martedì 12 maggio 2020
È in libreria da oggi il libro “Le religioni spiegate ai giovani” di don Leonardi «Il problema è il tema del linguaggio. Il giovane che ha la domanda religiosa, la sa esprimere?
La grande domanda religiosa che i ragazzi si (e ci) pongono
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Pubblichiamo un’anticipazione dell’introduzione del libro di don Mauro Leonardi “Le religioni spiegate ai giovani” pubblicato da Diarkos, in libreria da oggi. Questo libro spiega con linguaggio accessibile le grandi religioni (e anche qualcuna delle “minori”) presenti nel nostro Paese. Di seguito un’anticipazione dell’introduzione.

Se mia figlia sposasse un musulmano, come dovrebbe vivere? Se avesse figli, i miei nipotini dovrebbero diventare musulmani o potrebbero scegliere di essere cristiani? Se la badante di mia madre che abita con me fosse una indù, cosa significherebbe per me vivere con lei? Perché il mio compagno di classe ebreo, il sabato, non usa lo smartphone? Io, che sono battezzata ma che non vado più in chiesa da quando ero bambina, mi trovo a fare dei corsi di yoga strepitosi: perché non diventare buddhista? Anzi, perché non essere tutte e due le cose assieme, ovvero sia cristiana che buddhista? Faccio affari con clienti musulmani: è vero che non rispettano gli impegni quando danno la parola a degli “infedeli”?

Perché i fedeli dell’islam mettono le bombe nella nostra vita? Come devo comportarmi nei miei viaggi in Cina, per non offendere chi mi ospita? Ecco il genere di domande a cui questo libro va incontro. Data la nostra congiuntura italiana, si aggiungono alle classiche questioni cui si rivolge ogni religione. L’uomo si pone delle domande che non riguardano solo lo spazio e il tempo della fisica, ovvero dove finisca l’universo o quando abbia avuto inizio, ma anche rispetto al senso e al significato dell’universo stesso e della propria vita. Quando le risposte a domande di questo genere implicano una relazione con un principio primigenio, sia qualcuno o qualcosa, visto che queste risposte generano motivazioni e indicazioni per il modo di agire nel mondo e che da esse originano riti e comportamenti morali, nasce per quelle persone un modello esistenziale che in qualche modo le lega in una comunità: questo fenomeno, complesso e articolato, nel suo insieme viene definito “religione”. Ciò detto, bisogna aggiungere che un conto è la fede e un conto è la religione. La religione è un fatto culturale, sociale.

Religione che cos’è? È religio, è legame, è la società che pensa sé stessa “divinamente”, cioè in relazione al “divino” inteso come quell’aspetto misterioso della realtà che sopravanza la mia piccolezza. Ogni generazione ha bisogno di pensare come il suo proprio fare società risponda al bisogno del “divino immanente”, cioè al bisogno di quel “divino” inteso come la rappresentazione di qualcosa che eccede le nostre forze e che ha delle caratteristiche superlative. L’uomo, quando tocca quel limite, quel confine, dice che quello è religione. Quel limite è forse la parte più profonda dell’uomo, e lo è a prescindere che sia ateo o creda in un Dio diverso dal mondo. Dalla religione bisogna distinguere la fede, tenendola separata ma non contrapponendola, anzi armonizzando l’una con l’altra.

Il primo a usare questo criterio è stato Karl Barth, ma questa ormai è la distinzione usata da tutti, anche da Joseph Ratzinger (cfr. per esempio l’importante Messaggio del papa emerito Benedetto XVI alla Pontificia Università Urbaniana, 21 ottobre 2014). La fede come differenza rispetto alla religione è l’adesione soggettiva al divino, è la scelta personale dell’appartenenza non come prodotto culturale o sociale ma come fatto personale, individuale. C’è un fondatore, un iniziatore della religione, pensiamo per esempio ad Abramo, a Joseph Smith o a Maometto, e questi ha fede; attraverso i suoi discepoli si forma una comunità e questa comunità fa diventare la fede una religione. La fede iniziale è l’acqua, l’acqua diventa un fiume che costruisce da sé il proprio letto, la comunità costruisce e rafforza gli argini del letto.

Ovviamente è necessario ricordare che le istituzioni sono al servizio della fede, e non il contrario: la religione nella sua espressione migliore è l’insieme dei fenomeni comunitari tesi a proteggere e alimentare la fede. Però, non di rado, la religione dimentica di essere al servizio della fede. Scorda di mettersi a un servizio che è quello di rinnovare la fede, trascura di promuovere quelle condizioni che consentono alle persone di riprendere la prima esperienza religiosa, quando fede e religione non si distinguevano e o si distinguevamo con grande fatica, e comincia a servire sé stessa. Viene da pensare a Caifa quando, a proposito di Cristo, dice: «Voi non capite nulla e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera» (Gv 11, 49-50). Avere consapevolezza della differenza tra fede e religione serve per distinguere la fede dalla religione come fatto osservabile, ovvero ciò per il quale si chiama religioso un fatto inspiegabile. La religione è il modo in cui una società concepisce sé stessa rispetto al divino.

Una generazione fa la società nel modo in cui pensa la religione. Se si capisce cosa voglio dire, si può comprendere l’affermazione per cui «la religione è ovunque». Se penso alla devozione a Padre Pio, cioè al fatto culturale che diventa sociale, quella è religione: intendo dire con ciò che la devozione a Padre Pio può veicolare una vera fede a Cristo e un corretto culto al santo, ma può anche essere solo un fatto religioso del tutto senza fede. Il nostro libro parla di religione, religioni e fede. E lo fa guardando ai giovani. Nei giovani c’è una grande domanda religiosa. Il problema però è la questione del linguaggio, la questione concettuale. Il giovane che ha la domanda religiosa, la sa esprimere? E, in caso affermativo, quando la esprime come la esprime? E, ancora, sempre in caso di risposta positiva, c’è qualcuno capace di raccogliere quella domanda, di recepirla? È in libreria da oggi il libro “Le religioni spiegate ai giovani” di don Leonardi «Il problema è il tema del linguaggio. Il giovane che ha la domanda religiosa, la sa esprimere? E c’è qualcuno capace di raccoglierla, di recepirla?»

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