mercoledì 13 maggio 2020
Il vescovo di Tivoli e Palestrina, Parmeggiani, guiderà la preghiera dal Santuario di San Vittorino Romano «Ai tre pastorelli portoghesi assicurò in un tempo difficile che il Suo cuore immacolato»
Il vescovo Mauro Parmeggiani

Il vescovo Mauro Parmeggiani - .

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Roma Non è solo una coincidenza di date. Monsignor Mauro Parmeggiani conferma che nella scelta del Santuario di Nostra Signora di Fatima a San Vittorino (diocesi di Tivoli, alle porte di Roma), per trasmettere questa sera la recita del Rosario su iniziativa dei media della Cei, d’intesa con la segreteria generale della stessa Cei, c’è quasi una stratificazione di significati. «Il 13 maggio giorno della prima apparizione ai pastorelli – dice il vescovo di Tivoli e Palestrina –, il 13 maggio giorno dell’attentato a Giovanni Paolo II nell’anno del centenario della sua nascita. E anche se la nostra data l’abbiamo decisa prima – aggiunge –, saremo alla vigilia della giornata di preghiera, digiuno e opere di carità per liberare il pianeta dal coronavirus, che coinvolgerà il Papa e i lea- der religiosi nel mondo».

Perciò è stato del tutto naturale scegliere come sede del Rosario un Santuario intitolato alla Madonna di Fatima.
Proprio così. A San Vittorino, sul modello di quanto avviene a Fatima, la sera del 13 maggio alle 21 c’è la tradizione di recitare il Rosario, fare la processione e celebrare la Messa. Stasera non lo potremo fare, ma attraverso il Rosario dei media Cei vogliamo anche creare un collegamento spirituale con tutti i fedeli della Madonna di Fatima.

Qual è il messaggio specifico che verrà stasera da questa “piccola Fatima” alle porte di Roma?
Le apparizioni ai tre pastorelli avvennero in un tempo difficile, mentre era in corso la Prima Guerra Mondiale. E la Madonna insegnò a pregare, invitò alla penitenza, a offrire se stessi a Cristo affinché tutti si aprissero alla grazia di Dio, dicendo: “Alla fine il mio cuore immacolato trionferà”. Come a sottolineare che il bene prevarrà sempre sul male. In questo momento di pandemia sicuramente questo messaggio ci rincuora. Spesso abbiamo visto la frase “andrà tutto bene” e talvolta mi sono chiesto: come si fa a dirlo davanti a migliaia e migliaia di morti, a un’economia che sta crollando e a tanti disoccupati? Maria ci dice che andrà tutto bene se accoglieremo Gesù nel nostro cuore, se cioè impareremo da Lui ad amarci di più, a perdonarci di più, ad essere solidali tra di noi e più attenti ai poveri e a vivere nella pace tra di noi.

Qual è in una situazione come la nostra il valore della preghiera?
La preghiera è feeling con Dio, stare in relazione con Lui. E la relazione ci salva. Perché non è una relazione che parte solo da noi, ma principalmente da Lui, che si è rivelato in Gesù Cristo. Anche il Rosario, dunque, è una preghiera che ci permette di restare in relazione con Dio attraverso l’intercessione di Maria, meditando i misteri della vita di Gesù. La coroncina non è un talismano, da mettere al collo o usare come braccialetto. Possiamo dire anche che è una liturgia della Parola dei semplici, che può diventare una preghiera ancora più ricca per chi già conosce la Parola di Dio. E in questo periodo difficile ci può aiutare molto, perché ci fa sentire in compagnia di Dio nell’attraversare la prova.

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Nel periodo del lockdown lei ha promosso nelle due diocesi di Tivoli e Palestrina l’iniziativa “In ogni casa un angolo per la preghiera”. Che bilancio può fare?
Ho ricevuto tante foto e tante adesioni e quindi posso dire che sta andando bene. Come ho spiegato fin dall’inizio, non si tratta di avere l’altarino con i santini dei nostri defunti (anche questo, per carità, se uno lo desidera), ma di un’occasione per riscoprire ogni sera in famiglia una sorta di liturgia domestica. Abbiamo fornito sussidi, abbiamo spiegato appunto il Rosario ai giovani e ho notato che in molte famiglie si è pregato di più, si è letta e commentata la Parola di Dio e alcuni hanno anche chiesto approfondimenti.

Possiamo dire che questo è stato un periodo importante per sentire la presenza di Dio nella propria vita?
Ne sono convinto. E penso anche a chi ha fatto l’esperienza del coronavirus. Ho avuto contatti telefonici con diversi malati, isolati negli ospedali Covid. Tutti mi dicevano che in quella solitudine profondissima, perché a parte i medici e gli infermieri non potevano vedere nessuno, l’unica presenza vicina alla loro vita è stata quella di Dio. Davvero l’uomo ha bisogno di Dio, anche quando non ne è consapevole.

Come si è tradotto in carità operosa, nelle diocesi di Tivoli e Palestrina, questo rinnovo spirituale?
Le nostre sono zone povere, di periferia rispetto a Roma. Qui la gente vive di un po’ di lavoro nella Capitale, di lavoretti saltuari, di turismo mordi e fuggi, che ora non c’è neanche più. La povertà che già era tanta si è triplicata. Nella mensa Caritas vicina all’episcopio di Tivoli in cui distribuivamo 50 pasti al giorno, adesso ne diamo circa il doppio. Anche a Guidonia, il paese più grande della diocesi, è triplicato il numero delle cene. E così i pacchi viveri. Per fortuna però si è sviluppata anche una bella rete di solidarietà e la Cei ci ha dato dei mezzi per rispondere a queste necessità. Anche tante associazioni si sono date da fare. E abbiamo sperimentato un dialogo e una collaborazione ancora più intensi con realtà anche laiche.

Lei accennava al 13 maggio come anniversario dell’attentato a Giovanni Paolo II, nell’anno del centenario della sua nascita. E papa Wojtyla è stato un Papa mariano per eccellenza. Sì, e vorrei sottolineare che proprio il 18 maggio, giorno della sua nascita, ricominceremo a celebrare in presenza del popolo. Non so se è una semplice coincidenza, ma mi pare significativa. Quel giorno salirò alla Mentorella, Santuario a lui tanto caro, per celebrare la Messa e invocare la sua protezione nel tempo difficile che stiamo vivendo.

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