sabato 17 settembre 2022
L'anniversario del "servizio accanto ai poveri" nato dopo l'alluvione del 1882. Lo scorso anno distribuiti 57mila pasti ed effettuate 2mila visite mediche
Le Cucine economiche popolari a Padova

Le Cucine economiche popolari a Padova - Diocesi di Padova

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Quasi 57mila pasti, 2.083 prestazioni mediche, 2.696 docce, 867 cambi vestiario, 178 coperte distribuite, 2.573 persone provenienti da 82 diversi Paesi, con un 14,5 per cento di persone italiane. Per dare il quadro di una realtà basterebbero i numeri. E quelli elencati si riferiscono ai servizi erogati nel 2021 dalle Cucine economiche popolari di Padova, esperienza racchiusa anche dalla sigla “Cep”.

Ma le cifre sono già in crescita quest’anno, con 160 pasti e 60 cene giornaliere.

Dati significativi di un quadro sociale, a cui si aggiungono 12 operatori, le suore, i medici, i volontari, i rapporti con le parrocchie, le molte realtà che negli ultimi anni collaborano con le “Cep”, i progetti con l’università, i percorsi per gli studenti…

Ma c’è un altro numero che dice molto più della statistica, dei bilanci e dei resoconti, ed è 140. Sono gli anni di vita di questa realtà – le Cucine economiche popolari – che, spiega la direttrice, suor Albina Zandonà, «hanno radici profonde, radicate nel territorio. Hanno una storia che s’intreccia con la storia stessa della città di Padova, nella sua evoluzione e nella capacità di vedere i bisogni dei più poveri e trovare risposte non solo di emergenza, ma anche di emancipazione».

Una storia partita il 17 settembre 1882, quando una terribile alluvione provò anche la popolazione padovana, incidendo in particolare sulle fasce più povere e riversando in città molti profughi.

Una donna, Stefania Omboni, filantropa di confessione protestante, il cui motto era “Amare, operare, sperare”, diede vita alle Cucine economiche popolari: cucine perché si cucinava; economiche perché si confezionava il cibo in economia; popolari perché destinate al popolo, alla classe sociale più povera. Passata l’emergenza, nel 1883 Omboni chiese al vescovo Giuseppe Callegari di dare continuità alle Cucine, e la gestione venne da allora affidata alle suore francescane elisabettine.

È una storia che attraversa due guerre mondiali, svariate crisi sociali, ma che sempre ha messo al centro le persone, la speranza e un gesto che dice più di tante parole: lo spezzare il pane.

Spezzare il pane. Le cucine economiche popolari di Padova. 140 anni di solidarietà è anche il titolo del libro che viene presentato stamani a Padova dalle 9.30 nella Sala della carità, in occasione del primo appuntamento delle iniziative che celebrano l’anniversario. Perché «celebrare le Cucine – sottolinea la direttrice – significa celebrare la città di Padova e la sua capacità di essere città inclusiva. È un guardare al passato per interpretare il presente e iniziare a tessere percorsi per il futuro». In programma appuntamenti mensili realizzati in collaborazione con altre realtà (università, medici, camera di commercio…), che affronteranno vari aspetti: dal diritto alla salute dei senza dimora alla cura sociale, dal volontariato d’impresa all’agire sociale per aziende, fino alla conclusione, il 21 marzo, con una celebrazione in memoria di monsignor Giovanni Nervo e monsignor Giuseppe Benvegnù Pasini (nell’anniversario della loro morte, avvenuta nello stesso giorno a distanza di due anni), a cui il vescovo Claudio Cipolla ha voluto dedicare la Fondazione Nervo Pasini, eretta nel 2017 per «dare continuità all’opera di vero e proprio culto e di concreta carità delle Cucine», e nata come «cantiere di carità e giustizia».

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