lunedì 9 giugno 2025
Fascicolo aperto dalla Procura di Perugia: per un uomo residente in Emilia-Romagna l’accusa è di ricettazione. A dare avvio alle indagini, la denuncia del vescovo di Assisi, Sorrentino
Carlo Acutis (1991-2006)

Carlo Acutis (1991-2006) - foto Siciliani

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C’è un indagato nel fascicolo aperto dalla Procura di Perugia per la vendita online delle reliquie di Carlo Acutis, il beato milanese morto a quindici anni nel 2006 per una leucemia fulminante. A segnalarlo è il Corriere dell’Umbria, che parla di un uomo residente in Emilia-Romagna accusato ora di ricettazione. La polizia sarebbe entrata in casa sua nelle settimane scorse, con un decreto di perquisizione, per cercare la presunta reliquia: alcuni capelli del ragazzo, di cui a breve dovrebbe essere annunciata la data della canonizzazione, messi all’asta (e presumibilmente venduti) su internet.

A dare avvio alle indagini, a marzo, era stata la denuncia del vescovo della diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, Domenico Sorrentino, che aveva chiesto l’immediato sequestro degli annunci trovati online. Sul traffico di reliquie, all’indomani della denuncia, il presule aveva dichiarato ad Avvenire che, «se anche si trattasse di un’invenzione, saremmo in presenza, oltre che di una truffa, anche di una ingiuria al sentimento religioso». Da quel giorno, la Procura guidata da Raffaele Cantone, con un fascicolo assegnato al sostituto Gennaro Iannarone, si è mossa su due binari: prima, ha tentato di interrompere il traffico delle reliquie sul web; poi, ha rintracciato l’indirizzo digitale di chi aveva pubblicato l’annuncio – terminato con l’aggiudicazione dei capelli di Acutis per 2.110 euro dopo 17 offerte – e lo ha associato alla persona residente in Emilia-Romagna.

Al momento, la Procura di Perugia non ha dichiarato di aver compreso se la reliquia sia mai esistita o meno. Se, cioè, l’annuncio fosse reale o fosse una truffa: in casa dell’indagato non sarebbe stato trovato niente. Il vescovo Sorrentino, al momento della denuncia, aveva precisato ad Avvenire che «le reliquie vengono date attraverso i vescovi gratuitamente». Ma la Procura – si intuisce dall’accusa di ricettazione – ammette ora anche l’ipotesi di un furto, nonostante nessuno abbia sporto denuncia. Per sondare anche questa strada, i magistrati hanno acquisito i contenuti dei dispositivi digitali dell’indagato, alla ricerca di nuove informazioni. Dal punto di vista penale, però, poiché il commercio di reliquie è un illecito solo secondo il diritto canonico (canone 1190), senza nuovi elementi difficilmente i magistrati potranno chiedere un rinvio a giudizio.

Quello dell’indagato non era il solo annuncio online al momento della denuncia di Sorrentino, ma molti altri sono stati tempestivamente rimossi e, per ora, la Procura non ha ritenuto di iscrivere altre persone al registro degli indagati.

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