giovedì 16 luglio 2020
Nella sua nuova “proposta pastorale” l’arcivescovo indica nella docilità allo Spirito la via per una lettura sapienziale della pandemia “Nulla più come prima” anche nelle relazioni
Delpini in preghiera sulle guglie del Duomo l’11 marzo scorso

Delpini in preghiera sulle guglie del Duomo l’11 marzo scorso - .

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«Chiedo di essere discepoli della sapienza. Non si tratta di un pensare che si ripiega su di sé o che stila bilanci su ciò che è stato, ma è piuttosto l’atteggiamento del credente che invoca la sapienza che viene dall’alto. Un esercizio di docilità allo Spirito che, attraverso la Parola di Dio, le vicende della vita, il dialogo, può aiutarci a capire anche che cosa è accaduto, che cosa si è rivelato di noi, della nostra vita ordinaria, della nostra Chiesa, delle nostre risorse e dei limiti, interrogando il presente per compiere passi verso il futuro».

Così l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, definisce il senso di ciò che domanda, come discernimento, ai fedeli dell’intera arcidiocesi, con la sua Proposta pastorale per l’Anno 2020-2021, intitolata “Infonda Dio sapienza nel cuore - Si può evitare di essere stolti”. E sarà proprio il Libro del Siracide - da cui è tratto il titolo - a indicare il cammino, come una sorta di stella polare, secondo la logica «della sapienza che viene dall’alto». 130 pagine, con un’introduzione e la Proposta vera e propria, cui si aggiunge (nella pubblicazione in cartaceo e on line), la Lettera per l’inizio dell’Anno Pastorale cui seguiranno altre 3: all’inizio dell’Avvento, della Quaresima e del tempo di Pentecoste. Il richiamo è a interpretare ciò che tutti abbiamo sperimentato con la pandemia e stiamo vivendo, oltre la superficialità, attingendo, appunto, a una sapienza che viene dal Signore capace di farsi lampada che illumina i passi concreti di ogni giorno. «Non è più tempo di banalità e di luoghi comuni, non possiamo accontentarci di citazioni e di prescrizioni.

È giunto il momento per un ritorno all’essenziale, per riconoscere nella complessità della situazione la via per rinnovare la nostra relazione con il Padre», scrive infatti l’arcivescovo. Anche perché se «nulla sarà più come prima», dovrà essere così anche nei comportamenti, nello stile di vita più generale, in rapporti umani “benevoli e più fraterni”. Non a caso, la Proposta si apre con un «testo che fa pensare», il “Memoriale ai milanesi” scritto da san Carlo, nel 1579, dopo la terribile peste del 1576 per cui morirono circa 18.000 persone, un decimo della popolazione. Pagine lontane nel tempo, ma che rivelano per intero la loro attualità nel richiamo alla conversione dei cuori. «Tanto morire, tanto soffrire, tutto sarebbe sperperato se si tornasse alla vita di sempre, con la stoltezza di chi dimentica il dramma e il messaggio che la sapienza cristiana ne riceve».

Evidente il riferimento all’oggi che, nella Proposta, si nutre anche delle parole pronunciate dal Papa lo scorso 26 giugno, in occasione dell’udienza concessa ai rappresentanti delle Regioni più colpite dal Coronavirus, presente lo stesso arcivescovo di Milano. Altrettanto esplicito il suggerimento di dedicare l’Anno pastorale 2020-2021 (che, come tradizione, inizierà martedì 8 settembre prossimo, Festa della Natività della Beata Vergine Maria) a rileggere l’enciclica “Laudato si’”.

Spiega ancora monsignor Delpini: «La pandemia ci ha rivelato che siamo tutti sulla stessa barca e che, tuttavia, il pericolo porta anche a far emergere sia le cose peggiori che le cose migliori che sono nel cuore umano. La sapienza è l’arte di distinguere il bene dal male, di vigilare sulle tentazioni, compresa quella, per esempio, di far prevalere l’egoismo sulla solidarietà o di difendere privilegi a danno chi è fuori dalla condizione di benessere. La sapienza che viene dall’alto, invocata nel libro del Siracide, penetra nei misteri, ma offre anche insegnamenti pratici sui rapporti sociali, sull’uso corretto delle ricchezze, sul valore dell’amicizia e nella relazione tra uomo e donna». Alcuni appuntamenti e date, d’altra parte, sono già segnati, nella I Lettera, in questo itinerario di riflessione e preghiera da vivere «contando i nostri giorni», ossia comprendendo i nostri limiti, come dice il Salmo 90, citato da Delpini.

Come un’inedita “Domenica dell’Ulivo”, fissata al 4 ottobre. «Vogliamo fare memoria dell’immagine della colomba che porta un ramoscello d’ulivo, annunciando a Noè che il diluvio è finito e che la terra torna a essere un giardino dove si può vivere e desiderare di generare futuro. Sarà un modo di recuperare il segno dell’ulivo, che viene distribuito nella Domenica cosiddetta delle Palme (che non si è potuta celebrare con i fedeli), ma con un’altra sottolineatura: non tanto l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, ma la consapevolezza che il diluvio è finito, che stiamo per riprendere una vita ordinaria, purificata e migliorata dalla sapienza che abbiamo acquisito e che cerchiamo».

E poi, ancora, l’attenzione alla Pastorale giovanile, da pensare in stretto coordinamento con la Pastorale Universitaria; la sottolineatura della “Giornata per l’Università Cattolica”, che sarà il 20 settembre prossimo, alla vigilia del Centenario della Fondazione dell’Ateneo; l’indicazione di alcune figure esemplari come il futuro beato, il giovanissimo Carlo Acutis (11 ottobre) e Armida Barelli.

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