martedì 15 giugno 2021
Già protetti dal Covid 500 immigrati, tra cui molti in attesa del permesso di soggiorno o irregolari. Si è scelto il monodose di Johnson&Johnson perché in gran parte sono stagionali e si trasferiranno
Uno degli "invisibili" vaccinati a Ragusa

Uno degli "invisibili" vaccinati a Ragusa

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Una bella squadra di istituzioni e volontariato per vaccinare gli “invisibili”. Accade nella provincia di Ragusa, la prima ad essere riuscita a raggiungere anche gli immigrati irregolari o in attesa del permesso di soggiorno. Si è cominciato la scorsa settimana e sono circa 500 gli immigrati già vaccinati. Un risultato raggiunto grazie alla collaborazione tra l’Asp Ragusa, il Progetto Presidio della Caritas diocesana, Emergency, Cgil e le amministrazioni comunali. Un esempio che viene da una provincia piccolissima ma molto importante come produzione agricola e come presenza di braccianti stranieri, sia comunitari che non comunitari. Basti ricordare che dopo Caserta è la seconda come numero di domande di emersione in agricoltura ben 2.005, ma anche qui con un iter che va molto a rilento.

«Abbiamo deciso di cominciare un percorso di vaccinazione anche per gli immigrati, vista l’alta densità di popolazione – spiega Gianna Miceli, portavoce della Asp –, anche se sono irregolari o in attesa di permesso di soggiorno. A noi questo aspetto non interessa. L’obiettivo è vaccinare, perché non solo sono salvaguardati loro ma l’intera comunità. Qui ci sono nuclei familiari che vivono nelle campagne e che altrimenti verrebbero completamente dimenticati».

«L’Asp ha chiesto la nostra collaborazione – sottolinea Vincenzo La Monica, della Caritas –. Come presidio siamo lì dal 2014 e abbiamo dato la disponibilità dei nostri locali a Marina di Acate, perché è l’unico punto fisso dove le persone vengono. Lavorano in serra lontano dai centri abitati e c’era la necessità di raggiungerli». E sono tantissimi. Basti pensare che il comune di Acate ha circa 10mila abitanti, con un’incidenza del 33% di stranieri, il secondo in Italia. E sono solo i residenti, ma ce ne sono tantissimi non residenti, in gran parte senza documenti, irregolari. Non potrebbero accedere ai vaccini tramite la tessera sanitaria che non hanno, però c’è stata la disponibilità a vaccinarli anche solo con l’Stp o l’Eni, i codici che vengono rilasciati agli irregolari non comunitari e comunitari. Quindi non è stata necessaria la prenotazione on line. «Abbiamo superato questo ostacolo – spiega ancora Gianna Miceli –. Nel momento in cui si presentano siamo già attrezzati con personale amministrativo e informatico che permette di registrare in automatico col codice fiscale o con altro, il nominativo di chi fa il vaccino».

Si è scelto il vaccino Johnson&Johnson monodose perché sono stagionali e magari tra poco se ne vanno. È stato già difficile raggiungerli una volta, lo sarebbe ancor di più una seconda. «La maggior parte sono maghrebini, soprattutto tunisini, ma anche rumeni, albanesi e centroafricani – ricorda La Monica –. Anche donne e molti minori. I tunisini con l’estate rientrano in patria perché da noi non si lavora più in serra perché fa troppo caldo. Ma per rientrare a casa hanno bisogno del certificato della vaccinazione».

Si è cominciato la scorsa settimana a Acate, Marina di Acate e Santa Croce Camerina. Questa settimana si aprirà un’ulteriore postazione a Vittoria. Con una risposta molto importante. «All’inizio c’era scetticismo – sottolinea La Monica –, non credevano al virus, ma il fatto che siano venuti in tanti vuol dire che il messaggio è passato. A Marina di Acate la somministrazione era fissata dalle 16 alle 19, ma alle 19 c’erano ancora diverse persone e i medici e gli infermieri hanno dato la disponibilità ad andare avanti. Dimostrando una grande sensibilità». Davvero un bel lavoro di squadra, come sottolinea anche Miceli. «C’è stata una sinergia di diversi attori che vivono questa realtà in modo diretto. C’è stata molto attenzione. La nostra è una realtà vivace, che si fa carico di questi problemi. Ma siamo piccoli e non facciamo notizia. Siamo ai margini e si parla poco delle nostre iniziative. Anche se tanti mangiano i nostri prodotti».

E infatti anche con la pandemia il settore agricolo è andato molto bene. Ma non per molti braccianti, come denuncia la Caritas. «I datori di lavoro, preoccupati dai controlli sulle strade, hanno immediatamente allontanato tutti i lavoratori privi di contratto. Questo ha significato per diverse famiglie la totale mancanza anche del minimo necessario alla sussistenza, abbandonati in casupole prive degli standard abitativi minimi. Abbiamo fatto una serie di interventi mirati portando la spesa e anche l’acqua potabile a molte famiglie». E ora per loro arriva anche il vaccino.

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