martedì 26 dicembre 2023
L'appello: «La tragedia di questo momento ci dice che non è più tempo per tattiche di corto respiro, ma che è tempo di dire una parola di verità che risolva alla radice il conflitto in corso»
Il patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa al suo arrivo a Betlemme

Il patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa al suo arrivo a Betlemme - Reuters

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«Come per Maria e Giuseppe, anche per noi, oggi qui, sembra che non ci sia posto per il Natale». Nella basilica della Natività a Betlemme, la citazione del vangelo di Luca ritrova nuova forza e attualità, nell'omelia della notte di Natale del cardinale Pierbattista Pizzaballa. Il cardinale, come da tradizione, ha fatto il suo ingresso a Betlemme la sera della vigilia indossando, per la prima volta una kefyah bianca e nera, sulla talare rossa scortato dagli scouts. Poi, dopo aver attraversato una basilica della Natività completamente priva di pellegrini stranieri, ha celebrato la Messa nella chiesa di Santa Caterina.

Sembra non esserci posto per la gioia del Natale, ha constatato il cardinale Pizzaballa, mentre in Terra Santa si combatte ormai da quasi tre mesi: «Il mio pensiero va a tutti, senza distinzione, palestinesi e israeliani, a tutti quelli colpiti da questa guerra, a quanti sono nel lutto e nel pianto e attendono un segno di vicinanza e di calore. Il mio pensiero, in particolare, va a Gaza e ai suoi due milioni di abitanti. Davvero quel “non c’era posto per loro” esprime bene la loro situazione» ha affermato il patriarca di Gerusalemme ricordando tutti i senza tetto, gli affamati e tutti quelli «esposti ad una violenza incomprensibile. Non sembra esserci posto per loro non solo fisicamente, ma nemmeno nella mente di coloro che decidono le sorti dei popoli». È questa anche, per Pierbattista Pizzaballa, la situazione del popolo palestinese, che «attende da decenni che la comunità internazionale trovi soluzioni per porre fine all’occupazione, sotto la quale è costretta a vivere, e alle sue conseguenze». In questa situazione «odio, rancore e spirito di vendetta occupano tutto lo spazio del cuore, e non lasciano posto alla presenza dell’altro» mentre il rumore delle armi, il pianto e dolore «sembrano rendere stonati i nostri canti, difficile la nostra gioia, vuote e retoriche le nostre parole». In questo momento è evidente che «facciamo fatica, soprattutto oggi, soprattutto qui, a trovare un posto per il Natale nella nostra terra, nella nostra vita» perché, ha affermato il cardinale Pizzaballa, fra le macerie della guerra è difficile sintonizzarsi con l'annuncio di Natale: «Troppo dolore, troppa delusione, troppe promesse mancate affollano quello spazio interiore, in cui il Vangelo del Natale possa risuonare e ispirare azioni e comportamenti di pace e di vita».

Dov'è il Natale quest'anno, si è domandato il patriarca di Gerusalemme, ricordando che quella stessa domanda se la sono fatta Maria e Giuseppe, i pastori, i magi, la Chiesa tutte le volte che ha smarrito la strada: «È la nostra domanda di stasera: quale è oggi il luogo del Natale? E a risponderci sono gli angeli. Quella notte, infatti, e in ogni notte, Dio trova sempre un posto per il suo Natale, anche per noi, qui, oggi, nonostante tutto, anche in queste drammatiche circostanze, noi lo crediamo: Dio può fare posto anche nel più duro dei cuori. Luogo del Natale è innanzitutto Dio» a cui la Chiesa deve tornare. E prima e oltre ogni spiegazione sociale e politica, «la violenza e la sopraffazione dell’altro trovano la loro ultima radice nell’aver dimenticato Dio, contraffatto il Suo Volto, usato in modo strumentale e falso il rapporto religioso con Lui, come in questa nostra Terra Santa avviene troppo spesso».

Il ritorno a Dio per Natale, ma anche all'obbedienza: «Anche il “sì” di Maria e di Giuseppe è però il luogo del Natale. La loro obbedienza e fedeltà è la casa in cui il Figlio è venuto ad abitare» ha aggiunto il patriarca di Gerusalemme. «Dovunque qualcuno è disponibile a mettere la propria vita a servizio della Pace che viene dall’Alto e non soltanto a badare ai propri interessi, lì nasce e rinasce il Figlio. Se vogliamo dunque che sia Natale, anche in tempo di guerra, occorre che tutti moltiplichiamo i gesti di fraternità, di pace, di accoglienza, di perdono, di riconciliazione». Un Natale che è reso possibile dallo spazio offerto a Dio e al bambino di Betlemme: «Non sarà diversamente per la Giustizia e la Pace: non ci sarà giustizia, non verrà la pace senza lo spazio aperto dal nostro “sì” disponibile e generoso», ha ammonito Pizzaballa.

Un Natale reso possibile anche dai pastori capaci di vegliare, di azioni e «disponibili al nuovo» senza troppi calcoli o ragionamenti. «In un tempo inevitabilmente segnato da rassegnazione, odio, rabbia, depressione, abbiamo bisogno di cristiani così perché ci sia ancora posto per il Natale», ha esclamato Pizzaballa che ha chiesto a tutte le Chiese che contemplano il mistero di Betlemme: «Fatevi latori presso i vostri popoli e i loro governanti del “si” a Dio, del desiderio di bene per questi nostri popoli, per la cessazione delle ostilità, perché tutti possano ritrovare davvero casa e pace». La nascita di Cristo anche «nel cuore dei governanti e dei responsabili delle nazioni», faccia riprendere il dialogo nella ricerca di «soluzioni giuste, dignitose e definitive per i nostri popoli. La tragedia di questo momento, infatti, ci dice che non è più tempo per tattiche di corto respiro, di rimandi ad un futuro teorico, ma che è tempo di dire, qui e ora, una parola di verità, chiara, definitiva, che risolva alla radice il conflitto in corso, ne rimuova le cause profonde e apra nuovi orizzonti di serenità e di giustizia per tutti, per la Terra Santa ma anche per tutta la nostra regione, segnata anch’essa da questo conflitto. Le parole come occupazione e sicurezza e le tante altre parole simili che da troppo tempo dominano i nostri rispettivi discorsi, devono essere sostituite da fiducia e rispetto, perché questo è ciò che vogliamo che sia il futuro per questa terra e solo questo garantirà stabilità e pace vere». L'ultimo pensiero è per la comunità ora più in pericolo: «Nasca Cristo anche nella nostra piccola comunità di Gaza» ha afferma Pizzaballa che ha ricordato che ogni anno la visitava prima del Natale: «Quest’anno non è stato possibile, ma non vi abbandoniamo. Siete nel nostro cuore e tutta la comunità cristiana di Terra Santa e nel mondo si stringe intorno a voi».

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