sabato 14 agosto 2021
Il presule polacco aveva 78 anni. Papa Francesco lo aveva inviato nel piccolo centro dell'Erzegovina noto per le presunte apparizioni mariane. Diceva: «È un luogo benedetto da Dio»
L’arcivescovo polacco Henryk Hoser, scomparso all'età di 78 anni

L’arcivescovo polacco Henryk Hoser, scomparso all'età di 78 anni - Siciliani

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«Medjugorje è un riferimento di preghiera internazionale dove si toccano con mano straordinari frutti spirituali. Mi riferisco ad esempio alle conversioni, alle vocazioni sacerdotali e religiose, alle incessanti confessioni. Non ritengo ci siano tracce di eresia». L’arcivescovo polacco Henryk Hoser raccontava così ad Avvenire il suo impegno come visitatore apostolico nella parrocchia di Medjugorje, la località dell’Erzegovina dove dal 1981 sei giovani (oggi adulti) affermano di vedere la Vergine e ricevere i suoi messaggi. E con voce serena aggiungeva: «Questo è un luogo, benedetto da Dio, di incontro e di dialogo con il Signore attraverso la Vergine, marcato dal silenzio, dal Rosario, dalla meditazione, dalla catechesi, dalla celebrazione dei Sacramenti, in particolare l’Eucaristia e quello della Riconciliazione».


L’arcivescovo Hoser è morto ieri, venerdì 13 agosto, all’Ospedale del ministero dell’Interno di Varsavia, come ha reso noto la Conferenza episcopale polacca. Aveva 78 anni. Il presule scompare proprio a 40 anni da quando tutto è iniziato a Medjugorje, ossia da quando alcuni giovani, il 24 giugno del 1981, dissero che era loro apparsa la Madonna. Emerito di Varsavia-Praga, pallottino con una laurea in medicina e un passato da missionario in Africa e poi da segretario aggiunto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, si era trasferito nella casa parrocchiale accanto alla chiesa di San Giacomo, affidata ai frati minori francescani, che deve la sua fama alle presunte apparizioni mariane. Un appartamento e uno studio formavano il suo episcopio da quando il 22 luglio 2018 papa Francesco lo aveva inviato – a tempo indeterminato e alle dirette dipendenze della Santa Sede – sulle colline del Križevac e del Podbrdo con compiti prettamente pastorali. «Oggi la mia missione a Medjugorje è quella di accompagnare i pellegrini che arrivano da tutti i continenti ed essere loro accanto – raccontava ad Avvenire –. I più numerosi sono gli italiani e i polacchi. Ma si contano pellegrini da ottanta differenti Paesi». Dal maggio 2019 era caduto il divieto di organizzare pellegrinaggi. «La gente dice di avvertire la presenza della Madonna – sottolineava Hoser –. Ma l’aver consentito i pellegrinaggi non va interpretato come un’autenticazione dei noti avvenimenti legati al nome di Medjugorje».


Papa Francesco gli aveva affidato l’incarico di accompagnare in modo «stabile e continuo» la comunità parrocchiale di questa piccola località della Bosnia ed Erzegovina e i tanti fedeli che vi si recano in pellegrinaggio, «le cui esigenze – spiegava una nota vaticana – richiedono una peculiare attenzione». Si trattava di un segno di attenzione del Papa verso i pellegrini. E Hoser era stato inviato a Medjugorje senza dover entrare nella questione delle apparizioni mariane.


Nato a Varsavia il 27 novembre 1942, Hoser aveva studiato medicina prima di entrare, nel 1969, nella Società dell’Apostolato Cattolico (pallottini). Ordinato sacerdote nel 1974, era partito missionario in Rwanda, dove era rimasto fino al 1995. A Kigali aveva fondato il Centro medico-sociale, guidandolo per ben 17 anni e il Centro di formazione familiare (Action Familiale). Per alcuni anni è stato segretario della Commissione episcopale per la sanità, e poi anche della Commissione episcopale per la famiglia, presidente dell’Associazione dei Centri medici associati a Kigali, responsabile di un centro di monitoraggio epidemiologico Aids e di programma di assistenza psico-medico e sociale dei malati. Nel 1994 era stato nominato esperto nel campo della famiglia e dello sviluppo al Sinodo speciale per l’Africa. Sempre nel 1994, in assenza del nunzio apostolico in Rwanda, era diventato visitatore apostolico in questo Paese, ufficio che ha ricoperto per oltre due anni.


Dal 1996 al 2003 aveva assunto l’incarico di superiore regionale dei pallottini e membro del Consiglio missionario della Conferenza dei superiori maggiori in Francia. Dopo essere stato rettore della Procura missionaria pallottina, a Bruxelles, in Belgio, e impegnato nella pastorale nell’ambito della Comunità europea, Giovanni Paolo II lo aveva nominato nel 2005 segretario aggiunto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e presidente delle Pontificie Opere Missionarie con dignità di arcivescovo. Nel 2008, con Benedetto XVI, era diventato arcivescovo-vescovo di Varsavia-Praga. Nel febbraio 2017 papa Francesco lo aveva mandato a Medjugorje come inviato speciale della Santa Sede e nel dicembre successivo aveva lasciato la guida della diocesi di Varsavia-Praga. Nel 2018 il Papa lo aveva voluto visitatore apostolico a carattere speciale per la parrocchia di Medjugorje.



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