martedì 8 aprile 2014
​Scelta da nove studenti su dieci, parla la lingua dei nativi digitali più di altre discipline.
Quando la didattica si fa multimediale
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​La religione cattolica non è certamente, come qualcuno ancora sostiene, la cenerentola delle materie. Anzi, parla la lingua dei nativi digitali e guarda con fiducia alle potenzialità della Rete. «Spesso la si considera alternativa, ma è moderna, assolutamente dentro la società del XXI secolo, capace di dialogare e accompagnare i ragazzi che dimostrano di gradirla», sottolinea don Daniele Saottini, responsabile del Servizio nazionale per l’insegnamento della religione cattolica della Cei.«Essendo scelta, si cerca di renderla più vicina alle esigenze degli studenti e chi la insegna è generalmente molto aggiornato e preparato ad affrontare una didattica multimediale», spiega il direttore Cei che non esita a definire la religione (opzionata dal 90% degli studenti) come «una disciplina 2.0». Intorno a essa si è concentrata l’attenzione delle case editrici che «stanno investendo su una materia che sembra marginale e che invece è centrale». In vista dell’adozione dei libri di testo per il prossimo anno, ad esempio, sono stati pubblicati 30 nuovi titoli. «C’è una cura particolare sul fronte dei libri che, secondo le normative, vengono sottoposti a una verifica rigorosa da parte dei vescovi della diocesi e della Cei», sottolinea don Saottini ricordando che «di fatto tutti i volumi hanno anche una parte digitale che non è una semplice riproposizione del testo scritto».Del resto, sfruttare le potenzialità del Web 2.0 per insegnare religione non solo si può, ma «si deve», rimarca Pier Cesare Rivoltella, massmediologo e docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. «Non si può aspettare: la domanda è forte», aggiunge evidenziando che «come dimostrano il Papa con il suo account Twitter e moltissimi sacerdoti con le loro pagine Facebook, anche un contenuto alto può essere veicolato con questi strumenti». Secondo Rivoltella inoltre «la Rete è ricca di contenuti di qualità che possono essere una risorsa per gli insegnanti di religione». Esiste dunque una possibilità «di incontro tra il 2.0 e l’insegnamento della religione cattolica». «Per il tipo di disciplina e per il rapporto che instaura con i ragazzi, chi insegna religione è più avvantaggiato nell’affiancare gli studenti sul versante educativo», osserva Rivoltella. Sebbene infatti «ogni docente abbia un ruolo educativo, il fatto che la religione sia una materia che non fa media, è meno pesante e ha probabilmente più possibilità di fare presa, mette l’insegnante in una posizione privilegiata nell’agganciare i ragazzi». Ecco che «sul fronte educativo, lavorare con i social e con il Web 2.0 – spiega – consente di essere maggiormente vicini agli studenti, mentre su quello della didattica permette da un lato di rendere più attiva l’ora di religione e dall’altra di estenderla, attraverso l’online, al di là dei limiti della lezione». Così, rileva, «si possono saldare le ore che altrimenti sarebbero distanziate da un’intera settimana, ma anche dare continuità al discorso iniziato». «La parola chiave di questo stretto rapporto è opportunità», gli fa eco Paolo Masini, insegnante di religione da 26 anni, autore di testi scolastici e impegnato nella formazione. Mentre «nel mondo della scuola il Web 2.0 stenta a decollare perché fa perno sulle conoscenze del docente e sulla sua sensibilità, cioè sulla capacità di intuire che i nuovi strumenti possono arricchire la didattica», l’insegnamento della religione cattolica «ha in sé una vocazione all’invisibile, a cogliere contenuti profondi e il sentire dei ragazzi». Questa predisposizione «apre alle tecnologie 2.0 che sono collaborative, partecipative e inclusive». Negli ultimi tempi, dice Masini, sono numerosi gli «insegnanti sensibili che hanno imparato a gestire Facebook, Google o Skype, riuscendo a entrare in contatto con gli studenti al di là delle mura della scuola». Sempre a dimostrazione del fatto che, conclude Masini, «i ragazzi hanno bisogno di proposte alte e di vedere convinzione da parte di chi le fa».
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