sabato 8 febbraio 2025
Sabato 8 e domenica 9 febbraio il Giubileo delle forze armate, di polizia e sicurezza
Suor Tosca Ferrante

Suor Tosca Ferrante - per gentile concessione di suor Tosca Ferrante

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Solo indossando la divisa suor Tosca Ferrante ha compreso fino in fondo quale fosse la sua vocazione. I cinque anni trascorsi in Polizia sono stati una scuola di umanità e di servizio agli altri. «Sa cosa diceva il fondatore della mia congregazione, il beato Giacomo Alberione? “Il Signore accende le lampadine in avanti man mano che si cammina… non spreca la luce… ma dà sempre luce a tempo opportuno”». Le lampadine che si sono accese nel tempo che suor Tosca era “solo” l’agente Tosca sono state «il giovane che ho arrestato, la prostituta che ho accompagnato alla frontiera, la vecchietta che ho aiutato a rialzarsi dopo una caduta per strada… Situazioni di fragilità che mi hanno messo di fronte a una domanda, più forte di quella che mi aveva spinto a entrare in Polizia: chi voglio diventare nella vita?».

Suor Tosca, nata in un paesino della Campania, è entrata in polizia a 19 anni, seguendo una passione giovanile per la serie televisiva “CHiPs”, due poliziotti in moto che facevano del bene al prossimo. Oggi di anni ne ha 55, nel 2024 ha festeggiato i 25 di professione religiosa ed è stata eletta superiora generale delle suore Apostoline di Castel Gandolfo, l’ultima creatura del beato Alberione. Laureata in psicologia dopo la professione religiosa, coordina il Servizio di tutela minori delle diocesi toscane e di quello diocesano di Pisa.

Suor Tosca, per restare al tema del Giubileo 2025, che proprio oggi e domani, sabato e domenica 8 e 9 febbraio, "convoca" a Roma le forze armate, di polizia e di sicurezza, come si può trasmettere speranza indossando una divisa?
Da ex poliziotta rispondo che perché il servizio in Polizia possa dare speranza e fiducia agli altri è necessario che si entri in una dimensione di servizio e non di potere. La divisa, la pistola, il manganello rappresentano senza dubbio un potere, e questo costituisce una tentazione sempre presente, a cui si risponde mettendosi al servizio del prossimo.

C’è chi dice che la pace si fa solo disarmati…
Io penso che la pace si costruisca con le relazioni, il rispetto e il dialogo. Una delle dimensioni del rispetto è garantire la sicurezza delle persone. Chi vive questo lavoro come servizio alla collettività è ben lontano dal pensare di utilizzare l’arma, bensì si concentra sulle attività di prevenzione. La mia esperienza, anche pensando agli ex colleghi che continuo a frequentare, è che prevale il desiderio che tutti vivano in pace. L’idea della violenza non appartiene all’addestramento ricevuto in Polizia.

Come declinerebbe le parole chiave del Giubileo nel servizio di un poliziotto?
Indossare una divisa è una possibilità di dare speranza a chi sente più fragile e a chi si trova in una situazione che può compromettere il proprio futuro magari impedendogli di compiere atti che ledono la dignità delle persone. Anche un arresto, per qualcuno, può portare con sé la speranza di una vita migliore in seguito. Può diventare un momento salvifico.

Le è mai successo?
Un giorno mi venne chiesto di vigilare su un minorenne che aveva compiuto un furto, il primo della sua vita. Dopo un po’ che parlavamo, lui iniziò a piangere, era spaventato. Poi mi disse: “Ho paura, mi dai un abbraccio?”. Non potevo, ero in divisa. Tornata a casa, mi guardai allo specchio e dissi: “Ma chi stai diventando?”. E da lì, da quell’abbraccio mancato, mi sono messa in discussione.

Cosa direbbe a un ragazzo o a una ragazza che vuole entrare in Polizia?
Direi di porsi una domanda: per chi desidero svolgere questo lavoro? E perché? Penso che debba esserci una spinta anche filantropica, cioè il desiderio di aiutare gli altri. E poi augurerei di vivere la professione con sentimenti di cura dell’umano, con un sorriso che dia sempre speranza agli altri.

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