venerdì 3 giugno 2022
Fra' Luca Refatti, domenicano, originario di Bolzano, classe 1979 racconta il suo ministero nel cuore di Istanbul dove si spende nel dialogo con l'islam
Padre Luca Refatti

Padre Luca Refatti - Collaboratori

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Da quando è sacerdote, dal 2017, ha scelto come sua terra privilegiata di missione – quasi un avamposto «del confronto con l’islam», ama ripetere – la Turchia per imparare a portare l’annuncio del Vangelo ai lontani. È la storia del frate domenicano Luca Refatti, originario di Bolzano, classe 1979 con alle spalle una laurea in scienze diplomatiche, una buona conoscenza dell’arabo e oggi del turco, che vive nell’antico complesso adiacente alla chiesa di San Pietro e Paolo in Galata nel cuore di Istanbul. Tra i suoi confratelli c’è anche il domenicano Claudio Monge, esperto e capofila qui nel Bosforo di dialogo interreligioso.

Avverte il suo essere sacerdote “per sempre” come un carisma speciale nel solco della sua vocazione ma anche come un dono dello Spirito Santo agli Apostoli alla luce dell’ormai prossima solennità della Pentecoste che si celebra domenica. «L’essere qui in Turchia come “semplice frate” vuol dire ritornare anche alla mia ordinazione presbiterale a Bolzano – è la rievocazione –. Ma tutto questo mi fa pensare come la stessa Eucaristia, istituita da Gesù, non sia fine a se stessa ma rappresenti un mezzo per conformarci a Cristo e per essere a servizio degli altri».

Un momento conviviale e informale a Istanbul di Luca Refatti con i suoi parrocchiani

Un momento conviviale e informale a Istanbul di Luca Refatti con i suoi parrocchiani - Collaboratori

Per questo giovane bolzanino vestito con il tradizionale abito bianco e nero dei domenicani, la sua presenza nel cuore di Istanbul è un richiamo, quasi un segno, al dialogo con chi cattolico non è. «L’essere qui – dice – ha permesso di uscire da una certa “comfort zone” che forse avrei sperimentato in un normale ministero in Italia...».

Un esempio di questo stile di incontro e di prossimità? «In tanti bussano alle nostre porte spesso ad orari improbabili per capire che cosa ci facciamo qui in Turchia noi frati. E avverto come una sana provocazione tenere sempre aperto il nostro convento per accogliere gli ospiti inaspettati che spesso ci pongono domande singolari: perché non credete in Maometto? Perché i Vangeli sono quattro e non cinque?».

Dal suo osservatorio fra’ Luca lancia un appello perché la “sua” chiesa bisognosa di cure sia presto risistemata. (Per sostenere il progetto di recupero si può visitare il sito senpiyer.org/it. Un tempio progettato a Costantinopoli dal celebre architetto Gaspare Fossati, tra l’altro artefice dei restauri di Santa Sofia.

«Speriamo di poter avere grazie a questo intervento un luogo in cui si possa pregare in maniera degna», è l’augurio del religioso. Fra’ Luca ha speso questi mesi per sperimentare un autentico cammino sinodale, come accade nella nostra Penisola. «Siamo una “giovane” Chiesa dove si pensa, si legge e si prega la Bibbia in turco. Abbiamo usato una certa dose di fantasia per tradurre le parole “comunione”, “partecipazione” e “missione” nel rispetto della mentalità di questo popolo». E tra queste mura si può toccare con mano in un certo senso come si possa praticare un autentico cammino per l’unità dei cristiani. «Tanti parrocchiani sono turcofoni. Molti di essi provengono dall’Asia o dall’Africa. Qui sperimentiamo una vera “unità ecumenica” dove i fedeli che partecipano alle nostre Messe non sono solo cattolici, ma anche siriaci, armeni e caldei. Tutti si sentono parte della stessa comunità in Cristo».



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