venerdì 16 maggio 2025
In un libro il religioso racconta la sua vita come quella volte che fece una magia a papa Francesco. Per anni il frate, originario di Verona, è stato missionario in Bolivia
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Una corda, un pettine gigante, un mazzo di carte, due cuori di gommapiuma, un cappello, calamite, carte giganti, stelle filanti... a volte basta poco (si fa per dire) per attirare l’attenzione di grandi e piccini e parlar loro di perdono, di «coincidenze» dal sapore della Provvidenza, del disegno che Dio ha riservato per ciascuno di noi.

In questo lui – frate minore – è davvero un maestro. Capace di trasformare i suoi spettacoli in una straordinaria occasione per annunciare il Vangelo.

Lui è padre Adriano Appollonio (doppia p e doppia l, si scrive proprio così), in arte Mago Magone. Originario di Novara, 54 anni, fra’ Adriano è cresciuto a Grosseto. È in parrocchia e negli scout Agesci che matura la sua vocazione alla vita sacerdotale: «Parafrasando le parole di Geremia: Tu mi hai sedotto, o Dio, e io mi sono lasciato sedurre ». Dio «è il mio datore di lavoro, san Francesco di Assisi il mio compagno di viaggio» osserva fra’ Adriano, che racconta ad Avvenire come al santo di Assisi si avvicinò per dovere: «A me, capo scout, fu affidato il compito di raccontare san Francesco ai “lupetti”. Per questo cominciai a leggere tutto su di lui. E subito mi innamorai, in particolare, di due aspetti della sua vita: la povertà e la fraternità. Sobrietà e fraternità: due fondamentali dell’esperienza scout».

Entrato in convento nel 1992, dopo il noviziato vissuto al Santuario de La Verna, fra’ Adriano farà la professione solenne dei voti religiosi nel 1998 nella chiesa di Grosseto dedicata a San Francesco. Poi l’esperienza missionaria in Bolivia. Nel 2001 fu ordinato diacono nel Duomo di Pietrasanta e poi sacerdote nella cattedrale di Orbetello. «Era il 16 giugno – racconta – e alla vigilia dell’ordinazione, trascorsi un’intera mattina con mio fratello a passeggiare e pregare in riva al mare. Mi esposi, così tanto al sole che diventai rosso come un peperone. Quando, al pomeriggio, la gente mi vide in quello stato, pensò che ero emozionatissimo. Lo ero davvero: ma il colore era dovuto alla scottatura…».

L’inizio di un lungo ministero pastorale che l’ha portato negli anni a Fiesole (come guardiano dell’infermeria), a Monte alle Croci (il convento sopra il piazzale Michelangelo a Firenze), a Santa Margherita a Cortona, a Piombino, a Pisa – nel convento di Santa Croce in Fossabanda, infine a Grosseto «dove vivo adesso come guardiano della fraternità».

Ai giochi di prestigio fra’ Adriano si è avvicinato «per passione». «Ma già dopo i primi anni di pratica ho cominciato a pensare come avrei potuto usare questa arte per fare del bene. Così, confrontando con una suora con cui condividevo l’interesse per la magia, abbiamo cominciato a studiare la “gospel magic”, uno strumento molto usato per la catechesi in tante parti del mondo».

Un successo. Ospite dello Zecchino d’Oro , di altri format di Rai Uno e di Tv 2000. Fra’ Adriano da spettacoli in tutto il mondo: in Italia, dove raccogli fondi per le missioni francescane, ma anche in Albania, in Terra Santa, in Canada, in India, in Marocco, in diversi paesi europei. «Una volta mi ritrovai insieme al vescovo di Camiri (Bolivia) a Villa Montes, nel chaco boliviano. Mi misero a disposizione un palco di fortuna: un paio di tavole da muratore su una fila di mattoni. Un unico faro che puntava su di me, mentre cercavo di far divertire centinaia di bambini seduti in una enorme piazza. Una gioia indescrivibile. Mi dissi: “Guarda dove sono!”» «Guarda dove sono» è il titolo di un’autobiografia le cui copie sono andate esaurite. Racconta la storia di una vocazione e delle mille occasioni in cui ha usato qualche gioco per entrare in relazione con chi gli si presentava davanti. Lo fece anche con papa Francesco. «Durante un’udienza privata riservata a noi francescani un mio confratello disse al Pontefice. “Lo sa che abbiamo qui tra noi un mago con il saio?” ». Fra’ Adriano tirò fuori dalle tasche due cuori in gommapiuma, «il cuore di Dio» ed il «cuore dell’uomo». Affidando a Francesco il cuore di Dio e tenendosi l’altro. Alla fine del gioco il Papa si ritrovò con due cuori e fra’ Adriano a mani vuote. E il Papa, divertito: «Non fatelo avvicinare ad una banca!».

Nei suoi spettacoli fra’ Adriano si spoglia del saio e indossa una pezza fatta a striscie colorate con i colori dell’arcobaleno: «È l’arco di Baal – precisa-, che ci parla dell’alleanza che Dio fece con Noé dopo il diluvio universale».

Il nome d’arte Mago Magone? «Me l’affibbiò un bambino divertito. Temo che abbia a che fare con la mia prestanza fisica» fa lui, un omone alto 1.84 e peso più di un quintale.

Una scelta: quando ha avuto una diretta responsabilità pastorale non fa mai cenno al suo nome d’arte o ai suoi spettacoli. «Il compito di un parroco è di avvicinare la gente non a sé stessi, ma a Dio. Noi cambiamo, Gesù rimane. Lui porta la salvezza, noi siam solo suoi semplici strumenti».

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