sabato 5 agosto 2017
Papa Francesco ricorda la sua peculiare attenzione ai temi della famiglia, del matrimonio e della bioetica. Delpini: gli sono grato, è stato un maestro di vita di fede
Il cardinale Dionigi Tettamanzi (Omnimilano)

Il cardinale Dionigi Tettamanzi (Omnimilano)

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«Nell'apprendere la notizia del decesso del caro cardinale Dionigi Tettamanzi desidero esprimere le mie condoglianze ai familiari ed a codesta comunità diocesana che lo annovera tra i pastori più amabili ed amati». È il testo del telegramma inviato stamattina da papa Francesco al cardinale Angelo Scola, amministratore apostolico dell'arcidiocesi di Milano, e all'arcivescovo eletto Mario Delpini.

Il telegramma del Papa

«Penso con affetto e ricordo con gratitudine l'intesa opera culturale e pastorale profusa da questo benemerito fratello che nella sua feconda esistenza ha testimoniato con gioia il Vangelo e servito docilmente la Chiesa, dapprima come presbitero nell'arcidiocesi di Milano, poi come vescovo ad Ancona-Osimo, segretario della Conferenza episcopale italiana, arcivescovo di Genova, in seguito arcivescovo della diletta Chiesa ambrosiana, infine amministratore apostolico di Vigevano», ricorda il Pontefice. «Sempre si distinse come pastore sollecito, totalmente dedito alle necessità e al bene dei sacerdoti e dei fedeli tutti, con una peculiare attenzione ai temi della famiglia, del matrimonio e della bioetica, dei quali era particolarmente esperto. Elevo la mia preghiera al Signore affinché, per intercessione della beata vergine Maria, accolga questo suo fedele servitore, che Egli ha tanto amato, nel gaudio e nella pace eterna, e di cuore imparto a coloro che ne piangono la scomparsa la benedizione».

Scola lo ricorda suo «giovane professore»

«La dipartita del cardinale Dionigi Tettamanzi rappresenta una grande perdita per la Chiesa milanese e per tutta la Chiesa universale, non solo per i diversi ministeri che egli ha assunto e per il suo servizio come esperto a Papi e alla Santa Sede, ma anche per la sua personalità umile, sorridente, appassionata ai rapporti» scrive in una nota il cardinale Angelo Scola, amministratore apostolico dell'arcidiocesi di Milano, ricordando che Tettamanzi «era sempre teso ad incarnare la visione cristiana della vita nella realtà attuale. La sua biografia, ormai ampiamente conosciuta, è testimonianza di tutto questo». «Sono a lui particolarmente legato - ricorda - fin dai tempi in cui fu mio giovane professore in seminario a Venegono. L'amicizia si è approfondita negli anni a Roma attraverso comuni collaborazioni al servizio della Chiesa universale. Il cardinale Dionigi, studioso di morale e di bioetica, mi ha sempre impressionato per la sua capacità di lavorare in gruppo e per la rapidità nel fare sintesi». «In questi sei anni del mio ministero come arcivescovo di Milano - prosegue Scola - il cardinale Dionigi mi ha accompagnato con intensa amicizia e discrezione. La sua eredità darà ancora molto alla nostra Chiesa ambrosiana, a tutti i cattolici, ma anche ai molti laici con cui il cardinale Tettamanzi ha saputo entrare in dialogo a partire da problemi sociali acuti come quelli della famiglia, della vita, del lavoro e dell'emarginazione».

Delpini: maestro di vita di fede

«Voglio esprimere la mia gratitudine per la testimonianza che il cardinale Tettamanzi ha reso con la sua vita donata senza risparmio» scrive in una nota monsignor Mario Delpini, arcivescovo eletto di Milano. «Per la sua disponibilità infaticabile al lavoro, la sua capacità di empatia con la gente, la sua armonia nella personalità e per il suo magistero» aggiunge. «Egli ha costituito un punto di riferimento per tutti noi. Io particolarmente gli sono grato per il suo ministero di insegnante e maestro di vita di fede e per la fiducia che mi ha accordato, tra l'altro, proponendomi per l'Episcopato. Lo ricordo così, nella preghiera riconoscente al Signore».

Don Colmegna: sempre accanto agli ultimi

«Noi tutti preghiamo per il cardinale Dionigi Tettamanzi. Per noi, è stato davvero un pastore buono, una guida di cui abbiamo sentito sempre la vicinanza. Ma soprattutto è stato come un padre, co-fondatore della Casa della carità insieme al cardinal Martini, che ha aperto il nostro cammino e lo ricordiamo con affetto». Così il presidente della Fondazione Casa della carità don Virginio Colmegna ricorda il cardinale Tettamanzi. «La sua costante presenza accanto agli ultimi e la sua testimonianza sono state a volte viste con polemica, come scomode, ma per lui, quella di stare in mezzo alla gente era una scelta continua legata al Vangelo».

Uno dei ricordi più emblematici, prosegue Colmegna, «tra i tanti che ho di lui, è la visita che fece al campo rom di via Triboniano, alla vigilia del Natale 2010. Era un momento difficile per la città e molto faticoso anche per noi, che cercavamo di proporre soluzioni innovative per superare le situazioni di abbandono, come quelle dei campi rom. Lui ha scelto di venire in mezzo a queste persone con noi, visitare le baracche, portare una parola di solidarietà e attenzione», ricorda don Colmegna.

«Con quel gesto ha rotto il clima di tensione che si respirava in quel periodo e ci ha permesso di ritrovare le buone condizioni per il superamento del campo, condividendo una straordinaria esperienza di umanità. E questo è solo un esempio della grande attenzione che il cardinal Tettamanzi ha avuto per i poveri, per le marginalità, per le presenze considerate "scomode", tanto che non si stancava mai di ripetere che "i diritti dei deboli non sono affatto deboli, ma sono del tutto eguali ai diritti dei forti"», prosegue il presidente della Casa della carità. «Ricordo poi l'immagine che ci ha lasciato, nell'inaugurare la nostra Casa nel 2004, ispirandosi alla parabola del buon samaritano. Tutti, disse, si ricordano del malcapitato, del samaritano, del levita e del sacerdote, ma si dimenticano del locandiere, cui il samaritano dice semplicemente: "Abbi cura di lui". Quest'immagine, insieme a quella delle Querce di Mamre che ci ha lasciato il cardinal Martini, ha segnato il nostro cammino: essere locanda significa per noi essere una casa concreta e operosa, dove la cura significa innanzitutto riconoscere la dignità della persona», conclude don Colmegna.

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