domenica 8 marzo 2020
Il teologo sulle Messe “sospese” nelle zone più colpite. "L’epidemia già ci insegna che non possiamo abitare solo il virtuale. E avvertiamo la nostalgia dei luoghi fisici"
Un fedele in preghiera

Un fedele in preghiera - Archivio Ansa

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Le letture di domenica 8 marzo nel rito romano e in quello ambrosiano

Nel rito romano le letture della seconda domenica di Quaresima sono: Genesi 12, 1-4a; Salmo 32 (33); seconda Lettera di Timoteo 1,8b-10; Vangelo di Matteo 17, 1-9. Nel rito ambrosiano le letture di questa domenica sono: Esodo 20, 2-24; Salmo 18 (19); Lettera agli Efesini 1, 15-23; Vangelo di Giovanni 4, 5-42

Chiesa è il nome del corpo, prima che del luogo. In questi anni, riallacciandosi all’originaria ispirazione biblica, i predicatori non hanno perso occasione per ricordarci la Chiesa è fatta di «pietre vive», che siamo noi. La lezione l’abbiamo imparata: non siamo un luogo, siamo un corpo.

Però, adesso che molti di noi devono stare lontani dal luogo fisico della celebrazione, cominciano ad avere una strana sensazione: si sentono un po’ come acciughine spirituali, spellate e sfilettate, senza corpo. Adesso che ci viene a mancare il luogo, ci sentiamo anche senza corpo. E un po’ anche senz’anima.

Una delle nostre ragazze, intervistata a proposto della forzata astinenza dai luoghi imposta dall’emergenza Covid- 19, si è espressa con disarmata franchezza: «Mai avrei immaginato di arrivare a pensare una cosa simile, ma ora la dico: la scuola mi manca ». Pensa un po’. Proprio i nostri ragazzi, che ormai davamo per persi nei non-luoghi nel virtuale, sono i primi ad avvertire che la mancanza dei luoghi reali, che orientano eventi relazionali e attivano percorsi mentali, rende insignificanti i corpi e svuota la mente. Il dinamismo dell’interiorità reale ha bisogno di luoghi capaci di renderlo possibile e di arricchirlo. E l’iPhone non lo è affatto. Molti genitori, sull’orlo di una crisi di nervi a causa della mancanza di luoghi alternativi a quelli domestici, sono pronti a confermare.

Pierangelo Sequeri

Pierangelo Sequeri - Archivio Romano Siciliani

La fine dell’emergenza ci riaffezionerà al rapporto fra luoghi e corpi in modo nuovo? Lo farà, sperabilmente, anche per le chiese? Da troppo tempo il luogo-chiesa manca di amore, di bellezza, di mistero, di sapienti incanti delle penombre e delle luci, di narrazioni suggestive del genius loci e della lingua materna della fede. Non vedete che in queste chiese non-luoghi anche i corpi – personali ed ecclesiali – ci diventano un po’ smunti e acciughini?

Le Letture evangeliche di questa domenica quaresimale, considerate nella prospettiva di coloro ai quali, provvisoriamente, è imposto il sacrificio della separazione tra corpi credenti e luoghi celebranti, ci vengono incontro. La lettura evangelica della trasfigurazione di Gesù (Mt 17, 1-9), proclamata nel rito romano, è come una folgorazione, a proposito della profondità simbolica del legame fra il corpo nel quale abita la «pienezza del divino» (Col 2, 9) e il luogo di una creazione trasfigurata in cui si compiono tutte le tradizioni della promessa (simboleggiate da Mosé ed Elia). Una nuova casa, la Gerusalemme eterna, un nuovo corpo, quello della creatura risorta. Esperienza forte, che scuote il corpo e la mente di Pietro. E che cosa gli viene in mente: «Farò tre capanne».

Non c’è realtà per un corpo trasfigurato, se non c’è dimora che lo accolga e lo custodisca. Nemmeno corpi risorti avremo, senza luogo adatto. La lettura evangelica dell’incontro con la Samaritana (Gv 4, 1-39), proclamata nel rito ambrosiano, è appoggiata a due luoghi di appoggio per il corpo, a partire dai quali la grazia di Dio ti sconvolge l’anima: il pozzo di Giacobbe e la città di Sicar. Il pozzo che simboleggia l’eredità dei padri è un buon luogo per annunciare ai figli la novità del Vangelo. Gesù, prima di offrire la sua acqua viva, chiede da bere l’acqua che è a disposizione della donna samaritana.

Speciale, perché è quella dei padri, che fa vivere la città: il luogo lo attesta, scritto nelle pietre. L’acqua di Gesù è viva e fa rivivere l’anima di tutta la città («Venite!», dice la donna): com’è vero il corpo che è seduto a quel pozzo e chiede da bere. La disputa sui luoghi giusti dell’adorazione di Dio non deve far perdere di vista l’obiettivo, che è l’adorazione pura di spirito e abbandonata alla sua verità. La trasfigurazione del luogo, tuttavia, operata dal corpo di Gesù, è quella che decide la realtà.

L’anima si trasforma, se c’è un pozzo al quale incontrarsi. Il Vangelo non sa arrivare ai corpi reali, senza luoghi reali. Quando c’è un luogo d’appoggio – il monte, le capanne, la città, il pozzo – il tocco di Dio ci cambia la mente e la pelle. La fisicità del luogo, che si trasfigura insieme col corpo, è indispensabile all’accadere del tocco di Dio che ti segna la vita. Lo so che ti fa impressione, ma questo è il cristianesimo: non un grammo di meno. I non-luoghi di puro transito, i flussi di connessione virtuale, da soli, destabilizzano la mente e producono corpi isterici. (Stava succedendo, infatti, fino al coronavirus: la malattia dell’anima era già molto avanti). Una nuova forma d’amore e di cura per i luoghi adatti alle profondità di cui sono capaci solo i corpi viventi renderanno più facile la guarigione. Ricordiamocelo, non appena potremo riprendere la strada del pozzo.

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