giovedì 13 ottobre 2011
​In aumento i casi di religiosi occidentali «invitati» a uscire dal Paese. Probabilmente una ritorsione dopo le reazioni vaticane alle ordinazioni illecite. La testimonianza di padre Gianni Criveller.
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​Tempi duri per i missionari occidentali, di questi tempi in Cina. Ne sa qualcosa padre Angelo Lazzarotto, 86 anni, che poche settimane fa - appena messo piede a Pechino alla guida di un gruppo di pellegrini - ha dovuto fare dietrofront. Apprezzato sinologo (gli è stato intitolata l’anno scorso la miscellanea Light a Candle), Lazzarotto - che ha operato in Hong Kong per alcuni anni - visita regolarmente la Cina dai tempi delle prime aperture del dopo-Mao, e vanta numerosi contatti col mondo accademico, oltre che ecclesiale. Se l’incidente occorso a Lazzarotto è spiacevole, più grave è quanto capitato al confratello padre Gianni Criveller, vistosi costretto a lasciare la Cina a fine luglio, senza plausibili spiegazioni, sebbene in possesso di un permesso di lavoro ad hoc come «esperto straniero». Purtroppo non si tratta di casi isolati. Dal mese di giugno a oggi, le autorità di Pechino hanno impedito l’ingresso in Cina continentale a nove sacerdoti cattolici (quattro italiani, un francese e quattro di origine cinese), nonostante tutti fossero in possesso di regolari visti. Esisterebbe persino una black list, cioè una lista nera, con una ventina di nomi di persone considerate «legate al Vaticano», alle quali non è permesso di entrare in Cina. Una vera e propria ritorsione - secondo alcuni osservatori - contro i severi provvedimenti adottati dalla Santa Sede all’indomani delle ordinazioni episcopali illecite. Uno dei missionari bloccati da Pechino è padre Franco Mella, 62 anni, da anni «pendolare» fra Hong Kong e Cina. A fine luglio gli è stato negato il visto di ingresso a Shenzhen (nel Guangdong): la prima volta in vent’anni. Impegnato da tempo nelle battaglie per i diritti civili a Hong Kong (l’ultimo, recente successo riguarda il pronunciamento dell’Alta Corte locale in favore di una colf filippina), padre Mella gode di grande stima in Cina: nel 2006 il quotidiano di Xuzhou lo ha inserito in una lista delle 10 «persone più buone» della città. Ma tant’è. Sul numero di ottobre di Missionari del Pime, padre Criveller scrive: «I missionari che oggi tentano di seguire le orme di Matteo Ricci in Cina e di raccoglierne l’eredità sperimentano simili successi e sconfitte, analoghe difficoltà culturali, psicologiche e politiche. Nel mio piccolo, dopo tanti anni dedicati alla preparazione, ho sperimentato la gioia di raggiungere finalmente Pechino, ottenendo il permesso di lavoro presso un’università e la possibilità di aiutare in modo qualificato studenti e studiosi cinesi nelle loro ricerche sul cristianesimo. Proprio nell’anno del venticinquesimo di sacerdozio, poche settimane fa, ho anche vissuto l’amarezza dell’improvvisa, brusca interruzione di questo promettente progetto». Dalle sue parole traspare delusione, ma nessun accento polemico: la speranza è che passata la tempesta, la Grande Muraglia possa tornare ad aprirsi. Del resto, una decisione come quella di Pechino mette in fuga un «cervello» prezioso. Classe 1961, padre Criveller è infatti sinologo di vaglia, tra gli studiosi più qualificati di Matteo Ricci e dell’opera dei gesuiti in Cina. Da oltre vent’anni opera tra Hong Kong, Taiwan, Macao e Repubblica popolare cinese. Di recente, a distanza di 380 anni dalla prima pubblicazione, ha tradotto in italiano la Vita del Maestro Ricci, Xitai del Grande Occidente, scritta dal gesuita Giulio Aleni. È, inoltre, autore di un’agile e originale biografia del grande missionario dal titolo «Matteo Ricci, missione e ragione»
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