sabato 7 giugno 2014
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“Ringrazio i tanti giovani che pregheranno per Meriam e per i miei figli. Il vostro supporto, insieme a quello di tutta la comunità internazionale, è fondamentale per affrontare questa dura prova”. Arriva dall’altro emisfero la preghiera più accorata di questa Macerata-Loreto e ha la voce di Daniel Wani, marito di Meriam Yehya Ibrahim, la giovane mamma condannata alla pena di morte in Sudan per “apostasia”, ovvero per la sua fede cristiana. La sua sorte non è ancora decisa e le rassicurazioni del governo di Karthoum non hanno fugato le preoccupazioni del mondo intero, che idealmente guarda a quella cella in cui Meriam da pochi giorni vive con il bimbo che ha appena dato alla luce. Per lei da subito si è mobilitato il nostro giornale, che ha ricevuto tanti appelli di solidarietà e per questo ieri ha accolto la gratitudine di Daniel: “Vi ringrazio anche a nome di mia moglie”, un grazie rivolto anche “agli amici di Avvenire”: “Non riesco ad esprimere la gioia che ho provato quando ho saputo che i cristiani in Europa stanno pregando per mia moglie. Io e Meriam sentiamo che i vostri cuori stanno pregando per noi. Saremo pazienti e forti e non ci arrenderemo mai. Possa Dio benedire tutti voi e Meriam, e salvare la sua vita”. Un messaggio arrivato da una regione del mondo in cui per professarsi cristiani occorre essere coraggiosi, pronti anche a donare la vita, con un gesto di testimonianza che contempla il martirio. Dopo un primo spiraglio di speranza da parte del governo sudanese, i giorni scorsi la battuta di arresto: solo i magistrati possono rivedere il processo. Anche il presidente Giorgio Napolitano è dunque sceso in campo chiedendo il rispetto per la vita della donna e assicurando che l’Onu interverrà sui giudici di Karthoum. Gemellato alla Macerata-Loreto era anche il Pellegrinaggio del National Shrine of Saint Frances Xavier Cabrini di Chicago, che si è svolto in contemporanea dall’altra parte dell’oceano: la preghiera per la salvezza di Meriam si è davvero alzata da tutto il pianeta.
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