venerdì 5 novembre 2021
La cerimonia sabato nell’ambito dell’Assemblea generale in corso a Lourdes. In una lettera il Papa invita i presuli a «prendersi cura del popolo ferito» alla luce dell’inchiesta sugli abusi
L'assemblea plenaria della Conferenza episcopale francese a Lourdes

L'assemblea plenaria della Conferenza episcopale francese a Lourdes - .

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Fra le cime dei Pirenei, una cerimonia di penitenza prevista domani mattina, in un luogo eminentemente simbolico come la spianata del Santuario di Lourdes, crocevia delle umane sofferenze da oltre un secolo e mezzo. Così i vescovi francesi, riuniti fino a lunedì prossimo nella cittadina mariana per l’assemblea plenaria d’autunno, intendono nuovamente sottolineare la fase di riflessione e discernimento vissuta dalla Chiesa transalpina, dopo la consegna un mese fa del rapporto sconvolgente della commissione indipendente Ciase voluta dallo stesso episcopato per far luce sul flagello degli abusi nell’arco degli ultimi 70 anni.
In una lettera indirizzata all’assemblea, papa Francesco ha chiesto ai vescovi di «prendersi cura del popolo ferito». Proprio in questo spirito, fin dal primo giorno, martedì scorso, la plenaria si è stretta attorno alle testimonianze di alcune vittime di abusi.
Rispetto alla durata abituale, l’assemblea conterà un giorno in più, per lasciar ancor più spazio al raccoglimento in vista delle "decisioni forti" promesse dai vescovi. Un raccoglimento collegiale che, già prima dell’inizio dei lavori, ha preso la direzione della Grotta di Massabielle.

La necessità di mettere al centro chi soffre segnerà tutta l’assemblea, chiamata a riflettere pure sul tema «Clamore della terra, clamore dei poveri», nella scia della Laudato si’, in presenza d’un nutrito gruppo di fedeli vittime d’esclusione economica e sociale. Ieri, in proposito, monsignor Pascal Delannoy, vescovo di Saint-Denis e presidente del Consiglio episcopale della solidarietà e della diaconia, ha evidenziato i legami fra le due tematiche centrali: «In ambedue i casi, vi è della sofferenza che si esprime. Evidentemente, non della stessa natura, ma in ogni caso una sofferenza che segna le vite in modo duraturo. Ogni volta, occorre innanzitutto ascoltare questa sofferenza. Non solo per compassione, ma anche con il desiderio che quest’ascolto reale susciti una conversione, ovvero un cambiamento d’atteggiamento. Giungere dunque fino alla conversione a cui siamo chiamati, per evitare che tali sofferenze si perpetuino, ecco la sfida centrale».

Intanto, il rapporto Ciase continua a circolare di parrocchia in famiglia, dopo le vibranti esortazioni episcopali a vivere questa fase come un’occasione di presa di coscienza e di crescita, pur dolorosa. La percezione di un «cammino di conversione» è forte pure fra i neoconsacrati di queste settimane: «Siamo tutti membra dello stesso corpo della Chiesa, di cui Cristo è la testa, e quando un solo membro ha sofferto per certi mostri della Chiesa, tutte le membra soffrono con lui», ci dice Théophile Tossavi, sposato e padre di due figlie, ordinato diacono permanente a Parigi proprio nella settimana di consegna del rapporto Ciase. Per lui, reduce da una giornata di digiuno penitenziale chiesta il 15 ottobre dall’arcivescovo di Parigi, Michel Aupetit, «ogni cattolico dovrebbe provare questo dolore che alcuni dei nostri fratelli e sorelle hanno vissuto».

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