viene collocato nella culla. Con lui dieci bambini, dall’Ucraina, dal Mozambico, dalla Corea del Sud, dall’India, dal Paraguay, dalla Polonia, specchio del mondo che continua a essere illuminato dalla salvezza dell'Emmanuele.
© RIPRODUZIONE RISERVATA






