giovedì 19 agosto 2010
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Pascoli, pecore, scrosci di pioggia, rari squarci di sole in un cielo di nuvole che subito si richiudono, severe, sopra a quel raggio sfuggito. La strada verso Lough Derg, nella parte settentrionale dell’Irlanda, in prossimità dell’Atlantico, sembra lasciarsi alle spalle il mondo. Avanzi in un orizzonte infinito e agli incroci, nei rari borghi, nessuno. Sembra di stare avvicinandosi a un’invisibile frontiera.Il Purgatorio di san Patrizio a Lough Derg, il più antico luogo di pellegrinaggio irlandese e uno dei più antichi d’Europa, si delinea infine oltre la superficie di un piccolo lago. Di fronte, sulla Station Island si profila una basilica, e delle case di pietra grigia. È sera, e il battello è fermo al molo. Ìl viaggiatore se ne resta a riva e si accorge che quel mezzo miglio scarso di acqua scura intimorisce. Laggiù, secondo una antichissima tradizione, san Patrizio, l’evangelizzatore dell’Irlanda, restò 24 ore in preghiera in una grotta, e vide con i suoi occhi l’aldilà. Mille e seicento anni fa. Distrutto e ricostruito, bandito durante le persecuzioni contro i cattolici, cancellata la grotta, il Purgatorio tuttavia è ancora qua. Ogni giorno, nelle brevi estati d’Irlanda, diverse centinaia di pellegrini si imbarcano per Lough Derg. Rimangono tre giorni, digiuni, a piedi scalzi, e per 24 ore vegliano senza dormire. Lo facevano i loro antenati, quegli irlandesi che colonizzarono l’America. Lough Derg, dell’Irlanda è una radice. E viene in mente, guardando questa gente e come prega, una frase del Papa nella drammatica lettera ai cattolici irlandesi: «Ricordatevi da quale roccia siete stati intagliati».Anche da queste rocce: scure, coperte di muschi, dove l’acqua del lago urta con uno strano rumore di risucchio, come se sotto alla riva ci fossero delle cavità. La tradizione afferma che qui sotto era la grotta, e che dopo la visione di san Patrizio gli irlandesi convertiti cominciarono a venire qui, per affrontare, come una prova spirituale, quello stesso ritiro. Dei monaci eremiti costruirono le loro celle. Ne restano le tracce, sei perimetri di pietra nei quali sono state poste sei croci. È il cuore di Lough Derg: qui i fedeli scalzi, fradici di pioggia, pregano col rosario in mano per ore. È un pellegrinaggio duro, che non ammette turisti, e per gente fisicamente forte. È un pellegrinaggio penitenziale, che noi cattolici mediterranei possiamo faticare a capire. Dentro all’immaginario di un aldilà severo; e con sempre, immateriale ma incombente, quel confine che non si vede, appena oltre il lago, verso l’oceano.Quale confine? Questo lembo dell’Irlanda, fino alla scoperta dell’America, era considerato il limite estremo delle terre abitate. Il Medioevo costantemente si misurava con quel limite: geografico e spirituale. I secoli di fulgore di Lough Derg, quando i pellegrini venivano qui da Spagna, Italia, Ungheria, sono gli stessi della Commedia di Dante. Era un’umanità tesa sull’Aldilà, di cui con fede e timore cercava di sondare la frontiera.Sulla piccola isola questa impronta è rimasta nelle pietre. Quando, al mattino, dal primo battello sbarcano i pellegrini, questi irlandesi simili a tutti gli altri assumono un contegno diverso. Non parlano, non hanno fotocamere, non bevono Coca Cola, non telefonano. Non c’è campo, sull’isola: una lacuna nella rete dei trasmettitori esclude dal mondo i visitatori. Sono giovani e vecchi, alcuni anche molto vecchi, e stupisce che reggano ore e ore sulla terra umida, a piedi nudi. Ma, se li stai a osservare, capisci che sono una razza forte, temprata. Indifferenti alla pioggia e al vento; testardi nel recitare le Ave Maria attorno ai "beds", i resti delle celle dei monaci. Si inginocchiano, abbracciano le croci, gli occhi chiusi, il peso delle spalle sui bracci del crocefisso. Li guardi con ammirazione: eccola la fede antica dell’Irlanda, ecco cosa voleva dire il Papa, ricordando «da quale roccia siete stati intagliati».Rare pause per scaldarsi, per mangiare pane e tè bollente tutti assieme. La veglia sarà lunga: tutta la notte in chiesa, e nemmeno all’alba si potrà ancora riposare. Nel cielo, nuvole alte e barlumi di sole rapidi ed effimeri. Ma quando scende la sera l’acqua di Lough Derg si fa nera, e al di là, a riva, non vedi luci. I pellegrini si siedono tutti vicini in chiesa, a farsi forza nella sfida del sonno. Se uno si addormenta, l’amico accanto lo scuote sommessamente. Ave Maria e Padre Nostro, sono le sole preghiere qui, ma ripetute infinite volte, nella notte che avanza. Come un bussare tenace, ostinato: certi che, alla fine, a chi chiede la porta verrà aperta. (Quali storie nascondono quelle facce di giovani donne con la fronte appoggiata sulle croci e le mani serrate? E quei vecchi, che cosa sono venuti a domandare? Alcuni si inginocchiano sulla riva del lago, come sull’orlo di un abisso; si segnano con l’acqua fredda. Nel silenzio assoluto si consumano le domande dei pellegrini, a Lough Derg).E quando infine, esitante, sorge il giorno, c’è messa, e poi i fedeli si confessano. Rinnovano le promesse del battesimo. "I do", proclamano forte tutti assieme: e il loro "rinuncio" colma la basilica.l crocifisso dietro l’altare ha strane proporzioni: molto allungato, ma con le braccia singolarmente corte. È fatto così, come rattrappito, il crocifisso del lago, da secoli. Nella piccola cappella di Saint Mary, accanto al molo, ce n’è uno esposto in una teca, antico. Fu trovato addosso ai resti di una pellegrina naufragata con altri su queste acque, duecento anni fa. L’aveva stretto fra le dita, nell’istante in cui davvero, imprevisto, l’altro mondo le si palesava davanti. E quanti altri sono venuti qui e ora riposano lontano, oltre l’oceano, in quel grande paese che è stato fatto anche con le loro mani.Dentro a Saint Mary il Santissimo è esposto in un ostensorio ricavato dalle radici di una quercia millenaria. La campana suona e scandisce un’altra tappa del cammino dei pellegrini. Affluiscono, scalzi, bagnati, senza una parola né un lamento, col rosario in mano. La roccia da cui sono stati tratti gli irlandesi a Lough Derg è nuda, a cielo aperto, nel lago quieto che talvolta, dicono i taciturni barcaioli, si alza in tempesta. Ne contempli le acque color piombo, e il cielo splendidamente chiaro, al tramonto, verso ovest – verso l’immensità dell’oceano. Sì, certamente qui, o poco oltre, deve scorrere come un remoto segreto confine.
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